La virologa italiana del team di Fauci: “C’è ancora molto da studiare sugli asintomatici”
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La virologa italiana del team di Fauci: “C’è ancora molto da studiare sugli asintomatici”

Cristina Cassetti sul vaccino della Pfizer: “Siamo sulla strada buona e entro il 2021 potremo tornare a una sembianza di normalità”

Cristina Cassetti
Cristina Cassetti
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13 Novembre 2020 - 09.17


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Le speranze sono tante ma la ricerca deve proseguire.

L’annuncio dei risultati del vaccino anti-Covid di Pfizer è una notizia “molto incoraggiante e anche altre aziende farmaceutiche sono sulla strada buona: verso la fine del 2021 potremmo tornare a una sembianza di normalità”. Però “calma, ci sono ancora molte cose da studiare. Per esempio l’effetto del vaccino sulle infezioni asintomatiche”.

A parlare è Cristina Cassetti, una delle figure chiave nel Niaid, l’Istituto di ricerca sulle allergie e le malattie infettive con sede a Washington, guidato da Anthony Fauci.

Nata a Roma, 51 anni, Cassetti è la vicedirettrice della Division of Microbiology and Infectious Diseases e fa parte del team che sovrintende ai 5 progetti di ricerca sul vaccino anti-Covid 19 finanziati dal governo degli Stati Uniti.

Nella lista non c’è Pfizer che ha però venduto in anticipo 100 milioni di dosi per 1,9 miliardi di dollari all’amministrazione Trump. Pfizer ha fatto sapere di avere testato un vaccino con un’efficacia al 90%. Siamo a posto? “Calma. Pfizer ha esaminato i primi dati della fase 3, vale a dire la sperimentazione che coinvolge circa 40mila persone – spiega Cassetti in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ – E’ un risultato eccellente. Anzi, direi che è un miracolo essere a questo punto dopo soli 10 mesi di lavoro. Adesso Pfizer completerà le verifiche e alla fine il tasso di efficacia potrà essere un po’ di più o un po’ di meno del 90%. Teniamo conto che il vaccino per la normale influenza di solito ha un’efficacia intorno al 40-60% e la Fda considererà per l’autorizzazione d’urgenza per vaccini contro il Covid solo quelli con un’efficacia superiore al 50%”.

Stiamo correndo troppo con l’immaginazione, allora? “La Fda ora revisionerà tutta questa massa enorme di dati; si consulterà con i vari comitati ed entro la fine di quest’ anno potrebbe dare il via libera – prosegue la scienziata – Pfizer, però, come tutti gli altri, ha già iniziato la produzione. Avrà 30-40 milioni di dosi pronte, che significa poter immunizzare 15-20 milioni di persone, perché saranno necessarie due iniezioni”. D’accordo, la distribuzione del vaccino Pfizer avverrà con diverse ondate. A che punto sono gli altri? “C’è Moderna, che ha cominciato la fase 3 della sperimentazione lo stesso giorno di Pfizer, il 27 luglio 2020 – ricorda – Ma per il momento non ha ancora comunicato nulla. Ci aspettiamo che dicano qualcosa entro pochi giorni. Poi abbiamo Janssen e AstraZeneca che sono ancora un po’ indietro. Infine, un altro gradino più sotto troviamo i vaccini con proteine ricombinanti di Sanofi

In sostanza, entro i primi mesi del prossimo anno potremmo avere due vaccini, Pfizer e Moderna. Ma ci sono già dei segnali su come stanno andando le sperimentazioni per tutti gli altri? “Sì e sono promettenti per tutti. Gli esiti della fase 1 e della fase 2, cioè i test su platee di volontari più ristrette, hanno dato buoni risultati. Anche le altre aziende farmaceutiche, quindi, sembrano seguire la stessa strada di Pfizer”, risponde Cassetti.

“Dobbiamo ancora studiare molte cose – ribadisce – Ce n’è una di fondamentale importanza: i vaccini prevengono l’esplosione della malattia, ma ancora non sappiamo se eviteranno l’infezione che si manifesta senza sintomi. In altri termini bisogna verificare se una persona, anche se vaccinata, possa ugualmente contrarre il virus e diffonderlo senza accorgersene, come avviene ora per i cosiddetti asintomatici – osserva la ricercatrice – Inoltre, non sappiamo quanto tempo durerà la copertura garantita dal vaccino: 6 mesi, 1, 2 anni? Ancora: Pfizer ha condotto le sperimentazioni su una platea di volontari dai 18 anni in su. Dobbiamo capire se ci sono risposte diverse a seconda della fascia di età, in particolare tra le persone che hanno più di 65 anni. E infine dovremo studiare le possibili interferenze tra i diversi vaccini. Che cosa succede se un composto non funziona nello stesso modo per tutti? Le persone potranno assumerne un altro?”.

-Possiamo aggiungere un’altra domanda: quante persone si dovranno vaccinare in modo che si cominci ad arginare la pandemia? “Servirà una vaccinazione di massa, altrimenti la barriera non funzionerà – dice Cassetti – Ho letto dei sondaggi preoccupanti negli Stati Uniti: solo circa il 50% degli interpellati si è detto pronto a farsi vaccinare. Non va bene, troppo poco”. Quale sarebbe la percentuale accettabile? “Sicuramente molto più di queste soglie – avverte – Ma non voglio dare un numero, perché anche su questo ci sono studi in corso. Per bloccare il morbillo, giusto per fare un esempio, occorre una quota di vaccinati del 95%. E anche il Covid si trasmette con facilità”.

State osservando effetti collaterali pesanti? “Finora niente di preoccupante – risponde l’esperta – A volte un po’ di febbre e di malessere temporanei. Sintomi normali quando un vaccino stimola una forte risposta immunitaria”.
A questo punto che previsioni può fare? “Il prossimo anno, naturalmente, sarà decisivo. Se i risultati finali delle sperimentazioni saranno coerenti con i segnali che abbiamo adesso – conclude – potremo tornare a una sembianza di normalità verso la fine del 2021. Nel frattempo potremo contare su cure sempre più efficaci, senza però allentare le misure di precauzione: mascherina e distanziamento sociale”.

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