Scotto: "Socialismo è una parola attuale come ecologia. Insieme sono l'antidoto al neo-liberismo"
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Scotto: "Socialismo è una parola attuale come ecologia. Insieme sono l'antidoto al neo-liberismo"

Intervista a Arturo Scotto, deputato eletto con i democratici e progressisti,coordinatore dei Articolo 1, formazione che ha aderito alla Costituente del Partito Democratico

Scotto: "Socialismo è una parola attuale come ecologia.  Insieme sono l'antidoto al neo-liberismo"
Arturo Scotto
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Antonello Sette Modifica articolo

8 Dicembre 2022 - 14.34


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Parafrasando una celebre frase dell’indimenticabile Sandro Paternostro, iniziamo dalla domanda delle cento pistole. Riuscirà l’Italia ad avere una forza politica, degna di questo nome, progressista e di sinistra di massa?

“Il voto ci consegna un dato sul quale si è riflettuto troppo poco: un pezzo di elettorato – che ormai gravita quasi attorno al 40 per cento – si è allontanato dal gioco democratico – risponde Arturo Scotto, deputato eletto con i democratici e progressisti, coordinatore dei Articolo 1 – Non vota più e pensa che la politica non riesca più a muovere le cose, a guidare i processi di trasformazione economica e produttiva, a cambiare la vita delle persone. In quel dato c’è la crisi della sinistra come forza di rappresentanza dei ceti meno protetti, quelli che nella sfida della globalizzazione dei mercati si sono qualificati come perdenti. Una forza democratica e progressista ha senso se combatte questa secessione democratica, altrimenti è solo la proiezione, sempre più rachitica sul piano del consenso e del radicamento sociale, di quello che già c’è. È quello che c’è già non basta a battere la destra sovranista che ha sfondato prima ancora che elettoralmente sul piano culturale. Quando Giorgia Meloni afferma che bisogna “lasciar fare” il mercato e chi produce sta delineando un modello deprivato di qualsiasi alternativa di modello di sviluppo e di società. Le regole – e persino le leggi – sono ritenute un ostacolo per la crescita economica e, dunque, anche i diritti dei lavoratori. Tant’è che ripropongono i voucher che sono la riproposizione di un mercato del lavoro schiavistico in settori delicatissimi come l’agricoltura e l’innalzamento del tetto del contante che è il via libera a nuove forme di infedeltà fiscale. Si presentano insomma come la destra in purezza. Dalla nostra parte invece stiamo ancora elaborando il lutto di cosa non è andato per il verso giusto nella stagione della “terza via”. Quando dovremmo invece rilanciare con forza l’idea di una nuova centralità del lavoro come soggetto capace di riequilibrare il rapporto tra chi sta sopra e chi sta sotto”. 

Articolo Uno ha scelto di partecipare alla Costituente del nuovo Pd. In concreto che cosa farete? Entrerete nel nuovo partito democratico, o come diversamente si chiamerà, come una sua componente, o vi scioglierete al termine di questo percorso?

“Siamo convinti che la parola costituente abbia un significato ben preciso. Si costituisce quello che non c’è, non si fa un semplice maquillage di quello che già esiste. Lo dico perché bisogna sempre partire dalla domanda su cosa è più utile per il paese. Gli elettori ci hanno detto che non hanno condiviso le scelte di una sinistra che per troppi anni è stata al governo con ogni formula politica possibile. Senza produrre quasi mai un avanzamento della condizione materiale della vita delle persone più fragili. Anzi, talvolta apparendo schierata dalla parte dei vincenti. Oggi la destra elimina il Ministero della pubblica istruzione cambiandone il nome e inserendo il Merito come ideologia con cui selezionare i forti e i deboli. Ma quella illusione ha vissuto anche dentro la retorica della sinistra convertita al neoliberismo. Per questo la costituente o ha la forza di fare i conti con questi nodi o sarà un’occasione mancata. Conta poco da questo punto di vista cosa farà Articolo Uno, che è sicuramente un pezzo della crisi della sinistra, ma almeno ha avuto il merito di tenere una fiammella accesa quando era difficile persino pronunciarle certe parole. Mi piace ad esempio molto la proposta de sindaco di Bologna, Matteo Lepore, di inserire la parola lavoro nel simbolo e nel nome del nuovo Pd: e’ una questione di sostanza, significa dire da che parte stai nel conflitto e chi vuoi rappresentare. In ogni caso decideremo alla fine del percorso in cui abbiamo investito moltissimo. Ma il percorso costituente funzionerà soltanto se avremo davvero un’ondata di partecipazione larga di tantissimi senza casa della sinistra. Che ci chiedono una visione di società, non una semplice gazebata”.

Ci sono da fronteggiare le emergenza sociale e climatica. Ci sono da difendere i diritti, minacciati dall’avvento della destra al Governo. Quali sono le priorità?

“L’opposizione oggi chiaramente è divisa, ci sono ancora troppe scorie derivanti dalla campagna elettorale che ha visto il campo del centrosinistra diviso in almeno tre tronconi. Bisogna faticosamente riprendere ago e filo e provare a unire su una piattaforma chiara e alternativa tutto quello che non sta con la destra, che è la maggioranza larga del paese. Per farlo c’è bisogno di scegliere chi vuoi rappresentare. Io penso che torneremo a vincere soltanto se sapremo riacchiappare la questione sociale: significa essere pronti a dare segnali inequivocabili al mondo del lavoro di sostegno al potere d’acquisto e di battaglia per i diritti sociali. Su questo misureremo la sensibilità di tutti. Temo che ci sia già un pezzo dell’opposizione pronto a salire sul carro della destra: quando vedo Calenda sfilare tra le telecamere a Palazzo Chigi mi domando che mestiere ha deciso di fare. Io so che la dialettica tra maggioranza e minoranza si svolge in parlamento e nel paese, non nel rapporto diretto e privilegiato con l’esecutivo per elemosinare qualche emendamento in più”.

Negli ultimi decenni il divario fra ricchi e poveri è vertiginosamente lievitato. La pandemia ha ulteriormente allargato la forbice. Basti pensare al settore del lusso, forse l’unico che non ha risentito della crisi. Non sarebbe ora di dire chiaramente e con coraggio che il neo-liberismo, ampiamente sdoganato anche dal Pd, ha fallito e che l’unica soluzione all’orizzonte è il socialismo?

“Glielo ripeto: non esiste alcuna socialdemocrazia in Europa – anche la più moderata – che non metta in discussione alla radice gli effetti del modello di sviluppo neoliberista. Nella carta dei valori del Pd nel 2007 si scriveva che non si interferisce nelle dinamiche del mercato e che lo stato deve intervenire a valle. Io penso invece che la politica debba riappropriarsi del bastone del comando e dirigere i cambiamenti sociali. Cosa produrre, come produrre e per chi produrre resta la stella polare di qualsiasi forma di vita a sinistra in tutto il mondo. Aver abbandonato questa impostazione ha accelerato la crisi delle democrazie occidentali che oggi appaiono incapaci di consegnare la merce ovvero garantire il funzionamento dell’ascensore sociale, la tenuta del welfare, tutele e salari alti per chi lavora e la garanzia dell’uguaglianza nel senso pieno del termine. Per questo la parola socialismo è attualissima e va completata con la parola ecologia. Ecologia e socialismo sono sinonimi perché il neoliberismo colpisce i ceti più deboli che sono anche quelli più esposti ai cambiamenti climatici e alla possibilità di accedere ai beni comuni fondamentali”. 

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