Il disegno di Di Maio per consolidare Draghi: svuotare M5s e trasformarlo nel partito di Conte (con pochi fedeli)
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Il disegno di Di Maio per consolidare Draghi: svuotare M5s e trasformarlo nel partito di Conte (con pochi fedeli)

Il ministro lavora per lasciare Conte con pochi fedeli e raccogliere i voti della maggioranza parlamentare del M5S, consegnando a Draghi una maggioranza che il Presidente possa considerare ancora di unità nazionale.

Il disegno di Di Maio per consolidare Draghi: svuotare M5s e trasformarlo nel partito di Conte (con pochi fedeli)
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18 Luglio 2022 - 16.37


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di John Morris

Alza il telefono, organizza le truppe, convince, coordina, prepara il terreno, avverte gli alleati.
Anche in questa crisi di governo Luigi Di Maio sta facendo quello che in troppi nel palcoscenico dei partiti italiani avevano smesso di fare: politica sul serio, come si faceva tanti anni fa, quando forse Giggino’ non era ancora nato.

O almeno quella raccontata nei romanzi alla House of cards ma anche nei libri di storia, di una realtà che sembra ormai lontana, quando nel nostro Paese, nei momenti più difficili i fili dei più importanti cambiamenti politici venivano mossi da coloro i quali, più di altri, erano capaci, nella grande arte della mediazione, della strategia, del compromesso e del “mercantaggio”.

Certo bisogna averne le qualità, e probabilmente il fatto che questo aspetto della politica sia quasi ostracizzato dipende proprio dal fatto che pochi le hanno.
Un’uva che è diventata acerba perché troppe volpi non riescono ad arrivarvi.

Ma oggi come non mai ce ne è bisogno e Di Maio, cresciuto orami a pane, politica e Farnesina, lo sa e in questi giorni tenta il colpo finale della sua scissione: lasciare Conte con pochi fedeli e raccogliere i voti della maggioranza parlamentare del M5S, consegnando a Draghi una maggioranza che il Presidente possa considerare ancora di unità nazionale.

D’altronde il ministro degli esteri deve farsi perdonare. Pare infatti che i tempi della sua scissione, che è stata un po’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso, non fossero per nulla apprezzati da Draghi, che anzi pare gli avesse chiesto di rimandare. Ma in quei giorni Gigino aveva le spalle al muro, sapeva che Conte stava pianificando l’uscita dal governo.

E così lo stesso Di Maio che nei giorni del Quirinale si era caricato sulle spalle la candidatura del Premier per il Colle più alto, adesso ancora una volta si accredita come primo alfiere di re Mario. E chissà in quante altre partite da qui in futuro lo vedremo sussurrare alle orecchie e smistare pizzini.

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