La sensazione. – che si poggia su sensibilità soggettive – è che dopo la strage delle torri gemelle gli estremisti, soprattutto razzisti e di destra, facciano più paura dei terroristi islamisti.
I dati – che sono oggettivi – dicono che da allora ad oggi i nazi-fascisti americani e i supramatisti bianchi (che più o meno coincidono) hanno ucciso più persone dei jihadisti.
A 20 anni dall’attentato contro le Torri Gemelle di New York dell’11 settembre 2001 condotto da Al Qaeda, i cittadini statunitensi sarebbero più preoccupati dai pericoli rappresentati dalla violenza dei gruppi estremisti interni che da quella di gruppi eversivi internazionali.
E’ quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’Associated Press e dal Norc Center for Public Affairs Research dell’Università di Chicago.
Stando alla ricerca, che è stata pubblicata nelle scorse settimane, sulle migliaia di persone ascoltate dagli autori del sondaggio il 65 per cento si dice “estremamente” o “molto preoccupato” dalle attività dei gruppi di estremisti di base negli Stati Uniti, mentre solo il 50 per cento si dichiara altrettanto allarmato dalle organizzazioni estremiste straniere.
Il dato rispetto al terrorismo internazionale non cambia molto in funzione dell’appartenenza politica delle persone interpellate, stando alle informazioni emerse dalla ricerca, mentre le persone che si dichiarano democratiche sono molto più preoccupate dai repubblicani rispetto alle minacce interne: 75 contro 57 per cento.
I dati sembrano in certo modo complementari a un dato emerso da un’altra ricerca fatta dal think tank americano New America, rilanciata ieri dal quotidiano inglese The Guardian.
Stando allo studio dell’organizzazione, dal 2001 a oggi persone che si rifanno, per loro stessa dichiarazione nella maggior parte dei casi, a un’ideologia jihadista, hanno ucciso 107 persone sul suolo degli Stati Uniti. Gli estremisti appartenenti a uno spettro politico di “estrema destra”, invece, dal suprematismo bianco all’attivismo anti-abortista, hanno causato 114 vittime.
Tra gli attacchi più letali si ricorda l’uccisione di nove fedeli afroamericani di una chiesa metodista avvenuto per mano di un suprematista bianco 21enne a Charleston, in South Carolina, nel giugno 2015.
Il terrorismo domestico e in particolar modo di estrema destra era stato definito “una elevata minaccia” alla sicurezza nazionale già in un rapporto dell’intelligence americana del marzo di quest’anno. A gennaio, dopo l’assalto al Congresso americano da parte di sostenitori dell’ex presidente Donald Trump che manifestavano contro la sua sconfitta alle scorse elezioni, il direttore del Federal Bureau of Investigation (Fbi), Christopher Wray, disse ai deputati americani che “il problema del terrorismo domestico è una metastasi che si sviluppa in tutto il Paese da anni”.
Osservazioni allarmanti, che secondo diverse organizzazioni non hanno trovato un riscontro nelle politiche del governo.
Sentita dal Guardian, la direttrice dei progetti relativi alla sicurezza dell’ American Civil Liberties Union (Aclu), Hina Shamsi, ha sostenuto che “la giustizia federale ha minimizzato e non compreso il livello di violenza del suprematismo bianco”, continuando, sulla scia dell’11 settembre, a concentrare le sue attività di sorveglianza e indagine “su musulmani, immigrati e comunità di colore”.