La pittura a teatro: Emiliano Pellisari porta in scena lo spazialismo di Lucio Fontana
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La pittura a teatro: Emiliano Pellisari porta in scena lo spazialismo di Lucio Fontana

La compagnia di arti performative NoGravity coniuga con un interessante esperimento la danza con l'arte figurativa

La pittura a teatro: Emiliano Pellisari porta in scena lo spazialismo di Lucio Fontana
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

26 Aprile 2023 - 15.21


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Dal 26 al 30 aprile andrà in scena presso il teatro Vascello di Roma “Fontana Project”, performance di danza dedicata al pittore e scultore argentino Lucio Fontana. Ne è autore e regista Emiliano Pellisari che, insieme alla prima ballerina e co-coreografa Mariana Porceddu, realizza con la sua compagnia di arti performative NoGravity uno spettacolo di grande impatto e suggestione. L’armonia della danza, i giochi di luci, il corpo che emerge dallo squarcio, i generi che si uniscono senza soluzione di continuità danno vita a un’immagine suggestiva e visionaria che lascia lo spettatore immerso nell’incanto del sogno. Abbiamo intervistato Emiliano Pellisari.

Com’è riuscito a coniugare due espressioni apparentemente così diverse, quasi ossimoriche, come la danza e le arti figurative, l’una basata sul movimento, le altre statiche?

Lucio Fontana, nel suo manifesto tecnico del 1951, dichiara che “Il movimento, la proprietà di evoluzione e di sviluppo è la condizione base della materia; questa esiste ormai in movimento e non in altra forma, il suo sviluppo è eterno, il colore ed il suono sono i fenomeni attraverso il cui sviluppo simultaneo s’integra la nuova arte”. Questa divergenza di spazio e tempo è proprio Fontana ad averla esplorata per prima. Fontana nei tagli racconta un tempo passato, cita il tempo ma non lo produce ne lo rappresenta. È come un fumetto su una illustrazione. È necessario il movimento per percepire il senso del tempo. L’arte performativa ci permette di giocare col tempo sul serio. Hic et nunc, qui ed ora noi produciamo un prima ed un dopo. Il tempo ha una durata, se no, non è tempo, ma eternità, cioè non-tempo.

Quali modalità ha adottato per plasmare colore, luce e materia nella scena performativa?

Lo spazialismo prevedeva l’uso delle tecnologie, la rappresentazione dello spazio e del tempo doveva avvenire attraverso nuove forme di linguaggio prodotte da nuove invenzioni.  L’uso grammaticale dello specchio è un uso non semplicemente scenografico ma drammaturgico dove è presente un linguaggio coreografico complesso costruito in quindici anni di mestiere. Tecnologie significa know how, conoscenza delle cose e algebra della natura: la scienza non è un’avventura per turisti ma consapevole costruzione dell’algebra della vita e del mondo per la costruzione di artefatti. Tecnologia significa strumento, mezzo per l’homo faber per controllare gli elementi naturali. Lo specchio, chiave dell’estetica della Nogravity, è uno strumento sofisticato con un know howcomplesso. È quel mezzo tecnologico di cui parla lo spazialismo.

È stato arduo rendere coreograficamente l’idea di taglio, di confine, così peculiare nelle opere di Fontana?

Spazio e tempo nel medesimo istante sono una capocchia di spillo che si muove nello spazio e che, nella sua moltiplicazione e divisione produce linee che avvolgono la scena performativo. I tagli sono confini concettuali, giochi fisici sulle estreme conseguenze naturali e giochi geometrici sui confini estremi…i limiti in algebra sono punti infinitesimali…ma cosa sono qui? Come si rappresenta un taglio? Se non con un taglio! Una tela che si squarcia… vuoti che si creano… da cui esce l’uomo… nascita… e dove rientra… morte.

In che modo la scansione ritmica e musicale dello spettacolo completa la spazialità dell’artista e la rende fruibile dallo spettatore?

Serve il genio del mio partner artistico, Mariana Porceddu, perfomer estrema capace di dare ritmo e movimento a immagini scultoree che nascono dalla tela tagliata e plasmata di Fontana. Mariana ha creato la colonna sonora e ha dato vita allo spazio geometrico nato dallo studio di Lucio Fontana.

Alla luce di questa sua interpretazione, la grammatica artistica può dirsi sostanzialmente osmotica nelle sue diverse manifestazioni?

Senza dubbio. Lei ha perfettamente ragione! Non ci sono limiti alla comunicazione fra i linguaggi. L’uno prende a prestito dall’altro: pittura, scultura, architettura, design, musica, teatro e così per tutte le declinazioni dell’espressività umana. Talvolta il prestito si trasforma in qualcosa di più: di linguaggio tra linguaggi.

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