Allarme per il Papa a Sarajevo
Top

Allarme per il Papa a Sarajevo

Il recente attentato terroristico di Zvornik fa salire l’inquietudine sulla visita di Francesco. Il capo degli 007: ci sono terroristi infiltrati nello Stato e nei partiti.<br>

Allarme per il Papa a Sarajevo
Preroll

redazione Modifica articolo

4 Maggio 2015 - 19.43


ATF

L’attacco terroristico alla stazione di polizia di Zvornik, in cui un poliziotto è stato ucciso e altri due feriti da un wahabita che gridava “Allah è grande”, fa aumentare soprattutto in Croazia le preoccupazioni per la sicurezza di Papa Francesco, che si accinge a visitare la Bosnia Erzegovina il 6 giugno prossimo. Soprattutto nella Federazione, la religione assume una dimensione fortemente identitaria e cattolico significa essenzialmente croato, di qui gli inviti che si infittiscono a Zagabria perchè il pontefice rinvii la visita.

Numerosi analisti ritengono inequivocabilmente chiaro che l’aggressione di Zvornik porti il marchio dei servizi di “intelligence”, tanto più perché, ricorda, è stata possibile nonostante le ripetute segnalazioni della possibilità di attacchi terroristici ed è comunque evidente che vi sono state gravi lacune nella lettura della radicalizzazione islamista, dicono gli osservatori, aggiungendo che all’organizzazione della visita del Papa non partecipa solo le spie bosniache: “Questo è un progetto seguito interamente dalla comunità internazionale della sicurezza , ed anche per questo è molto difficile che subisca un rinvio – dice il professor Mirko Bilandzic- per Papa Francesco la paura non funziona, anzi lui considera come missione quella di andare incontrare la paura. Diverso fu il caso di papa Giovanni Paolo secondo, che annullò una prima volta la sua visita perché il quel momento in Bosnia i rischi erano altissimi. Nelle condizioni di allora, molto peggiori delle attuali, era impossibile controllare la sicurezza , mentre adesso non ho dubbi che nel corso della visita di Francesco a Sarajevo certe condizioni saranno soddisfatte”. Nel caso di Zvornik sono apparse evidenti le gravi carenze dei servizi di di sicurezza Bosnia-Erzegovina, ma alla protezione della visita del Papa non partecipano solo i bosniaci, conclude l’esperto.

Leggi anche:  L'allarme della Spagna: la guerra a Gaza e in Ucraina aumenta i rischi di terrorismo

I viaggi papali vengono preceduti da un grande lavoro preparatorio sulla sicurezza, soprattutto quando le visite si svolgono in regioni ad alto rischio geo-strategico come la Bosnia, non solo a causa della guerrra ancora piuttosto recente ma anche per il fatto che questa comunità multi-confessionale registra forti attività radicali di circoli islamici, come la comunità wahhabita di Gornja Maoca. Lungo tutto il mese di aprile, per esempio, le forze di sicurezza italiane hanno dimostrato grande attenzione e preoccupazione quando hanno smantellato un circolo terrorista islamico con sede in Sardegna, arrestando 18 persone che secondo gli investigatori, intendevano compiere un attentato in Vaticano.

 Il ministro degli Affari civili bosniaci, Sredoje Novic, che proviene da una lunga esperienza nei servizi di “intelligence” jugoslavi, invece non è del tutto tranquillo: “Nelle strutture politiche della Bosnia-Erzegovina si è posizionato un buon numero di persone che hanno sostenuto anche in maniera diretta le strutture di potenziali terroristi”, dice, spiegando che l’agenzia federale di “intelligence” da ben cinque anni fornisce al potere politico informazioni sul modo in cui molti estremisti si infiltrano nei partiti e nelle istituzioni governative, ma questa attività di segnalazione ha condotto a nulla: “Le autorità non hanno mosso un dito per evitare tutto questo”, conclude.

Leggi anche:  L'Isis rivendica ancora la strage di Crocus: questa volta l'annuncio sembra più attendibile

b
Il generale in pensione Mate Lausic si mostra invece più ottimista: ” La visita di Papa Francesco non verrà annullata perché questa sarebbe già una vittoria per i terroristi e una grande sconfitta tutti coloro che vogliono la pace in Bosnia, e fra questi il Papa è certamente uno dei primi “, afferma. Lausic fu fra gli esperti di sicurezza che contribuirono prima a far rinviare e poi a proteggere le visite di Giovanni Paolo II nel 1994 e nel 1998.

“Adesso, quello di creare una cornice di sicurezza per la visita di Papa Francesco è stato un lavoro particolarmente impegnativo perché sin dall’inizio del suo mandato il Pontefice ha insistito sul ridurre la protezione: lui rifiuta la “papamobile” blindata e spesso va tra la gente e questo rende tutto più difficile. Quando il Papa atterrrerà a Sarajevo la sua sicurezza sarà garantita al 90 per cento ma il rimanante 10 dipenderà da quello che si vedrà per le strade. Sicuramente però si si è rafforzata la collaborazione fra servizi di “intelligence”, ed uno scambio di dati che riguarda non solo la Bosnia ma tutta la regione balcanica. Oggi le distanze geografiche non significano molto, Nigeria, Africa, Medio Oriente si trovano tutte nel nostro quartiere. Il Papa sarà a Sarajevo ma la sua difesa passa da Zagabria e Belgrado e Roma e Istanbul. Solo in questo modo si possono fermare le possibili minacce”.

Leggi anche:  Da Mosca al Medio Oriente affoga nel sangue la presunta vittoria

Fonte:T-Portal

Native

Articoli correlati