Gli stenti per il Covid uccidono i bambini siriani nei campi profughi. Ma per il mondo non esistono
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Gli stenti per il Covid uccidono i bambini siriani nei campi profughi. Ma per il mondo non esistono

Otto piccoli sotto i 5 anni morti per malnutrizione, febbre e diarrea: lo ha dichiarato la direttrice dell'Unicef Henrietta Fore, aggiungendo che decessi sono avvenuti tra il 6 e il 10 agosto.

Il campo profughi di al.Hol in Siria
Il campo profughi di al.Hol in Siria
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Agosto 2020 - 10.28


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Sono i più indifesi tra gli indifesi. Di oro ci si accorge solo quando è possibile sbattere in prima pagina una foto che strappa lacrime. Lacrime di coccodrillo. Per un bambino siriano, o yemenita, o palestinese morto per fame, sotto le bombe, ed oggi per il coronavirus. L’Unicef è profondamente allarmato dalle notizie secondo cui otto bambini sotto i cinque anni sono morti nel campo di Al Hol, nel nord-est della Siria, in meno di una settimana”. Lo ha dichiarato il direttore generale dell’organismo Onu Henrietta Fore, aggiungendo che decessi sono avvenuti tra il 6 e il 10 agosto.

“Quattro sono stati causati da complicazioni legate alla malnutrizione. Gli altri erano dovuti a disidratazione per diarrea, insufficienza cardiaca, emorragie interne e ipoglicemia. La morte di ogni bambino è tragica. Lo è ancora di più quando la morte si sarebbe potuto evitare”.

“Quasi 40.000 minorenni da oltre 60 paesi continuano a languire ad Al Hol – ha ricordato Fore -. Non hanno accesso ai servizi di base e devono affrontare il caldo torrido dell’estate e il trauma della violenza e dello sfollamento. 

“Il Covid-19, con le conseguenti restrizioni di movimento e le misure di quarantena che ne derivano, sta peggiorando ulteriormente una situazione critica. I recenti contagi confermati tra i lavoratori nel campo hanno portato a una pausa in alcuni servizi sanitari e di istruzione, e a una temporanea riduzione del numero di lavoratori che operano nel campo” ha proseguito Fore. “È fondamentale che la ripresa dei servizi sanitari e nutrizionali sia prioritaria e che siano disponibili opzioni di assistenza di emergenza.

Nonostante queste limitazioni, l’Unicef  e i suoi partner continuano a fornire servizi essenziali salvavita, tra cui il trasporto dell’acqua e i servizi sanitari, nutrizionali e di protezione dell’infanzia.

L’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia  sta anche sostenendo i volontari della comunità per aumentare ulteriormente la consapevolezza sulle misure preventive contro il Covide-19 Ma una soluzione a lungo termine è attesa da tempo. I bambini di Al Hol, come tutti i bambini colpiti dal conflitto, hanno diritto all’assistenza umanitaria. Coloro che nati da cittadini stranieri hanno il diritto di essere salvaguardati, anche con la documentazione legale, il ricongiungimento familiare e il rimpatrio nei loro Paesi d’origine quando è nel loro interesse. Tutti i bambini hanno il diritto di essere protetti dagli effetti devastanti che la pandemia sta avendo sulla loro sopravvivenza, sull’apprendimento e sulla protezione”.

Milioni di bambini a rischio

In tutto il mondo – rimarca un recente rapporto di Unicef e Unhcr -milioni di bambini, di cui 12,7 milioni rifugiati e 1,1 milioni richiedenti asilo, sono stati costretti a fuggire dalle proprie case e ad attraversare confini a causa di conflitti, violenze e altre forme di pericolo. Di fronte al rapido propagarsi della pandemia da Covid-19, le esigenze dei minori rifugiati sono divenute ancora più urgenti. Rispondere a tali esigenze è fondamentale per tutelarne sia il benessere attuale sia il potenziale futuro.   I bambini in fuga sono tra coloro che hanno minore accesso a servizi di prevenzione, esami clinici, cure e altre forme di assistenza essenziali.  Inoltre, è probabile che la pandemia e le misure di contenimento avranno conseguenze negative sulla loro sicurezza e sulla loro istruzione, già precarie ancor prima della diffusione del virus.  Frequentare la scuola era già una sfida quotidiana, se non un’impossibilità, per molti bambini in fuga in tutto il mondo. Meno della metà di tutti i bambini rifugiati in età scolare risultava iscritta ai corsi, e la proporzione scendeva a 1 ogni 4 in relazione all’istruzione secondaria. È probabile che ora sarà ancora maggiore il numero di bambini sfollati che non frequenterà la scuola per un periodo prolungato e alcuni di loro potrebbero non farvi ritorno affatto.  In alcuni casi, a causa della chiusura delle scuole i bambini si ritrovano anche privi di pasti o acqua potabile.

 In una fase in cui le famiglie soffrono ulteriori privazioni socioeconomiche, è probabile che vi sia un costante aumento di episodi di negligenza, abusi, violenza sessuale e di genere e di matrimoni precoci. Vi è inoltre un crescente rischio di divenire vittime di stigmatizzazione e pregiudizi, man mano che il virus si diffonde attraverso le frontiere insinuando sentimenti di paura.  

La pandemia rischia di annientare i progressi conseguiti a fatica con l’estensione dell’accesso ai servizi di protezione, assistenza sanitaria e istruzione a beneficio dei minori rifugiati su scala mondiale. 

“Non possiamo permettere che ciò accada. In un’epoca in cui il bisogno di assistenza e attenzione si moltiplica, la risposta alla pandemia deve prevedere l’assunzione di impegni chiari volti ad assicurare la protezione e il benessere dei bambini costretti alla fuga. L’Unhcr e l’Unicef – prosegue il report –  s’impegnano a fare di più — e meglio — in questa crisi, e per il futuro a favore dei bambini rifugiati, delle loro famiglie e comunità, e di coloro che li accolgono.  Quest’impegno rientra nella nuova iniziativa – un piano d’azione congiunto – lanciato dalle nostre due organizzazioni a gennaio 2020 per ampliare le opportunità di accesso dei bambini rifugiati ai sistemi di protezione, istruzione, approvvigionamento idrico e servizi igienico-sanitari in un primo gruppo di Paesi con esigenze prioritarie. Ci siamo impegnati a lavorare insieme per trasformare la qualità della vita dei bambini rifugiati e delle loro famiglie raddoppiando il numero di minori rifugiati e rimpatriati che hanno accesso all’istruzione; assicurando che essi possano accedere a servizi igienico-sanitari e di approvvigionamento di acqua potabile sostenibili ed ecocompatibili; cercando soluzioni nel campo della protezione e assicurando servizi di risposta di qualità e adeguati alle loro esigenze; e individuando gli ostacoli alla loro inclusione in seno ai sistemi nazionali.  Come tutti i bambini del mondo, i bambini rifugiati hanno diritto alle proprie opportunità e di poter godere a pieno dei propri diritti.  Nonostante le loro vite siano state sconvolte da violenze, esodi e ora da una pandemia, le loro possibilità di vivere un futuro dignitoso saranno maggiori se sarà loro garantito un accesso equo all’assistenza e ai servizi di cui hanno bisogno”.

“I bambini più vulnerabili e le loro famiglie che vivono in condizioni così precarie nei campi per rifugiati o sfollati non possono e non devono essere dimenticati, sottolinea Save the Children, l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro. Questi bambini sono già molto esposti alle malattie da contagio per la scarsa assistenza sanitaria, la mancanza di acqua pulita e di igiene, che possono aver reso più fragile il loro sistema immunitario. Alcune delle misure assunte da alcuni governi, come l’autoisolamento, sono estremamente difficoltose nei campi profughi sovraffollati. In Siria, a Idlib, dove quasi 1 milione di persone sono state costrette a sfollare in condizioni inumane in campi cresciuti a dismisura, l’autoisolamento sarebbe praticamente impossibile nel caso di un contagio da coronavirus, con conseguenze potenzialmente devastanti per famiglie che vivono il decimo anno del conflitto siriano”.

Covid-19 è una crisi sanitaria mondiale che richiede una risposta coordinata a livello globale. È nel nostro interesse impegnarsi per fare ogni sforzo al fine di prevenire un’ulteriore diffusione del virus e ancora di più nei campi per rifugiati o sfollati dove l’isolamento o il test sono una vera sfida. I bambini sopportano già il peso di molte delle infezioni più diffuse come polmonite, malaria e colera, e le loro famiglie faticano altrettanto ad avere l’assistenza medica necessaria”, ha dichiarato Zaeem Haq, Direttore Medico Globale di Save the Children.    

Ma i bambini continuano a morire nei campi profughi. E per loro c’è solo, quando c’è, una lacrima. Una parola sola può dar conto dell’atteggiamento della comunità internazionale, e in essa di una Europa che ha solo un’ossessione in testa: evitare una “invasione” di migranti. Questa parola è, da scrivere a caratteri cubitali: VERGOGNA.

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