I mondiali della vergogna: presidente Infantino 'Cca' nisciun è fess'
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I mondiali della vergogna: presidente Infantino 'Cca' nisciun è fess'

Una conferenza stampa tutta all’attacco. Ha parlato per un’ora il presidente della Fifa, Gianni Infantino, alla vigilia della partenza dei mondiali.

I mondiali della vergogna: presidente Infantino 'Cca' nisciun è fess'
Gianni Infantino, presidente della Fifa
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19 Novembre 2022 - 14.03


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Va bene che la migliore difesa è l’attacco. Ma se poi finisci per sparare una bordata di incredibili asserzioni che confliggono clamorosamente con la realtà, allora l’attacco si trasforma in un gigantesco autogol. 

L’autogol di Infantino

Una conferenza stampa tutta all’attacco. Ha parlato per un’ora il presidente della Fifa, Gianni Infantino, alla vigilia della partenza dei mondiali. Sessanta minuti per rispondere alle numerose critiche di questi anni, e in particolare dell’ultimo periodo, per i mondiali in Qatar, in particolare per le violazioni dei diritti umani.
Si è capito subito che non sarebbe stata una conferenza stampa di routine.


“Oggi mi sento qatarino – ha detto Infantino -. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento un lavoratore migrante.


Io sono figlio di un lavoratore migrante. I miei genitori hanno lavorato molto duramente, e in condizioni molto difficili. In Svizzera.  E io lo ricordo molto bene. Ricordo le condizioni di lavoro dei migranti in Svizzera. Ho i ricordi di un ragazzo di come venivano trattati i lavoratori migranti.
Quando sono stato eletto presidente della Fifa, sono venuto qui in Qatar a vedere come venivano trattati i lavoratori migranti.


Ovviamente io non sono qatarino, non sono arabo, africano, gay, lavoratore migrante. Ma so cosa vuol dire essere discriminato. Io sono stato bullizzato”.

Infantino si toglie molto più di qualche sassolino: 
“In questi anni abbiamo assistito, da molte parti, a lezioni di morale. Di doppia morale. Da parte di europei, di cittadini occidentali.


Eppure sono gli europei che dovrebbero scusarsi per quello che hanno fatto nel mondo negli ultimi 300 anni.
Allora dobbiamo chiederci dove stiamo andando? Il Qatar ha dato opportunità di lavoro a migliaia di lavoratori. Noi nel mondo occidentale, invece, chiudiamo i confini. Noi non permettiamo l’ingresso nei nostri Paesi in maniera legale. E spesso i migranti vivono in condizioni che non sono certo le migliori.
Per questo molti migranti sono costretti a cercare strade non legali per arrivare in Europa. E solo pochi sopravvivono. Così come sono pochi quelli che davvero si occupano dei destini di queste persone, e in particolare di quello dei bambini. Il Qatar dà loro un futuro. 
Queste lezioni morali fatte con uno sguardo unilaterale è ipocrisia. Ipocrisia è quando tu pensi di dare lezioni morali a qualcun altro ma non fai abbastanza”.

“Bisogna capire che le pressioni sono negative. Le relazioni sono positive. Noi non reagiamo alle pressioni. Noi agiamo quando riteniamo che sia il momento di agire.
Ad esempio, voi pensate che noi possiamo andare in Inghilterra e in Italia a dire che devono compensare i lavoratori migranti?
Qui in Qatar ci sono compensazioni legali, perché i lavoratori sono legali. In caso di incidenti, ogni lavoratore ha diritto a una compensazione. Ma non perché qualcuno dice al Qatar cosa fare. Ma perché la compensazione è dovuta per legge”.
Dopo l’attacco, il presidente della Fifa prova a passare alla parte propositiva, per dimostrare che l’organizzazione del mondiale del calcio ha dato un contributo al miglioramento delle condizioni in Qatar: “Posso annunciare che su questo tema sono attive 3 iniziative. Prima di tutto c’è un Ufficio Permanente per occuparsi dei lavoratori dei migranti. Secondo – lo ribadisco – le compensazioniper i lavoratori migranti esistono.
E poi abbiamo deciso come Fifa di istituire un Fondo. L’ammontare sarà una percentuale degli incassi derivanti dai Mondiali. E utilizzeremo questo fondo prima di tutto per progetti di istruzione. E in particolare per l’istruzione delle ragazze e delle donne.
Inoltre da tempo stiamo discutendo con l’Organizzazione internazionale del Lavoro. Stiamo lavorando a un memorandum per condividere le migliori pratiche per i lavoratori migranti. E per rendere la loro vita migliore”.

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Una delle principali critiche per la scelta del Qatar riguarda le restrizioni per la comunità Lgbtq+.
“Ho parlato di questo tema più volte con le autorità del Qatar. E qui ognuno è benvenuto. Certo, puoi preferire stare a casa a criticare perché qui non è permesso vivere in pubblico la propria omosessualità. Ma è un processo. Che richiede anni.
Se io avessi chiesto a mio padre, probabilmente avrebbe avuto una opinione diversa dalla mia. Così come sicuramente mio figlio ha una opinione diversa dalla mia.
Proviamo a convincere gli altri costruendo relazioni, aiutando, non dividendo, ma piuttosto unendo”.

Non ha tralasciato poi i temi di più stretti attualità, come quella dei “tifosi finti”: ovvero persone pagate dal regime del Qatar per fronteggiare un calo del numero delle presenze come conseguenza del boicottaggio. Pensare che un indiano, un asiatico, non possano tifare per un’altra squadra è razzismo– ha risposto Infantino -. Ognuno nel mondo ha il diritto di tifare per chi vuole”. 
E allora Infantino lancia un appello: “Dobbiamo aiutare a creare un clima non di aggressione, ma di comprensione”. 

Abbiamo riportato pressoché integralmente i passaggi chiave del presidente della FIFA, perché parlano da soli. E raccontano di una presidenza del calcio mondiale in palese difficoltà. Alla quale reagisce inanellando una serie di affermazioni che sono un insulto all’intelligenza oltre che una falsificazione storica di proporzioni stratosferiche. E questo alla vigilia dell’apertura, domenica sera dei mondiali.

Globalist in campo

In questa seconda puntata del nostro “contro mondiale”, ci fanno da compagni di squadra due giornalisti di spessore e ben documentati.  Scrive Antonio Martelli per lapresse.it: “Non è tutto oro quel che luccica. A poche ore dal via della Coppa del Mondo in Qatar,l a prima storica edizione nel mondo arabo, restano alcuni temi irrisolti in un paese dove sono ancora evidenti il mancato rispetto dei diritti dei lavoratori migranti, così come la discriminazione verso la comunità Lgbtq+ e dove le donne vivono ancora in una condizione non certo di eguaglianza rispetto agli uomini. Ma d’altronde i Mondiali in Qatar hanno fatto discutere fin dal momento dell’assegnazione dodici anni fa, si è addirittura deciso di stravolgere il calendario internazionale facendo giocare il torneo in inverno per la prima volta nella storia e senza parlare delle voci di corruzione all’interno del Comitato Esecutivo della Fifa allora guidato dal discusso presidente Sepp Blatter.

Un’inchiesta di France Football rivelò come l’allora presidente Nicolas Sarkozy fece pressioni su Michel Platini, all’epoca presidente della Uefa, per l’appoggio al paese mediorientale in cambio di futuri massicci investimenti dell’emirato in Francia, anche nel mondo dello sport e del calcio in particolare con l’acquisto del Paris Saint-Germain.  Proprio la stampa internazionale, insieme alle Ong, ha avuto un ruolo importante per denunciare quando è avvenuto a Doha. Nel corso degli anni reportage e inchieste giornalistiche hanno rivelato come per rispettare i tempi di consegna degli stadi e delle infrastrutture è stato pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane, così come sono emerse le continue violazioni dei diritti umani soprattutto nei confronti dei lavoratori migranti. In questi giorni che precedono l’inizio della Coppa del Mondo i social sono già pieni di video in cui si vedono giornalisti a cui viene impedito di svolgere il loro lavoro e dall’altro lato un tentativo di dare una immagine di festa e di attesa per uno degli eventi sportivi più seguiti al Mondo. In particolare è emerso da una serie di inchieste come il Qatar stia pagando tifosi di diverse nazionali per partecipare gratuitamente alla Coppa del Mondo in cambio di post positivi sui social media. Si parla di voli pagati, alloggio, biglietti per le partite in cambio di una pubblicità positiva per il Qatar. Il tutto nel silenzio della Fifa e del suo presidente Gianni Infantino, che meno di un mese fa ha invitato con una lettera alle Federazioni ad evitare strumentalizzazioni.

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“Concentriamoci sul calcio”, ha scritto il numero 1 del calcio Mondiale che teme proteste e prese di posizioni da parte delle 32 nazionali che prenderanno parte al torneo. Nei mesi scorsi nazionali come Inghilterra, Germania, Olanda e Francia (anche se Lloris potrebbe non farlo) hanno annunciato che faranno indossare durante il torneo in Qatar una fascia di capitano su cui sarà presente il disegno della campagna ‘One Love’, che riprende (con alcune differenze anche cromatiche) la bandiera arcobaleno simbolo della lotta Lgbtq+. Alla Danimarca è stato impedito di indossare una maglia di allenamento con un messaggio a favore del rispetto dei diritti umani. I calciatori saranno senza famiglie al seguito per evitare di “contribuire ai profitti del Qatar”. La Federazione australiana (Ffa) ha pubblicato su tutti i suoi canali social un video di protesta contro le politiche di gestione dei lavoratori del paese del Golfo Persico e soprattutto contro la legge che vede l’omosessualità come un reato punibile. “La lezione che può dare questa coppa del Mondo in Qatar è che servono criteri diversi e più stringenti per l’assegnazione di grandi aventi sportivi per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani e la lotta ad ogni forma di discriminazione”, ha detto a LaPresse Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia.

“E’ secondo noi una occasione sprecata, perché l’idea che il Mondiale si giochi per la prima volta in un paese arabo è una cosa impostante ma la Fifa sapeva benissimo le problematiche che ci sono. Aldilà delle dichiarazioni di circostanza – aggiunge – c’è un chiaro problema di mancato rispetto della libertà di stampa, di discriminazione verso le comunità Lgbtq + e di mancata eguaglianza per quanto riguarda le donne”. “Se qualche atleta prenderà posizione sarà importante, ogni gesto pubblico, ogni parola può essere utile per sottolineare l’importanza di questi temi”, prosegue Noury. Uno dei temi maggiormente dibattuto è quello relativo alle migliaia di lavoratori migranti morti nei cantieri per la costruzione sia degli stadi che di altre infrastrutture legate ai Mondiali, un dramma sempre negato dal governo locale. “Il numero esatto dei lavoratori morti non lo sapremo mai, la stima del Guardian di 6500 è spaventosa e potrebbe anche essere incompleta perché riguarda lavoratori che arrivano solo da 5 paesi. Questa minimizzazione è ridicola, noi abbiamo alla Fifa chiesto di istituire un fondo di 440 milioni per le famiglie dei migranti morti”, ricorda Noury. Una richiesta al momento non raccolta dal massimo organo di governo del calcio Mondiale. “Siamo preoccupati perché 12 anni (dall’assegnazione, ndr) sono trascorsi invano e questo Mondiale rischia di lasciare una eredità in negativa, alla fine ha prevalso l’aspetto economico con il trionfo dello sportwashing”, conclude Noury”.

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Il vanto di Doha

Ne scrive su Internazionale Francesca Gnetti.: “[…]. Doha si è vantata di voler organizzare i primi mondiali che dovrebbero raggiungere la neutralità carbonica, ma gli esperti non sono convinti che sia possibile. Un articolo dell’Associated Press precisa che nei dodici anni precedenti alla competizione, il Qatar si è lanciato in un’attività edile senza pari. Ha costruito sette degli otto stadi destinati alle partite, una nuova rete di metropolitana, autostrade, grattacieli e Lusail, una città futuristica sulla costa orientale, dove fino a dieci anni fa non c’era altro che sabbia del deserto. Inoltre gli stadi saranno rinfrescati con un sistema di aria condizionata all’aperto, gli 1,2 milioni di tifosi attesi saranno dissetati grazie a impianti di desalinizzazione che renderanno potabile l’acqua dell’oceano e in migliaia saranno alloggiati nella vicina Dubai e in altre città del Golfo perché negli alberghi qatarioti non ci sono abbastanza posti. Saranno trasportati in aereo a vedere le partite. 

Gli organizzatori sostengono però che l’evento può contare anche alcuni elementi “verdi”: ottocento nuovi autobus elettrici, seimila alberi, 700mila arbusti nei vivai e un nuovo impianto di energia solare da 800 megawatt. Inoltre promettono che le emissioni saranno compensate investendo in progetti di energia rinnovabile, che però secondo gli esperti potrebbero rivelarsi poco efficaci.  Un articolo di Republik mette anche in dubbio l’idea che gli stadi costruiti per i mondiali possano essere riciclati, riconvertiti e riutilizzati, come prevede il progetto iniziale. Le strutture hanno forme evocative: lo stadio Education city dovrebbe ricordare un tradizionale copricapo femminile, l’Al Thumama uno maschile, poi c’è una tenda dei nomadi, un’antica ciotola, che però potrebbe essere anche una lanterna, e una duna di sabbia, che è anche uno scudo. Il materiale di alcuni stadi dovrebbe essere usato per costruire nuovi edifici in paesi in via di sviluppo, altri invece dovrebbero essere trasformati in alberghi o centri commerciali. Ma i costi per realizzare questi progetti sono molto alti, commenta Republik, e molte decisioni non sono ancora state prese. 

A essere incerto in realtà è il successo di tutta l’operazione. Il Qatar ha puntato molto su un evento che avrebbe dovuto suggellare la sua affermazione sulla scena internazionale, ma le oscure manovre e le palesi violazioni dei diritti dei lavoratori stranieri che l’hanno accompagnato hanno suscitato le condanne internazionali. Tanto che si parla sempre di più dell’opportunità di boicottare l’appuntamento sportivo. […]I grandi eventi potrebbero anche servire a inchiodare i regimi alle loro responsabilità, essere l’occasione per imporre ai governi autoritari il rispetto per i diritti dei loro cittadini o degli stranieri che lavorano nel loro paese. Ma se manca la volontà politica, schiacciata dal profitto e dai calcoli strategici, allora diventano solo delle vetrine vuote. Il riflesso di un mondo in cui gli affari valgono più della vita delle persone”.

Conclusione non potrebbe essere migliore.

La nostra postilla riprende la vecchia saggezza napoletana immortalata dall’indimenticabile Antonio De Curtis, in arte Totò:  Presidente Infantino “Cca’ nisciun è fess”.

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