La danza macabra dei negazionisti
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La danza macabra dei negazionisti

Ci vogliono liberare dal governo Conte, l’arcigno dittatore, che in combutta con non meglio identificati poteri forti ha ridotto in schiavitù il popolo e lo ha venduto alle potenze plutocratiche di Bruxelles.

Negazionisti di estrema destra
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

9 Ottobre 2020 - 19.17


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Si potrebbe anche non parlarne, perché, alla fine potrebbe essere anche un flop clamoroso, ma le didascalie che accompagnano la Marcia della Liberazione, convocata per il 10 di ottobre a Roma in Piazza San Giovanni, luogo simbolico delle masse progressiste, impongono qualche riflessione a noi, che della Sinistra facciamo ancora parte.

Da che cosa vorrebbero liberarci gli organizzatori, fra cui spiccano i nomi dei meglio post-intellettuali, pensatori (?) che si definiscono marxisti e gramsciani ma fondano partitini di estrema destra, frequentatori assidui dei talk show, i quali comodamente assisi sulle comode poltrone degli studi televisivi straparlano di operai, sfruttati, e li chiamano alla rivolta, con il cipiglio leninista del capo rivoluzionario? Ma non ci sono solo pop filosofi come Fusaro, perché l’allegra combriccola comprende un comico in pensione come Montesano, una figlia d’arte come Rosita Celentano e Sara Cunial le cui arringhe no vax risuonano ancora nelle aule del Senato della Repubblica.

Per intanto ci vogliono liberare dal governo Conte, l’arcigno dittatore, che in combutta con non meglio identificati poteri forti ha ridotto in schiavitù il popolo e lo ha venduto alle potenze plutocratiche che hanno sede a Bruxelles. A questa preliminare considerazione seguono una serie di No, perentori e drastici: fuori dall’Euro, morte al neoliberismo che affama il proletariato, e infine la richiesta più innovativa e mai ascoltata prima d’ora, basta con il mercato che regola le vite dei poveracci, stritolati dal capitale.

Tutto giusto, tutto chiaro, grondante di verità assolute, proprio quelle che a noi, spiriti malinconici e un po’ disincantati, mancano tantissimo. Eppure nel pastiche linguistico e ideologico che tiene insieme negazionisti, neofascisti, sovranisti, antieuropeisti, omofobi, integralisti cattolici e nostalgici dello zar (forse), qualcosa che forse dovremmo prendere sul serio compare, anche se nella jungla postmoderna di pensieri e idee prive di una visione coerente è difficile orientarsi.

Cosa chiedono i liberazionisti? Cose di sinistra? Più Stato e meno mercato, aumento dei salari, reddito minimo garantito di 1.000 euro, il controllo statale sul sistema bancario e sulla sanità, e per finire il blocco del 5G. Slogan, si potrebbe concludere, parole in libertà senza nessun fondamento reale, aria fritta e armamentario vetero novecentesco, libro dei sogni ad uso e consumo dell’esercito sempre più numeroso degli scontenti e dei frustrati, che la pandemia ha ulteriormente accresciuto.

Quindi da una parte il principio di realtà, rappresentato da Conte e dal suo governo, facilmente attaccabile perché nel caos sanitario è praticamente impossibile soddisfare le esigenze legittime ma contraddittorie della sicurezza, della vita con il mantenimento dei diritti e delle libertà fondamentali. Dall’altra il principio del piacere, il richiamo a una liberazione che odora di individualismo trumpiano, nel quale chi si ammala può tranquillamente crepare nella massima libertà.

E c’è dell’altro. Di quale Stato parlano i liberazionisti? Perché se vogliamo più Stato allora non possiamo organizzare marce contro un Governo che agisce e prende provvedimenti; ma il dubbio che ci infastidisce è un altro. Forse lo Stato di cui parlano è quello nel quale questi signori avrebbero il Potere che ora, per nostra fortuna, non hanno.

All’elenco dei negazionisti si è aggiunto anche il neo convertito Sgarbi, che ha fatto affiggere sui muri del Comune di Sutri, di cui è Sindaco, una specie di proclama delirante a sfondo religioso che si conclude con un invito e una certezza: “Cittadini, siate liberi. Dio è con noi.”

Come non pensare che il famoso critico d’arte si stia divertendo a giocare, a rendere ridicolo qualcosa che invece preme sulle nostre esistenze? Una specie di danza macabra che vorrebbe esorcizzare l’angoscia che ci attanaglia in questo tiepido autunno.

L’impostura è tutta qui. Mettere in contrapposizione la vita biologica e la libertà, come se fossero opzioni incompatibili, come se si trattasse di scegliere a favore dell’uno o dell’altro. Sono questioni serie e per affrontarle occorre essere seri e adulti; tuttavia hic Rodhus, hic salta, bisogna accettare la strettoia tragica in cui ci troviamo, viverla fino in fondo nella piena libertà, lasciando le scappatoie adolescenziali a chi ha ancora voglia di scherzare e di giocare con l’estremismo futile e infantile.

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