Hezbollah? Uber alles!
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Hezbollah? Uber alles!

Hezbollah sogna l'al-Qaida libanese: ma non solo. Due grandi intellettuali libanese ci fanno leggere anche altro nella barbarie di ieri. Ecco qui.

Hezbollah? Uber alles!
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28 Dicembre 2013 - 10.23


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di Riccardo Cristiano

Libanese, “erede” per molti del suo compianto maestro Samir Kassir, Michel Hajjigeorgiu fotografa alla perfezione la situazione determinatasi nella sua Beirut con una battuta di quelle che dovrebbero far riflettere: “Dio protegga il Libano dal suo partito”.

Eh sì, i miliziani del partito di dio, che con Dio hanno poco a che fare, quindi meglio chiamarli i nasralliani, mettono a repentaglio la sicurezza del loro paese. Perché? Facilissimo dire, come abbiamo fatto ieri, che lo fanno per intimidire il Tribunale Internazionale per il Libano, che a giorni comincerà finalmente a giudicare cinque miliziani nasralliani quali esecutori materiali dell’assassinio Hariri. Ecco allora la risposta in stile orwelliano, della serie “gli animali sono tutti uguali ma i porci sono più uguali”, cioè: A NOI NON CI GIUDICATE.

Eh sì: nasralliani uber Alles insomma. Ma non basta, c’è un corollario, e lo spiega bene un altro libanese dell’eccezione, Antoine Courban, professore alla Saint Joseph University.

Un attentato, per Courban, ha significato anche per il luogo dove viene perpetrato. Se si voleva uccidere il ministro-collaboratore di Hariri e basta, i nasralliani avrebbero potuto ucciderlo ovunque: nel letto di casa sua, nel bagno del suo ufficio, vicino all’aeroporto di Beirut che loro controllano, e così via. No. Loro lo hanno ucciso nel cuore della Beirut cosmopolita. Perché dovevano ferire mortalmente anche quella città, la sua mescolanza. Nasralliani uber alles è uno slogan che non ammette commistioni.

La loro visione del mondo non contempla i diritti dell’uomo, dell’individuo, e quindi il cosmopolitismo. La loro è una visione comunitarista, dove l’individuo esiste in quanto membro della sua comunità-tribù. E quella nasralliana è “uber alles”. La Beirut cosmopolita, la cultura del vivere insieme, il metodo Taef come sistema per risolvere i conflitti (Taef è il nome della località dove si firmarono gli accordi di pace che misero fine alla guerra civile libanese e che rappresentano un modello per uscire anche dalla guerra siriana) non devono avere spazio politico.

Ma c’è un altro particolare che il professor Courban sottotlinea: a casa del ministro sunnita fatto saltare in aria ieri dai nasralliani, c’era, in salotto, un albero di Natale. Lo ha mostrato la tv libanese, ieri sera. E’ un dettaglio, prezioso, importantissimo.

Questa convivialità, questa apertura, i nasralliani la odiano. Per loro i cristiani sono una tribù da usare, strumentalizzare, corrompere magari con qualche affaruccio o affarone per i suoi capoccioni, ma non una componente della società con la quale vivere insieme.

Tutto questo fa da corredo ovviamente al dato più elementare sulla strage di ieri, quello che non aveva bisogno né di Michel né di Antoine per essere colto: vendicandosi per un attentato dei terroristi sunniti, i nasralliani colpiscono un sunnita moderato. Ovvio desumerne che Aldo Moro aveva capito tutto, con la teoria delle “convergenze parallele”.

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