Prodi ammette: l’Europa è disunita
Top

Prodi ammette: l’Europa è disunita

Il nostro Continente non è più quello che era dieci anni fa ed è molto cambiato, in peggio: ad ammetterlo adesso è anche l’ex premier Prodi.

Prodi ammette: l’Europa è disunita
Preroll

redazione Modifica articolo

7 Settembre 2015 - 10.57


ATF

L’ex premier italiano Romano Prodi , accanito sostenitore dell’ingresso dell’Italia nell’euro, recentemente ha dato due interessanti notizie, separate ma strettamente connesse. La Grecia è entrata nell’euro truccando i conti, e Francia, Germania e Italia lo sapevano. Come d’altronde – ma non ha spinto fin qui l’outing – erano truccati anche i loro di conti, compresi quelli della sedicente virtuosa Germania. Con le obbligazioni della “KFW Bank” statale tenute fuori dal debito pubblico.

 
Serviva l’euro in quel momento, e le irregolarità sarebbero state riassorbite dai vantaggi. Questo, almeno, era quello che speravano Francia, Germania e Italia. Serviva, insomma, quell’Europa e ci misero pure la Grecia, Paese debole con un’economia ai minimi termini, una scarsa massa di popolazione attiva per coprire le spese pubbliche e una corruzione alle stelle.

 
La seconda notizia è sulla fine di quell’Europa. Afferma al riguardo Prodi: “Sia di fronte ai fatti del Nord (Ucraina) sia di fronte ai fatti del Sud(immigrazione) è divisa. Non è più quella che era dieci anni fa. È cambiata”. Francia, Spagna e Ungheria hanno fatto muro sulla distribuzione di quote dell’immigrazione ormai biblica che si sta riversando in Italia e Grecia, dalle guerre e dai varchi aperti in Africa e Medio Oriente e dalla destabilizzazione supportata dall’Occidente.

 
La Grecia, durante l’euforia dell’euro – finita con la crisi scatenata da Wall Street – se l’è spassata. E se la sono spassata anche le banche (soprattutto quelle tedesche) che hanno speculato su quel trend di vita al di sopra dei numeri dell’economia. Il debito greco non è enorme in sé, è enorme rispetto alle capacità di ripagarlo per la congenita debolezza economica, cui si sommano gli enormi costi pubblici della diaspora in 230 isole.La Grecia non potrà mai ripagare il debito, quindi non starà più nell’euro. O, almeno, nel suo circuito principale. Qualunque sia l’escamotage inventato per ridurne gli effetti collaterali. Ma questo circuito secondario dell’euro – a moneta mista, o comunque esso sarà – non potrà riguardare solo la Grecia.

Leggi anche:  L'Ue approva la legge per ripristinare il 20% delle terre e dei mari: sconfitta la destra negazionista

 
Tratto il dado della sua possibile uscita, la sopravvivenza dell’euro potrà necessariamente valere il confino nel circuito “B” anche di altri Paesi con debito a rischio. La prima soggetta all’onda d’urto sarà l’Italia. In cui altri magheggi di bilancio hanno fatto il paio con roboanti annunci, a camuffare un ulteriore – e depressivo – aumento delle tasse, con un piglio di governo da poteri speciali in fatua approssimazione della dittatura di Roosevelt nel New Deal. Non fosse che lui seppe tirare avanti il bluff della ripresa economica fino a che, provocando il Giappone tagliandolo fuori dal mercato del petrolio, riuscì a trascinare in guerra i recalcitranti Stati Uniti, riavviando così l’industria (bellica in primis) e prendendosi poi il dominio dell’Occidente. La guerra che aspetta l’Italia è invece quella sotto le sue coste scatenata nel Nord Africa e dell’esodo africano, cui sta già facendo fronte. Una guerra in perdita.

 
A differenza nostra, dopo il soqquadro causato nel Mediterraneo e in Medio Oriente, gli USA hanno spostato a nord il loro interesse. La loro “New Europe” in costruzione (salvo un’improbabile perdita di presa sugli alleati della NATO) serve adesso per costringere la Russia a rintanarsi nei confini impedendole di mettere in discussione l’egemonia globale americana. L’attacco in Ucraina ha ovviamente questo scopo, ma non è isolato. La NATO sta rafforzando la presenza in tutto l’arco dell’Europa del nord, facendo perno su Germania, Polonia, Paesi Baltici e Norvegia, con un progetto a medio termine di replicare le rivolte di Piazza Maidan in Bielorussia, contando su una sponsorizzata opposizione, sulle rivendicazioni delle minoranze (polacche, ucraine e lituane) e sulla presidenza autoritaria di Lukashenko, retta sul rigido controllo di un servizio segreto ancora chiamato KGB.

Leggi anche:  Europarlamento, Renew: "Nessuna alleanza con la destra che vuole distruggere la Ue"

Sempre nel Nord Europa vi è sicuramente l’idea di spingersi fino alle risorse energetiche dell’Artico. Chiusa la Russia dietro un muro di missili e carri armati, l’Europa dovrà pur trovare il gas per le sue industrie. Più difficile sfruttare il corridoio sud che collega al Bacino del Levante e al Medio Oriente. Qui, una volta consolidato e reso presentabile e ridotta la Siria alla fascia costiere, lo Stato Islamico potrà fungere da terminale del gas qatariano.

 
In generale, l’importante è che – mentre a Nord si rafforza la New Europe USA-NATO – sia impedito alla Russia di riattivare il progetto “South Stream”. Ragione per cui nei Balcani proseguirà la destabilizzazione avviata in Macedonia, con la speranza di scatenare una guerra tra musulmani e cristiani ortodossi. In tutto ciò non va dimenticato il Caucaso e tutti quegli altri teatri di guerra in cui ci siano sunniti, locali o infiltrati da jihadisti, pagati dai reami del Golfo.

Il premier britannico David Cameron, in contemporanea, ha ammonito: “l’UE non è fondata sull’euro”. C’è anche la sterlina, infatti. Se già c’è un’altra moneta, questo il messaggio di Cameron, altre ce ne potranno essere, comprese quelle deboli dei Paesi che rimarranno ai margini della New Europe nordica.No, l’Europa sperata dall’incauto Prodi – caduto nelle false promesse sul Britannia – non c’è più. Ce ne saranno due. Quella più ricca e determinata a Nord, che potrà finire in guerra di dominio con la Russia. E quella al Sud, più povera e inconcludente soggetta a sconquassi e guerra di sopravvivenza tra Mediterraneo e Balcani.

Leggi anche:  L’Europa ci sta a cuore

Fonte: Lookout

Native

Articoli correlati