Brasile, il racconto di un giovane italiano che ha vissuto la drammatica alluvione che ha colpito il Paese
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Brasile, il racconto di un giovane italiano che ha vissuto la drammatica alluvione che ha colpito il Paese

Da un inferno di “acqua e fango” mio figlio, un giovane studente interculturale, racconta il dramma di un’intera regione attraverso i suoi occhi di diciassettenne.

Brasile, il racconto di un giovane italiano che ha vissuto la drammatica alluvione che ha colpito il Paese
Rio grande do sul
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22 Maggio 2024 - 15.35 Culture


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di Lorenzo Lazzeri

Buongiorno Edoardo, sono tuo padre. Oltre a sapere come stai e al piacere di sentirti vorrei che tu raccontassi, per i lettori del giornale con il quale collaboro, la situazione che ti trovi a vivere. Innanzitutto, come mai sei in Brasile?

E’ mattina presto ed in teoria, tra poco, dovrei andare a scuola. Sono uno studente toscano, della provincia di Siena e studiavo in un Istituto di Arezzo. Sono partito con una borsa di studio di Intercultura nell’estate del 2023 insieme a mio fratello, per destinazioni differenti. Sin ora ho vissuto parte della mia esperienza nel Mato Grosso, un’area che un tempo era una foresta impenetrabile e ora è ridotta a soli campi agricoli con una bassa produzione; i terreni non sono molto produttivi con temperature e il tasso di umidità elevatissimi. Successivamente, mi sono spostato per un paio di mesi durante le vacanze scolastiche in una località marittima a nord, Porto Seguro. Dopo questo periodo ho effettuato un cambio famiglia e sono arrivato qui, dove mi trovo adesso. Le ragioni di questo viaggio esperienza scolastica, non sono propriamente linguistiche, ma sono un modo per acquisire competenze trasversali ed interculturali di comunicazione, utili nella vita adulta. Certo, una lingua in più oltre alle altre che parlo non fa mai male.

Come stai vivendo questo periodo e dove stai vivendo al momento?

Al momento vivo con una famiglia di imprenditori del mobile nella regione del Rio Grande do sul, colpita dal disastro. Sono fortunatamente in un’area collinare nella cittadina di Antônio Prado, che non è stata toccata direttamente dalle alluvioni, ma non ne è passata indenne. Smottamenti e crolli ci hanno privato degli approvvigionamenti di base, molte aree non hanno ancora l’elettricità né l’acqua corrente ormai da settimane. Fortunatamente alcune strade sono state recentemente ripristinate per permettere l’ingresso di cibo e carburanti per alimentare i pochi generatori dei più fortunati, ma le piogge continuano, così come lo stato d’emergenza.

Anche tu hai avuto problemi?

Tutti, più o meno, ne hanno avuti e si sono dovuti arrangiare, così anche noi, con la mia famiglia putativa, quando abbiamo saputo di essere rimasti isolati a causa di frane e crolli dei ponti, abbiamo iniziato a fare un inventario di quello che avevamo in casa, quanto carburante in auto, quanto cibo, per capire come usarlo al meglio, anche con un’auto razionamento. Poi la pioggia è continuata, l’elettricità è andata via, l’acqua non arrivava, internet e la telefonia erano assenti da molte zone. È brutto non riuscire ad avere notizie, non sapere cosa fare, la sensazione è quella di essere stati abbandonati, in pericolo. Ci chiedevamo se ci sarebbe bastato il cibo, l’acqua, e come avrei fatto con la scuola? Fortunatamente siamo stati in grado di far funzionare una vecchia radio a transistor trovata in un armadio solo per sapere che tutto lo stato era stato devastato e che la stessa capitale era sott’acqua per diversi metri. Con l’auto abbiamo raggiunto la casa dei genitori del mio padre ospitante, che vivono quasi “off grid”, e che fortunatamente hanno un generatore, pannelli fotovoltaici e internet satellitare. Ci siamo così accampati a casa loro, portando tutto quello che potevamo condividere e finalmente ho potuto contattare anche la mia famiglia in Italia.

Quanto tempo siete stati fuori casa?

Quasi due settimane, abbiamo dormito su materassini da campeggio in salotto, e nei brevi momenti che non pioveva, andavo in giro a vedere cosa era successo. Ho raggiunto a piedi il centro abitato e lì ho trovato alcuni miei compagni di scuola che aiutavano con le idrovore a svuotare gli scantinati. Ho visto cosa stava accadendo, pensare che un litro di benzina veniva venduto a dieci volte il normale. Ho visto strade franate che solo erano solo in parte utilizzabili grazie al lavoro delle ruspe che hanno ripristinato una viabilità d’emergenza. Noi comunque siamo stati fortunati, molte persone non hanno più casa, la capitale Porto Alegre è sommersa disastrata e sta ancora piovendo.

L’aeroporto della capitale è chiuso e stimano che non sarà aperto almeno fino a metà di settembre. Le notizie che arrivano sono sconfortanti, 150 morti accertati, di altre persone non si sa più nulla, trascinate via dalle acque, ma ancor più grave, si parla di oltre mezzo milione di persone rimaste senza casa, le attività industriali sono state bloccate, danneggiate o distrutte. Credo che ci vorranno anni per tornare alla normalità.

Tu credi che ci riusciranno?

Nella mia zona, sicuramente, qui hanno una mentalità ibrida; molti parlano quella che tu stesso  definisci un’interlingua fossilizzata, un misto di veneto di fine Ottocento e brasiliano. Di fatto, questa cittadina sembra costruita sul modello del nord Italia e i suoi abitanti sono capaci di tirarsi su le maniche e lavorare insieme per il bene comune. Mentre la mentalità puramente brasiliana, quella delle persone meno colte, è più menefreghista, chiusa intorno alla famiglia con un concetto molto differente di amicizia da quello che vediamo in altre parti del mondo.

Tra quanto tornerai in Italia?

Teoricamente a fine giugno dovrei rientrare, ma sinceramente non so come potrò raggiungere l’aeroporto di Rio, ma sto prendendo in considerazione di raggiungere mio fratello. Credo che una volta terminato il programma Intercultura, preparerò tutti i documenti e andrò a vivere a Mar del Plata con lui e togliermi da quest’inferno di acqua e fango dove mi trovo.

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