La Moldavia finisce nel mirino della Russia, Lavrov: tra minacce e apettiti imperialisti
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La Moldavia finisce nel mirino della Russia, Lavrov: tra minacce e apettiti imperialisti

Se lo è lasciato scappare il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un'intervista al canale televisivo Rossiya 24 e RIA Novosti.

La Moldavia finisce nel mirino della Russia, Lavrov: tra minacce e apettiti imperialisti
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2 Febbraio 2023 - 15.00


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L’Occidente sta ora «occhieggiando» alla Moldavia per il ruolo della «prossima Ucraina», il suo presidente Maia Sandu è pronta a «quasi tutto». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. nel corso di un’intervista al canale televisivo Rossiya 24 e all’agenzia RIA Novosti. Secondo Lavrov gli Usa «sono stati in grado di mettere una presidente alla guida del Paese con metodi ben precisi, tutt’altro che liberamente democratici, che è desiderosa di entrare nella Nato, ha cittadinanza rumena, ed è pronta a unirsi con la Romania».

Il ministero degli Esteri moldavo, Daniel Voda, ha «respinto categoricamente» le dichiarazioni del ministro degli Estero russo Sergei Lavrov secondo cui l’occidente guarderebbe al Paese come «una nuova Ucraina». «Fanno parte della già nota retorica minacciosa della diplomazia russa – ha detto – vorremmo ricordare alla parte russa che la strada che sta percorrendo la Moldavia è il percorso di adesione verso l’Unione Europea». «La Moldavia – ha aggiunto in una dichiarazione riportata dai media ucraini – ha chiaramente scelto il suo futuro ed è far parte del mondo libero».

La Transnistria è il territorio separatista filorusso della Moldavia. Come il Donbass per l’Ucraina.

La Transnistria è una piccola enclave separatista, con capitale a Tiraspol, non riconosciuta da nessuna delle nazioni dell’Onu (nemmeno da Mosca) nata da un’insurrezione armata avvenuta dopo la caduta dell’Unione sovietica nel 1992. Al momento ci sono 1.500 soldati russi di stanza sul suolo di quello che è uno Stato indipendente de facto, cosa che è stata criticata dalla Moldova, dalla Nato, dall’Ucraina e dagli Stati Uniti. Questi militari furono inviati dopo l’insurrezione come contingente di pace, anche con il consenso di Chisinau (la capitale della Moldavia), ma con l’impegno di lasciare il Paese dopo un anno. Ne sono passati 30 e sono ancora lì.

L’enclave, il cui nome ufficiale è Repubblica Moldava Pridnestroviana, come le insorte insorte Donetsk e Lugansk nel Donbass in Ucraina, si rifà al simbolismo sovietico, e sulla sua bandiera c’è anche la falce e martello. La repubblica ha i propri servizi di sicurezza, il proprio governo la propria valuta e ha il controllo delle frontiere. La Russia ha svolto esercitazioni militari nella regione fino al 2 febbraio e afferma che la presenza dei soldati della Federazione è essenziale per proteggere i propri cittadini nell’area e mantenere la pace tra moldavi e transnistriani. Circa 400mila persone vivono nell’enclave e la stragrande maggioranza di loro si sente russa: in un referendum nel 2006 il 97,2% degli elettori sostenne l’adesione alla Federazione, proprio come è avvenuto nel 2014 in Crimea e poi nelle insorte Donetsk e Lugansk nel Donbass. E proprio come accaduto nel Donbass, a partire dal 2002 Mosca ha rilasciato passaporti ai residenti, una mossa che ha fatto infuriare Kiev e Chisinau.

Putin potrebbe tentare di destabilizzare la Moldavia anche alimentando il separatismo in una regione autonoma del Paese, la Gagauzia. Come riporta Politico Kamil Calus, analista del Center for Eastern Studies con sede a Varsavia, ha affermato che il Cremlino potrebbe preparare uno “scenario della Crimea” nell’enclave, che è popolata da un gruppo turco cristiano ortodosso storicamente filo-russo. A febbraio, il 98,4% di Gagauz ha votato in un referendum regionale a favore dell’adesione all’Unione doganale eurasiatica russa piuttosto che perseguire una più profonda integrazione con l’Unione europea.

La domanda non è più se la Russia tenterà o meno un’invasione in Moldavia, ma quando lo farà aveva dichiarato lo scorso 19 dicembre il capo dell’intelligence di Chișinău Alexandru Musteata. In caso di attacco, i russi potrebbero usare gli armamenti conservati a Cobasna, il più grande deposito di munizioni d’Europa situato nell’enclave filorussa in Transnistria, e dunque già controllato dai soldati di Mosca. Le parole di Musteata facevano eco a quelle del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, per cui la Russia starebbe organizzando una nuova offensiva su larga ad inizio del 2023.

Altre accuse all’Occidente. «Le consegne occidentali di moderne attrezzature militari a Kiev, a quanto pare, saranno effettuate insieme a squadre di combattimento straniere». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov in un’intervista al canale televisivo Rossiya 24 e RIA Novosti. «Tutti i tipi di armi che sono già stati parzialmente trasferiti, e soprattutto quelli che sono stati annunciati, non possono essere usati dagli ucraini senza addestramento – ha aggiunto – quindi probabilmente insieme a loro arriveranno anche squadre di combattimento composte da persone che – a quanto pare – saranno temporaneamente rilasciati in congedo dall’esercito e registrati come mercenari», ha concluso Lavrov.

Il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov sostiene di “non aver offeso le vittime dell’Olocausto” ma ribadisce che secondo lui “l’Europa tutta, guidata dagli Usa” vuole “risolvere la questione russa”, e “sì, anche se non nelle camere a gas, ma” vogliono “assicurarsi che la Russia cessi di esistere come grande potenza”. Lavrov lo ha detto in una lunga intervista al giornalista russo Dmitri Kiselev, una delle voci più vicine al presidente russo Vladimir Putin. Le precedenti dichiarazioni avevano suscitato ancora una volta un certo scalpore nella comunità ebraica internazionale.

Usando un detto russo che letteralmente vuol dire “il berretto è in fiamme sul(la testa del) ladro” e che nella prassi significa che un delinquente si è tradito, Lavrov ha accusato l’Occidente nuovamente di portare avanti la “questione russa” proprio come una volta Hitler ha portato avanti la “questione ebraica”.

Nella stessa intervista Lavrov ha parlato di “Shabbat anti-russi programmati per la fine di febbraio” in occasione del primo anniversario dall’inzio della guerra in Ucraina. Ovvero il “vertice di pace” in preparazione su iniziativa dell’Ucraina il 24 febbraio.

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