Gordon Brown al G20: “Portare il vaccino nei Paesi più poveri, questa è la sfida"
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Gordon Brown al G20: “Portare il vaccino nei Paesi più poveri, questa è la sfida"

L'ambasciatore Oms ed ex premier britannico: “L’Africa ha vaccinato solo il 5% della popolazione, mentre Europa e America circa il 70%. Nei Paesi in via di sviluppo la gente non ha la possibilità di ricevere nemmeno il primo vaccino"

Gordon Brown, ex primo ministro britannico e ambasciatore Oms
Gordon Brown, ex primo ministro britannico e ambasciatore Oms
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28 Ottobre 2021 - 08.19


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L’appello di Gordon Brown, ex primo ministro britannico e ambasciatore Oms, a Mario Draghi, e agli altri leader, è quello di un vaccino per i Paesi poveri per inoculare il mondo contro il virus del nazionalismo. 
Brown ha sottolineato di conoscere il premier italiano “da oltre 20 anni ed è un eccezionale statista” forte della “fiducia degli altri membri del G20″.
In un’intervista a Repubblica ha affermato come sia “un’ottima notizia che l’Italia presieda il G20”, una “opportunità per fare storia” perché “possiamo coordinare il flusso dei vaccini” e “creare i mezzi con cui prevenire future pandemie”.
Secondo Gordon Brown, il G20 “può fare la differenza” proprio a cominciare dal “coordinare il flusso di vaccini in tutto il mondo” perché se “sei mesi fa, il problema era la produzione di vaccini, ora è l’iniquità della distribuzione”.
“L’Africa ha vaccinato solo il 5% della popolazione, mentre Europa e America circa il 70%. Nei Paesi ricchi siamo già alla terza dose, ma nei Paesi in via di sviluppo la gente non ha la possibilità di ricevere il primo vaccino – ha rilevato – Solo il G20 può risolvere questo problema. Perché i Paesi sviluppati hanno un surplus di vaccini inutilizzati. E dovrebbero essere trasportati il più rapidamente possibile nei Paesi più poveri”. Questo fine settimana i 20 “hanno grandi decisioni da prendere su altri temi”, prosegue, ma “ciò che sta bloccando l’attività economica nel mondo” e “impedendo un ritorno alla normalità è il virus”.
Per Gordon Brown, preoccupato dal fatto che “l’ideologia dominante dell’epoca sia il nazionalismo”, il G20 può “fare un grande passo avanti” e “se non viene fatto, a perderci siamo tutti” perché “dobbiamo essere consapevoli che quest’era di nazionalismo, che è più aggressiva di quanto non fosse dieci o cinque anni fa, è in realtà una barriera alla crescita”. “Ed è una barriera al commercio – sottolinea – Abbiamo bisogno di maggiore cooperazione tra nazioni se vogliamo evitare alcune delle insidie che ci aspettano nei prossimi mesi”.

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