Collasso della Lega e l'illegalità definitiva
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Collasso della Lega e l'illegalità definitiva

Umberto Bossi e il suo clan travolti dagli scandali, ma da Formigoni a Lombardo a Lusi, è un fiume in piena di notizie di reato. Finisce così la seconda Repubblica.

Collasso della Lega e l'illegalità definitiva
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6 Aprile 2012 - 09.53


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“The family” era il risibile titolo scritto su una cartella conservata nell’ufficio dell’illustre Francesco Belsito, il tesoriere-faccendiere della Lega nord. E, va da sé, la family in oggetto, era la sua, quella del capo Umberto, del Trota e via dicendo.

La lega nord se ne va alla deriva sul suo Carroccio scassato fra accuse degli inquirenti a Roberto Calderoli, voci crescenti su distrazione di fondi, una pioggia di intercettazioni imbarazzanti, l’emergere del segreto di Pulcinella, ovvero i legami anche finanziari con Berlusconi. Per il partito anti-sistema per eccellenza è una ben triste fine. Sembra ormai giunta al capolinea anche questa seconda Repubblica all’italiana, quella del maggioritario, delle liste bloccate, del leaderismo, dell’antipartitismo, della destra anticostituzionale.

Ne sta iniziando una terza, di Repubblica, che ci coglie sempre più in affanno, con una fiducia sempre più ridotta nel sistema, con una crisi verticale delle istituzioni e dei partiti dai risvolti cupi. E poi la pioggia ossessiva di indagine, di questa nuova sconvolgente tangentopoli.

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L’interminabile mandato di Roberto Formigoni alla guida della Regione Lombardia, con il corollario di sottopotere legato a Comunione e liberazione e al berlusconismo, cade a pezzi bersagliato da inchieste e notizie di reati. Altri tesorieri, quello della Margherita, Luigi Lusi, hanno accumulato ricchezze, spartito denari fra correnti, componenti di partito, e ora minacciano, adombrano, fanno capire che sanno più di quanto dicono. In Sicilia il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, è stato rinviato a giudizio -neanche a dirlo- per mafia.

Ecco, è questa l’Italia delle family che non rispettano mai la ‘law’, dei clan, dei figli che diventano candidati e amministratori -vedi Di Pietro- delle cordate, degli amici, dei figliocci, delle correnti, dei gruppi di potere, dei servilismi, delle clientele -le migliaia di assunzioni di Gianni Alemanno a Roma- di quelli che si sistemano e, di converso, specularmente, è l’Italia dei precari, di quelli che non ‘passano’ perché non sono ‘amici di’, dei cervelli che se ne vanno altrove, dei disoccupati a vita. E’ in questa Italia, immobile, dove il Pd assomiglia troppo alla Dc, che la famiglia ha sostituito il welfare, come dicono compiacendosi un po’ troppo certi cattolici, perché non è una buona notizia.

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Un Paese senza legge, diventa il Paese del familismo amorale, un Paese senza Stato diventa terra di rapina per il più forte. Ora un governo moderato, tecnico, che fa scelte insieme riformiste e conservatrici – tanta è la confusione e il ritardo della nazione rispetto al resto d’Europa – con fatica immensa e classe politica parlamentare inadeguata, prova a riportare una comunità dispersa e confusa e senza speranza, dentro l’alveo costituzionale. Non sarà questo esecutivo a ridare però quella speranza capace di mobilitare idee e coscienze, che ha bisogno di uomini e donne nuovi, di un ritorno al sentimento collettivo contro il privilegio, all’equità, alla voglia di intraprendere liberamente, di creare, di costruire opportunità, di rimettere in piedi cultura, ambiente, civiltà, diritti e lavoro. La voglia di un mondo nuovo che da troppo tempo manca all’Italia.

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