Prostitute: 2,5 milioni di italiani le frequentano
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Prostitute: 2,5 milioni di italiani le frequentano

Impossibile un identikit del cliente tipo. Per alcuni il rapporto è complementare a una relazione stabile; per altri l'unica possibilità.

Prostitute: 2,5 milioni di italiani le frequentano
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27 Gennaio 2014 - 19.02


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Sono uomini di ogni ceto, provenienza geografica e fascia d’età. Spesso sono istruiti, tanto che al crescere del grado d’istruzione aumenta anche la domanda. Molti di loro continuano a cercare rapporti in strada, mentre una parte altrettanto consistente ormai lo fa nell’anonimato offerto dal web. Fino a qualche anno fa erano stimati in 9 milioni di individui, quasi un sesto della popolazione nazionale. “Ma è di certo più verosimile la stima dell’Università di Bologna, che ha ridimensionato la cifra a due milioni e mezzo”, spiega Mirta Da Pra, responsabile del progettoVittime del Gruppo Abele.

Quello dei clienti della prostituzione ad oggi resta un mondo dai contorni vaghi, indefiniti. A cercare di scandagliarlo è proprio il Gruppo Abele, in un convegno che andrà avanti fino a domani, nella sede torinese dell’associazione. Tra i relatori, giornalisti, operatori sociali e di strada, esponenti di associazioni e delle forze dell’ordine. Che cercheranno di restituire un volto, o meglio una serie di volti, ai clienti della prostituzione, dal momento che, a livello quantitativo, non esiste una cifra universalmente accettata che ne indichi la diffusione sul suolo nazionale.

“I dati raccolti finora – continua Da Pra, prima relatrice della giornata – sono frammentari, basati su stime più che su rilevazioni oggettive. Quel che è certo, è che portare la cifra a nove milioni equivale a stabilire una pericolosa corrispondenza tra ‘maschio’ e ‘cliente’. Il che non è assolutamente realistico, dato che non tutti gli uomini frequentano o hanno frequentato prostitute. A livello quantitativo, secondo molti ricercatori, la stima più attendibile si ottiene moltiplicando per dieci prestazioni giornaliere il numero delle persone che si prostituiscono; moltiplicandolo poi di nuovo per il numero delle giornate di lavoro annuali”.

Qualcosa di più emerge sul piano qualitativo, anche se la situazione non è molto più definita. “Dal momento che i clienti tendono a non uscire allo scoperto – prosegue Da Pra – ciò che sappiamo arriva, oltre che dalle interviste con questi ultimi, anche da quelle con le prostitute stesse e con gli operatori sociali; o da registrazioni effettuate a insaputa del cliente, come fatto per il libro-inchiesta ‘Quanto vuoi'”.

Quel che è certo, secondo la Da Pra, è che “non esiste un ‘cliente-tipo’. Le tipologie “sono varie quanto lo è l’intero universo mondo maschile” continua. “Tra i clienti delle prostitute troviamo italiani come migranti, operai come forze dell’ordine e sacerdoti. A livello anagrafico, la fetta più consistente riguarda gli adulti, la metà dei quali sarebbe composta da uomini sposati. Subito dopo vengono i giovani, mentre l’arrivo di farmaci come il Viagra, ha fatto lievitare anche la domanda da parte degli anziani”.

E al mutare degli identikit, cambiano anche motivazioni e modalità di approccio. Ci sono uomini che prediligono le italiane, che spesso sono meno soggette ai meccanismi della tratta. Secondo Da Pra, però, la maggior parte dei clienti preferisce consapevolmente rapportarsi alle straniere o alle vittime di tratta, le quali hanno “un potere contrattuale molto minore, e sono più vulnerabili rispetto a determinate richieste, come il sesso non protetto”. Di fatto, “il vero boom della prostituzione di strada coincide con l’emergere della tratta e l’arrivo in massa delle straniere”.

Ed è interessante, poi, come molti di questi uomini elaborino le più varie autogiustificazioni per porre simili rapporti in una luce positiva: “Alcuni – precisa Da Pra – si giustificano dicendosi che queste donne ‘guadagnano molto’ e che comunque ‘sapevano cosa sarebbero venute a fare in Italia’. C’è poi chi, addirittura, è convinto di aiutarle, dicendosi che ‘se non portassero soldi verrebbero picchiate dai protettori'”.

Ci sono poi i clienti particolari: masochisti, sadici, feticisti, così come quelli che preferiscono espressamente le transgender, paradossalmente considerate “più femminili, e in grado di offrire un’accoglienza e una comprensione molto maggiori rispetto a una donna. Un certo numero di clienti, in effetti, alle prostitute chiede semplicemente d’essere ascoltato: non è poi così raro che un uomo paghi solo per parlare.” Ma ci sono, purtroppo, anche clienti che vanno a ‘caccia’ di minori; che rappresentano comunque una fetta marginale della domanda complessiva.

Per quanto varie possano essere le motivazioni, però, i clienti continuano a dividersi in due grandi sottotipi. “Per alcuni – continua Da Pra – il rapporto con una prostituta è complementare a una relazione stabile. Mentre esiste poi un altra tipologia di uomini, che nei rapporti mercenari vede l’unica opportunità di relazione sul piano affettivo e sessuale. Sappiamo, molto spesso dal confronto con le prostitute stesse, che giovani e anziani vogliono essere rassicurati riguardo alla loro virilità: oggi i ragazzi che vanno con una prostituta, lo fanno perché hanno paura di non sentirsi all’altezza in un rapporto con la loro fidanzata. E chiedono conferme sulle dimensioni, sulla durata e sulla qualità del rapporto. Per molti uomini, il rapporto con una prostituta nasce da una sorta di scissione interna; che da una parte tende a mettere la donna, intesa come moglie e madre e quasi desessualizzata; mentre dall’altra pone la donna intesa come oggetto sessuale”.

Una sorta di schizofrenia affettiva, dunque, che rende difficile accettare che ogni donna, moglie o madre che sia, è anche un essere fatto di carne e desiderio. Il che, secondo Da Pra, è comprensibile “se si pensa che, nella cultura italiana, il sesso non è mai stato pienamente metabolizzato: da una parte continua a rappresentare un tabù, ma al tempo stesso, negli ultimi anni, è stato sovraesposto e identificato con una serie di stereotipi di potere, successo e consumo”.

Una schizofrenia che, in qualche modo, si è però cristallizzata nella coscienza degli italiani; e viene dunque spontaneo chiedersi se esista una via d’uscita. “Di certo – conclude – bisognerebbe cominciare a discutere laddove non si è mai intervenuti, soprattutto nelle scuole. Noi diciamo sempre che, più che di tratta, è necessario parlare di educazione ai rapporti. E bisogna farlo anche superando le resistenze degli stessi genitori. Se poi parliamo di prostituzione, allora intervengono altri temi, come ad esempio i rapporti tra nord e sud del mondo. Bisogna però comprendere che è arrivato il momento di intervenire, smettendola di flagellarsi per non averlo fatto in precedenza. Perché la cosa più importante è agire sui modelli; ed è sui giovani che bisogna lavorare in questo senso”.

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