Israele, Netanyahu "contagia" Gantz e resta al potere
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Israele, Netanyahu "contagia" Gantz e resta al potere

Il Generale si arrende a “Re Bibi” e al suo potente alleato: il Coronavirus. Un virus che ha terremotato la già pericolante politica israeliana, sfasciato l’alleanza di centro-sinistra.

Netanyahu e Gantz
Netanyahu e Gantz
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

29 Marzo 2020 - 15.33


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Il Generale si arrende a “Re Bibi” e al suo potente alleato: il Coronavirus. Un virus che ha terremotato la già pericolante politica israeliana, sfasciato l’alleanza di centro-sinistra, lacerato lo stesso partito dell’ex capo di stato maggiore, Benny Gantz, Kahol Lavan (Blu e Bianco).

Bibi per sempre

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il suo (ex) rivale Benny Gantz hanno compiuto “progressi significativi” nei negoziati per la formazione di un governo di unità nazionale nel pieno della crisi del nuovo coronavirus. Gantz, che ha condotto tre campagne elettorali in meno di un anno contro Netanyahu, è stato eletto presidente della Knesset (il parlamento israeliano) giovedì scorso, 26 marzo, dopo essersi unito al primo ministro uscente in un’inaspettata inversione di tendenza. I due hanno parlato nella notte tra sabato a domenica sull’istituzione di “un governo di emergenza nazionale per gestire la crisi del coronavirus e altre sfide che lo Stato di Israele deve affrontare”, hanno indicato le parti in una dichiarazione comune. “Sono stati compiuti progressi significativi” e “durante la giornata si terrà un altro incontro per raggiungere un accordo finale”, si legge nel testo condiviso dal partito Likud (destra) di Netanyahu e dalla formazione centrista Kahol Lavan (Blu e Bianco) di Gantz. Tra i termini dell’intesa, anche la staffetta tra i due al vertice dell’esecutivo con i primi 18 mesi affidati a Netanyahu e dal settembre del 2021 quella di Gantz. Con la sua elezione a presidente della Knesset, Gantz dà ossigeno ai negoziati con il Likud che ricambia votandolo insieme ai partiti del blocco di destra. A questo punto si lavora alla spartizione delle poltrone: indiscrezioni di stampa sostengono che Israel Resilience avrà pari ministri dell’intero blocco di destra nonostante il numero nettamente inferiore di deputati.

Sempre secondo i media, a presiedere l’esecutivo per i primi 18 mesi sarà Netanyahu e al suo blocco di destra verrà data, tra le altre cariche, anche la presidenza del Parlamento che Gantz lascerà non appena verrà formato il governo. A lui infatti andrà il ministero degli Esteri, Yehiel Moshe Tropper sarà alla guida del dicastero della Giustizia e Gabi Ashkenazi alla Difesa; a settembre 2021 ci sarà  la rotazione della premiership e Gantz assumerà la guida del governo. 

“Bibi” insomma, resta in sella fino alla fine (o quasi) del 2021, per un periodo complessivo di dodici anni. E poi si vedrà. L’emergenza Coronavirus, con oltre 3mila casi in Israele e la morte di 10 persone, ha rappresentato l’evento scatenante che gli ha consentito di portare a casa questo trionfo politico che lo scorso anno sembrava impensabile.

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Ma non c’è solo la riconferma a capo del governo israeliano. La sua operazione è stata un autentico capolavoro, concordano gli analisti politici a Tel Aviv, pur dando a quel “capolavoro” differenti giudizi di merito. Ma nessuno mette in discussione che il premier più longevo nella storia d’Israele, in un colo solo ha mantenuto la guida del nuovo governo, per 18 mesi, certo, ma nella politica israeliana sono una eternità, e mandato in frantumi l’alleanza che per tre elezioni consecutive gli ha sbarrato la strada per la vittoria. La coalizione Blu e Bianco non esiste più. i due partiti anti-Netanyahu della coalizione Blu e Bianco, Yesh Atid guidato da Yair Lapid e Telem capeggiato da Moshe Ya’alon, hanno annunciato il passaggio all’opposizione, lasciando gli alleati di Israel Resilience , il partito di Gantz. La comunicazione è stata formalmente data nelle sedi di assemblea e in Aula c’è stato il voto contrario, insieme ai laburisti e alla destra nazionalista e laica, di Yisrael Beiteinunu dell’ex ministro della Difesa, Avigdor Lieberman

Rottura del fronte

Lapid ha spiegato che “la crisi causata dal coronavirus non ci dà il diritto o il permesso di abbandonare i nostri valori. Non si può strisciare in un governo del genere e dire che l’hai fatto per il bene del Paese”.  E ancora: “Ciò che si sta formando oggi non è un governo di unità nazionale e non è un governo di emergenza. È un altro governo di Netanyahu. Benny Gantz si è arreso senza combattere”.  “I risultati delle elezioni hanno dimostrato che Israele aveva bisogno di quell’alternativa come noi abbiamo bisogno dell’aria per respirare. Volevamo realizzare un cambiamento, creare una speranza, iniziare un nuovo percorso. E Gantz ha deciso di interromperlo”, ha concluso il fondatore di Yesh Atid, formazione centrista nata nel 2012 occupando un ruolo rilevante nel panorama politico con una precisa identità: contrastare Netanyahu. Adesso continuerà in questo impegno, trovando una sponda nel centrosinistra formato da laburisti, Meretz e Joint List (la coalizione di partiti arabi). Proprio i laburisti hanno accusato Gantz di aver perso tempo, quando avrebbero potuto assumere prima questa decisione di uscire dallo stallo.

Per l’ormai ex alleato Ya’alon, quello di Gantz è un suicidio politico. Ancora più dura in aula la laburista Merav Michaeli: “Volevi essere Yitzhak Rabin ma sei finito come un altro ex capo di Stato maggiore Shaul Mofaz, un uomo simpatico ma una caricatura di un politico che ha ceduto a Netanyahu e la cui carriera si è conclusa poco dopo”. Ma in politica, si sa, le affermazioni perentorie sono spesso “volatili”. Tant’è che il segretario del Labor, Amir Peretz, si è affrettato a dichiarare la disponibilità del suo partito a entrare nella coalizione di governo se “Netanyahu e Gantz apriranno alle nostre proposte nel campo economico e sociale”.

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“E’ stata sottostimata la capacità di resilienza di Netanyahu, abile nell’identificare le maglie deboli della coalizione centrista Kahol Lavan, nata per spodestare prima di tutto Netanyahu e senza una reale volontà di leadership da parte di Gant – dice  ad Agenzia Nova da David Khalfa, ricercatore associato presso l’Institut prospective et Sécurité en Europe (Ipse), specializzato in Medio Oriente,. Il partito di Gantz, Israel Resilience, ha adesso 15 seggi e dovrebbe ottenere la guida dei ministeri degli Esteri, della Difesa e della Giustizia. In particolare, guidando il dicastero della Giustizia, ha evidenziato l’esperto, “il partito di Gantz in tal modo difenderebbe la separazione dei poteri e il ruolo della Corte suprema”. “La guida del ministero della Giustizia affidata a Israel Resilience sembra, tuttavia, poco probabile. In caso contrario – ha aggiunto – Netanyahu, che si trova in una posizione di forza (visto che ha 36 seggi in parlamento rispetto ai 15 di Gantz), potrebbe accettare a condizione che il futuro ministro non gli sia ostile”. Infatti il processo a carico di Netanyahu su tre presunti casi di corruzione previsto il 17 marzo è stato rimandato sine die due giorni prima che si svolgesse proprio dal ministro della Giustizia, Amir Ohana, nel pieno dell’emergenza coronavirus. Per Khalfa, “Netanyahu, inoltre, non sarà totalmente dipendente da Gantz e manterrà i suoi rapporti con i partiti della destra religiosa. Netanyahu ha capito che doveva mantenere unita la sua base di sostegno, gestendo anche bene i media, ed è riuscito alla fine anche a dividere l’opposizione”.” L’incapacità di superare l’impasse e formare un governo e la necessità di fronteggiare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del coronavirus hanno spinto Gantz a dare prova di pragmatismo, invece che di rispetto della morale”, ha osservato Khalfa. Il generale in congedo “ha preferito il pragmatismo, anche a costo di dividere la coalizione” Kahol Lavan, ha proseguito l’esperto, sottolineando come Gantz abbia compreso di non poter superare lo stallo “senza scendere a compromessi”.

La scelta di Gantz è apparsa già chiara quando l’ex generale si è opposto alla candidatura di Meir Cohen, esponente di Yesh Atid, per la carica di presidente del parlamento, in quanto avrebbe impedito la formazione di un governo di unità nazionale con la destra. Nelle ultime settimane, infatti, erano circolate voci sulla possibilità di sostituire con Cohen l’ex presidente del parlamento, Yuli Edelstein del Likud, e agevolare l’approvazione di due progetti di legge (uno sul limite ai mandati della premiership e l’altro sull’impossibilità di guidare il governo in caso di processo penale pendente) che avrebbero messo all’angolo Netanyahu. Gantz è infine uscito allo scoperto autocandidatosi alla presidenza della Knesset, di cui è divenuto presidente con 74 voti a favore e 18 contrari. La scelta verso il pragmatismo di Gantz, aggiunge Khalfa, nasce anche dal fatto che gran parte dell’opinione pubblica, in piena emergenza coronavirus, vuole un governo di unità nazionale e non avrebbe accettato una nuova tornata elettorale. Secondo quanto riferito dall’emittente televisiva, “Channel 12”, è probabile che la coalizione di maggioranza avrà 78-79 deputati sui 120 della Knesset, il parlamento, appartenenti al Likud, Israel Resilence, partito laburista Yamina, Shas e Giudaismo unito della Torah. L’opposizione sarebbe, invece costituita da Yesh Atid, Yisrael Beiteinu di Avigdor Liberman, Meretz, Telem e la Joint List

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Il generale si difende

Gantz tira dritto e, prendendo la parola dopo essere stato eletto alla guida della Knesset, rivendica la scelta: “Ha vinto la democrazia”, afferma, celebrando quello che non è un giorno gioioso ma “importante”. ​”Prometto a tutti gli israeliani di fare la cosa giusta in questo momento”, aggiunge, assicurando che non scenderà a “compromessi sui principi per i quali hanno votato oltre un milione di cittadini”. 

Gantz si è detto dispiaciuto per la decisione di alcuni suoi alleati di separarsi da lui, ma ha ribadito di non avere scelta. “Non sarò io quello che non fa lo sforzo per impedire che continuino per almeno un altro anno i danni inferti allo stato di diritto. Non sarò io quello che non fa di tutto per evitare un quarto turno di elezioni. Non sarò io quello che si rifiuta categoricamente di mettersi in gioco e fare la propria parte in uno stato d’emergenza. Io e i miei colleghi faremo ogni sforzo per formare un governo d’emergenza nazionale. Affronteremo la crisi sanitaria. Districheremo il Paese dal trauma economico che sta vivendo e ci adopereremo per sanare le ferite di odio che ci stanno lacerando dall’interno. Tutti parlano delle promesse fatte in campagna elettorale, ma c’è una promessa che non infrangerò mai: Israele viene prima di ogni altra cosa”.

Sarà. Intanto, però, “Bibi” resta sul “trono”.  Il “Re” non abdica. E 18 mesi sono lunghi…

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