Ucraina, tra realtà e narrazione. E la farsa di un piano di pace che non esiste
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Ucraina, tra realtà e narrazione. E la farsa di un piano di pace che non esiste

Il principio di realtà narrato da Mosca: la Russia si aspetta che l'Ucraina accetti le sue richieste e sviluppi la consapevolezza della situazione attuale

Ucraina, tra realtà e narrazione. E la farsa di un piano di pace che non esiste
Lavrov
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

27 Maggio 2022 - 16.58


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Siamo immersi in un tempo in cui la percezione è realtà. I fatti non contano. Conta la narrazione che quei fatti li piega, li cancella, tutto in funzione della narrativa che si vuole imporre. 

Realtà e percezione

Una riflessione che bene si attaglia alla guerra e agli sforzi diplomatici, veri e presunti, che si manifestano.

Il principio di realtà narrato da Mosca: la Russia si aspetta che l’Ucraina accetti le sue richieste e sviluppi la consapevolezza della situazione attuale. Lo ha dichiarato ai media il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, riporta la Tass.    “Mosca sta aspettando che Kiev accetti le richieste di Mosca e sviluppi la consapevolezza della situazione di fatto, la situazione reale che esiste”, ha detto Peskov. 

Ma la mazzata più dura viene dal capo della diplomazia russa, Sergei Lavrov. Il suo più che un giudizio è una stroncatura senza appello.  “La Crimea e il Donbass dovrebbero far parte dell’Ucraina con ampia autonomia. Bene, i politici seri che vogliono ottenere risultati, e non autopromozione presso il loro elettorato, non dovrebbero proporre tali cose”. Così Lavrov in un’intervista a RT arabic sul cosiddetto piano di pace proposto dall’Italia afferma che politici seri non possono proporre una cosa del genere. Lavrov ha detto che Mosca conosce dalla stampa il contenuto del piano proposto dall’Italia per l’Ucraina, ma se viene confermata l’autenticità del piano, presentato dai media, allora tali iniziative non sono serie e rammaricano. “Il signor Luigi Di Maio si è infiltrato così attivamente nello spazio dei media e sta promuovendo l’iniziativa italiana dei quattro punti. Ne abbiamo solo letto. Abbiamo letto che questa è un’iniziativa che può portare la pace tanto attesa”, ha detto Lavrov secondo Ria Novosti. Poi ha osservato che quanto scritto sui media, se questo è vero, “provoca un sentimento di rammarico per gli autori di questa iniziativa, per ciò che sta accadendo e per la loro conoscenza dell’argomento, la loro conoscenza della storia di questo problema”.

Il principio di realtà narrato da Kiev. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelenskiy ha respinto nuovamente l’idea che il suo paese ceda una porzione di territorio per fare la pace con la Russia. “Editoriali sintomatici hanno cominciato ad apparire su alcuni media occidentali affermando che l’Ucraina dovrebbe accettare i cosiddetti compromessi difficili rinunciando al territorio in cambio della pace”, ha detto nel suo ultimo discorso notturno. Coloro che consigliano all’Ucraina di rinunciare al territorio non vedono la gente comune, ha detto, “che in realtà vive nel territorio che si propone di scambiare con l’illusione della pace”. 

La “percezione” di un piano.

E qui veniamo ad una narrazione che si tinge di giallo. La narrazione del piano di pace italiano. Globalist ne ha già scritto dando atto al governo italiano di aver provato a andare oltre l’enunciazione generica di una pace mai sostanziata. 

Un attestato che si fondava sull’anticipazione fatta da Repubblica del piano e dei suoi 4 punti. Un’anticipazione non smentita né da Palazzo Chigi né dalla Farnesina. Ma neanche avvalorato, soprattutto da Palazzo Chigi. 

Un’anticipazione è tale se poi viene sostanziata dalla presentazione del suddetto piano, altrimenti c’è qualcosa che non torna. 

E qui ci viene in soccorso, e a supporto, un report de Il Post:

“Da circa una settimana sui giornali italiani si parla con una certa insistenza di un ‘piano di pace’ che l’Italia avrebbe cominciato a far circolare in ambienti diplomatici con alcune proposte per porre fine alla guerra in Ucraina. Del piano ha parlato con enfasi in particolare Repubblica, che è stato il primo giornale a darne conto, e che l’ha presentato come un tentativo concreto di trovare una soluzione diplomatica al conflitto dando al tempo stesso centralità all’azione del governo italiano.

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Ma a una settimana dall’uscita delle prime informazioni, sembra che il tentativo diplomatico italiano non sia mai davvero partito, sempre che sia stato un tentativo serio. Il contenuto del piano è confuso e non particolarmente efficace, non ha ottenuto significativo sostegno dai governi internazionali e soprattutto non è nemmeno chiaro se le parti in causa – Russia e Ucraina –  abbiano avuto modo di valutarlo. Non è nemmeno chiaro, peraltro, se tutto il governo sia coinvolto nella promozione del piano. Di fatto non ha avuto finora alcun peso nella trattativa diplomatica e quasi certamente non ne avrà. Il quotidiano Domani ha titolato che ‘ non è mai veramente esistito’, lasciando intendere non tanto che il documento non ci sia, quanto che non abbia avuto finora nessuna efficacia.

Dell’esistenza di un ‘piano di pace italiano aveva scritto per prima Repubblica il 18 maggio. Il quotidiano scriveva che il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva consegnato al segretario generale dell’Onu António Guterres un documento elaborato ‘in stretto coordinamento con Palazzo Chigi’, che prevedeva un percorso in quattro tappe per ottenere dapprima un cessate il fuoco e arrivare infine alla risoluzione diplomatica del conflitto. Nel suo articolo, Repubblica citava varie fonti del ministero degli Esteri e riprendeva passaggi del documento, lasciando intendere che l’esistenza del “piano italiano” fosse stata rivelata al giornale dal ministero stesso.

A giudicare dalle prime informazioni, tuttavia, sembra che il piano del ministero degli Esteri fosse piuttosto abbozzato.

I quattro punti previsti per raggiungere la pace tra Russia e Ucraina sarebbero: cessate il fuoco immediato; garanzia che l’Ucraina rimanga neutrale; una soluzione di compromesso per Crimea e Donbass; un nuovo patto di sicurezza europea e internazionale. Sono tutti passaggi corretti e necessari, ma non costituiscono una novità: tutti i negoziati condotti in questi mesi sono partiti da una base simile. Il problema, finora, è stato che le due parti in conflitto non sono riuscite a trovare un accordo soprattutto a causa della completa chiusura della Russia, che ha violato la maggior parte dei cessate il fuoco e ignorato gli appelli per la pace.

Il piano italiano, almeno per come descritto dalla stampa, non sembra portare nessuna novità o miglioramento da questo punto di vista: non si capisce bene come dovrebbe ottenere un cessate il fuoco immediato, quali sarebbero le «soluzioni di compromesso» per le zone contese né cosa significhi creare un nuovo patto di sicurezza. Il piano prevede tutta una serie di paesi garanti e gruppi internazionali che dovrebbero sorvegliare sugli accordi, ma non è nemmeno specificato, secondo Repubblica, quali sarebbero questi paesi.

Non è da escludere che il piano sia più dettagliato e concreto di come lo hanno descritto i giornali, e che contenga proposte effettivamente attuabili, ma dalle informazioni disponibili appare un documento piuttosto vago.

Soprattutto, sembra che il piano sia stato creato all’interno del ministero degli Esteri e che la sua esistenza sia stata resa pubblica senza consultare le parti in conflitto né gli alleati internazionali.

L’unica cosa che si sa con sicurezza è che il ministro Di Maio ha consegnato il documento a Guterres la settimana scorsa, ma da quel momento in poi non è chiaro chi lo abbia consegnato a chi, e l’ipotesi più probabile, almeno finora, è che non sia stato valutato seriamente da nessuna delle parti in causa. Secondo Repubblica, ‘ è possibile’ che Guterres abbia ‘condiviso’ il documento ‘con i due belligeranti’. Ma sia Russia sia Ucraina hanno detto o fatto capire di non averlo ricevuto (benché anche su questa questione ci sia stata un po’ di confusione) Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, ha detto che la Russia non ha ancora ricevuto il piano, e anche l’Ucraina non ha dato conferme sulla questione.

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Ci sono state però delle reazioni, soprattutto da parte russa: l’ex presidente russo Dmitri Medvedev, per esempio, ha rifiutato e criticato il piano con una certa violenza, ma sembra che anche lui ne abbia letto sulla stampa. Lo stesso vale probabilmente per alcuni funzionari ucraini, che in questi giorni hanno ringraziato l’Italia per il suo sostegno ma non sono scesi nei dettagli.

Anche gli alleati non sembrano aver dato molto rilievo al piano di pace italiano, e ancora una volta non è chiaro chi l’abbia ricevuto e letto. Nessun governo occidentale l’ha commentato, mentre l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha detto soltanto: ‘Appoggiamo ogni tentativo di mettere fine alla guerra’, aggiungendo però che il presupposto per ogni accordo deve essere il ritiro delle forze russe.

Nemmeno il presidente del Consiglio Mario Draghi, benché secondo Repubblica risultasse coinvolto nel progetto, ha mai parlato pubblicamente del ‘piano italiano’. Martedì Di Maio ha ridotto le aspettative sul piano italiano: lo ha definito ‘un lavoro embrionale’ e ha aggiunto che ‘oggi non ci sono le condizioni per la pace, abbiamo di fronte una guerra lunga e logorante’.”.

Così Il Post.

Che aggiungere se non che la narrazione ha “scavalcato” la realtà. Con un imbarazzante cortocircuito tra informazione e politica. 

Mediatori offresi ma a Mosca non interessa.

Scrive Pierre Haski, direttore di FranceInter, in un articolo pubblicato in Italia da Internazionale: “‘Non vi affannate’ È questo il messaggio inviato da Mosca ai potenziali mediatori nella guerra in Ucraina. Il 25 maggio la portavoce del ministero degli esteri russo ha respinto un piano italiano prima ancora che fosse presentato. Il ministro degli esteri italiano Luigi Di Maio lo aveva illustrato a grandi linee qualche giorno fa e ne aveva discusso con il segretario generale della Nazioni unite Antonio Guterres. Una “sciocchezza”, ha commentato Marija Zakharova, la portavoce russa. 

La diplomatica russa può mettere sul tavolo un argomento di peso: “Non potete con una mano fornire armi all’Ucraina e con l’altra presentare un piano per una soluzione politica”, ha dichiarato. Ma soprattutto Zakharova ha fatto presente che “se sperano che la Federazione russa salterà a causa di un piano occidentale non hanno capito nulla”. 

Questa bocciatura brutale la dice lunga sullo spirito di Mosca, che non cerca alcuna via d’uscita onorevole a questa crisi, anche se proveniente da un paese tradizionalmente benevolo nei confronti della Russia come l’Italia. 
Qualche giorno fa un esperto russo, chiedendo di mantenere l’anonimato, ha fatto l’elenco dei potenziali mediatori, scartandoli tutti. 

La Turchia? Ha ospitato il primo incontro ministeriale russo-ucraino, ma si è autoeliminata quando ha inviato droni all’Ucraina. Israele? È restato neutrale all’inizio del conflitto sperando di ricoprire un ruolo di primo piano, ma il capo del governo Naftali Bennett non ha lo stesso rapporto con Vladimir Putin che aveva Benjamin Netanyahu. E tra l’altro il capo della diplomazia russa Sergej Lavrov ha peggiorato le cose inventando antenati ebrei di Hitler. 

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L’esperto crede che la Cina potrebbe interpretare il ruolo in ragione dei suoi rapporti stretti con Putin e dei legami economici forti con l’Ucraina prima del conflitto, ma ritiene che Pechino non sia disposta a farlo. 

Questo gioco al massacro si conclude con il caso della Francia e di Emmanuel Macron, che ha mantenuto aperto un canale di comunicazione con il Cremlino. In questo caso il nostro esperto esita, e dice ‘perché no?’.  Ma solo in un quadro multilaterale, ovvero con altri partner. 

Esiste davvero la possibilità di una mediazione in questa fase della guerra? Questa è la vera domanda. I due contendenti non sembrano pronti: né la Russia, che registra per la prima volta alcuni successi militari in Donbass e non ha interesse ad accettare un cessate il fuoco, e nemmeno l’Ucraina, che si dice disposta a percorrere la strada diplomatica ma non a costo di una cessione di territori. 

Il contesto non è assolutamente favorevole al minimo compromesso. Sul fronte ucraino parlare di mediazione è considerato un approccio che, dopo i massacri e i bombardamenti di civili, ricorda la conferenza di Monaco del 1938. La Russia, di contro, è arroccata sulla sua posizione di guerra totale contro l’occidente. 

Ma le mediazioni non devono per forza attendere che tutti siano pronti ad accettarle. È importante esplorare le possibili direzioni di un accordo, nel caso in cui diventi fattibile. La storia delle mediazioni diplomatiche comprende più fallimenti che successi. Marija Zakharova, la portavoce russa, può anche parlare di “sciocchezze”, ma forse arriverà il giorno in cui persino Putin avrà bisogno di un mediatore”, conclude Haski.

Ma quel giorno non è ancora arrivato. E certo non l’avvicina la narrazione di un piano “che non esiste”.

Fin qui il direttore di FranceInter.

La diplomazia è una cosa seria. Nella forma oltre che nella sostanza. Di più: in politica estera, nelle relazioni internazionali, la forma è sostanza. Sbandierare l’esistenza di un piano italiano, con un giornale che lo rivela senza uno straccio di imprimatur ufficiale, è un clamoroso autogol che ha un responsabile politico: Luigi Di Maio. Un piano che vorrebbe aiutare l’apertura di un tavolo negoziale dovrebbe essere inviato alle parti belligeranti prima di essere “rivelato” da un giornale. Così non è stato. Agendo in questo modo dilettantistico, l’Italia è riuscita nell’impresa di mettere d’accordo Mosca e Kiev nel bocciare l’uscita italiana. Uscita che è stata accolta nel silenzio imbarazzato sia dei nostri partner europei sia dal dominus americano.  In politica estera, l’improvvisazione è sempre un male. Se avviene in tempi di guerra, è anche peggio. 

Chiosa finale. Chi scrive non ha mai lesinato critiche all’operato del ministro di Maio. Critiche di merito e mai pregiudizievoli. Quando è uscita l’anticipazione del piano di pace per l’Ucraina, con tanto di gran cassa mediatica, abbiamo plaudito il titolare della Farnesina.  Mal ce ne colse, visti gli sviluppi. Morale della “favola”: si può studiare l’inglese, evitare di proseguire nelle risibili gaffe geografiche di cui Di Maio è stato protagonista, studiare i dossier preparati dagli sherpa del Ministero, ma alla fine la dura realtà vince sulla narrazione di comodo. Pur con tutti i correttivi tentati, le pose pensose, Luigi Di Maio resta un parvenu della politica estera. 

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