Dall'Arabia all'Africa: Matteo Renzi, il senatore giramondo. E al Senato lo soccorre la Casellati
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Dall'Arabia all'Africa: Matteo Renzi, il senatore giramondo. E al Senato lo soccorre la Casellati

Il senatore dei 5Stelle Gianluca Ferrara ha infatti presentato un’interrogazione urgente rivolta al presidente del Consiglio Mario Draghi. Ma è stata sospesa dal sindacato ispettivo

Casellati e Renzi
Casellati e Renzi
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Marzo 2021 - 16.30


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Renzi d’Arabia. Il caso non è chiuso. Anzi. Dopo Montecitorio, irrompe anche a Palazzo Madama. Il senatore dei 5Stelle Gianluca Ferrara ha infatti presentato un’interrogazione urgente rivolta al presidente del Consiglio Mario Draghi. Un atto impegnativo col quale si chiede di sapere “quali iniziative, anche normative, il Governo intenda intraprendere per assicurare l’indipendenza dei Parlamentari e dei membri del Governo e prevenire futuri casi di interferenza straniera o conflitti d’interesse con Paesi esteri”.
“In piena pandemia e in piena crisi di governo da lui stesso provocata – spiega a 
La Notizia Ferrara – Renzi è andato, dietro lauto compenso, in un Paese straniero. E ha omaggiato il sovrano saudita Mohammed bin Salman, che si è macchiato di gravi crimini di guerra in Yemen, commessi anche con le bombe italiane vendute proprio da Renzi nel 2016”. Ed è, questo, un altro aspetto che Ferrara fa emergere nel suo atto: “I rapporti tra il Sen. Renzi e Riyad – si legge nell’interrogazione – risalgono, almeno, al 2016. Quando il Governo da lui guidato autorizzava una fornitura per 19.675 bombe aeree Mk 80 – prodotte in Sardegna dalla RWM Italia.  Proprio all’Arabia Saudita. Dopo che le Nazioni Unite avevano condannato i bombardamenti indiscriminati della Royal Saudi Air Force su obiettivi civili in Yemen”.

L’interrogazione riguardante il caso Renzi, a quanto pare, è stata bloccata. La storia singolare dell’atto “scomparso” la racconta a La Notizia direttamente Ferrara: “Io ho presentato un’interrogazione d’urgenza al premier Draghi sottoscritta da 18 colleghi. Purtroppo ho saputo che non è stata annunciata. Mai accaduto prima. Ho telefonato al sindacato ispettivo per ricevere chiarimenti e mi ha informato che la presidenza l’ha sospeso per via ‘dell’argomento trattato’”. 

Il senatore pentastellato, però, non ha alcuna intenzione di mollare: “Ho quindi chiamato la segreteria della Casellati – spiega – per ricevere delucidazioni che mi ha risposto che sarei stato contattato dal segretario particolare o dalla stessa presidente. Per adesso non ho ricevuto nessun tipo di segnale da parte loro”.

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Conflitto d’interessi

Scrive su Elle Corrado Formigli: 

“Ci sono alcune semplici ragioni per le quali, sulla vicenda saudita, Matteo Renzi dovrebbe fare chiarezza. L’aver partecipato alla conferenza annuale a Riyadh realizzando una memorabile intervista al principe Mohammed bin Salman, nella quale gli porgeva enfaticamente la parola elogiando il “rinascimento saudita”, pone infatti diversi interrogativi. Il primo riguarda il suo compenso, pari a 80mila dollari l’anno per far parte del board dell’FII, organismo controllato del fondo sovrano arabo. 

A che titolo il senatore Renzi percepisce quel denaro? È vero che il regolamento del Senato non lo proibisce. Ma ci troviamo di fronte all’unico caso in Occidente di un ex premier che faccia il conferenziere a pagamento esercitando ancora il ruolo da parlamentare, per il quale – ricordiamolo – viene pagato oltre 15mila euro netti al mese. I nostri rappresentanti sono retribuiti per rappresentare gli interessi italiani nel mondo. Siamo sicuri che ciò sia avvenuto a Riyadh? Renzi sottolinea i passi avanti dell’Arabia Saudita sui diritti umani e la partecipazione alla guerra contro l’Isis. Dimentica di citare l’assassinio e la macellazione del giornalista Kashoggi, critico del regime saudita, avvenuta nel consolato saudita di Istanbul nel 2018 e la cui responsabilità diretta è stata attribuita dall’intelligence Usa a una squadra di sicari inviata da bin Salman. Oppositori incarcerati o uccisi. Decapitazioni, lapidazioni, bombe a grappolo sui civili nella sporca guerra yemenita. Nulla di tutto questo viene mai menzionato nell’apologetica intervista di Renzi al sovrano. 

È vero – prosegue Formigli – anche con i regimi più crudeli si intrattengono rapporti. Ma i nostri ambasciatori sono pagati esclusivamente dai contribuenti italiani, non ricevono parcelle dai Paesi nei quali agiscono. Insomma, Renzi è un lobbista per proprio conto o un senatore italiano (peraltro membro della strategica commissione Difesa) che fa gli interessi del suo Paese? Questa ambiguità va sciolta. E non con un’autointervista sbrigativa, come ha fatto qualche giorno fa. Sottoponendosi piuttosto alle domande della stampa. Come forse non si usa a Riyadh, ma da noi fortunatamente ancora sì

A inizio marzo il leader di Sinistra italiana e deputato di L’eU,  Nicola Fratoianni ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere a Matteo Renzi di chiarire in Parlamento i suoi rapporti con l’Arabia Saudita. A Montecitorio, la richiesta di fare luce sui rapporti del leader di Italia Viva con Riyadh è condivisa da diverse forze politiche. Il Movimento Cinque Stelle, ad esempio, oltre a chiedere a Renzi di rispondere alle domande sull’Arabia, rilancia la necessità di rendere la legge sul conflitto di interessi una priorità. Su questo fanpage.it ha intervistato Iolanda Di Stasio, deputata e capogruppo Esteri del Movimento.

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Matteo Renzi – chiede l’intervistatore – dice di aver già dato delle risposte nel merito sul caso Arabia Saudita e sui suoi legami con il principe ereditario Mohammad bin Salman attraverso l’auto-intervista pubblicata sul suo blog. Secondo voi basta a chiudere la questione? Quali sono le domande a cui il senatore ancora non ha risposto?

“I giorni trascorrono – è la risposta della parlamentare 5Stelle – e dal farsesco si sta passando all’imbarazzante. La sua auto-intervista non può bastare a chiudere la questione, soprattutto perché qui si sta parlando di un senatore che ha innescato – in piena emergenza nazionale – una crisi di governo andando a tenere conferenze, come nulla fosse, in uno dei luoghi più angusti al mondo per quel che concerne il rispetto dei diritti umani, definendolo addirittura ‘culla del Rinascimento’. Ricordiamo che il principe saudita Muhammad Bin Salman, appellato da Renzi ‘my friend’ e da cui ha ricevuto la lauta paga, secondo un rapporto della Cia sarebbe il mandante della barbara uccisione del giornalista dissidente Jamal Kashoggi. Dopo aver conosciuto il report degli Usa, Renzi conferma i suoi giudizi positivi su Bin Salman? E poi a proposito di Nuovo Rinascimento: approva le condizioni di donne, omosessuali, oppositori politici in Arabia Saudita? Ci piacerebbe tanto saperlo.”

E alla domanda se ritiene che Renzi dovrebbe dimettersi dal board di FII Institute di Ryad e se gli chiederete di farlo in Parlamento, Di Stasio risponde senza giri di parole: “Siamo di fronte ad uno scandalo che non può finire nel dimenticatoio: un rappresentante del popolo italiano si è recato in Arabia Saudita, a titolo personale e non per motivi diplomatici – intascando 80mila euro da un principe saudita, accusato dei peggiori crimini. Qui la situazione è chiara e inaccettabile: o Renzi si dimette da senatore o dal board saudita. Non esistono alternative”.

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Altre grane. 

Agnés Callamard, Special Rapporteur del Consiglio dei diritti umani dell’Onu, ha dichiarato che “Renzi con Bin Salman legittima l’Arabia Saudita responsabile del delitto Khashoggi”. 

Il deputato M5S Francesco Berti ha presentato il primo marzo, proprio a seguito di questi fatti, una proposta di legge sulla “incompatibilità alle cariche elettive amministrative e di governo”. Se tale proposta fosse già legge, oggi Renzi non sarebbe più senatore di quel Senato che, tra l’altro, proprio lui voleva abolire. La vicenda è così sentita che è partita una petizione su change.org (al link http://chng.it/QBnsK9QJTT), indirizzata alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, perché anche Palazzo Madama, come già fatto da Montecitorio, si doti di un Codice di condotta che disciplini le attività extraparlamentari degli eletti.

Un’iniziativa supportata da alcuni intellettuali, tra cui, il professor Gianfranco Pasquino e lo scrittore Angelo Ferracuti.

Renzi l’africano

Quanto al diretto interessato, non ha tempo per queste “quisquilie”. Il suo tour per il mondo procede spedito. stavolta la destinazione non sarà la penisola arabica ma l’Africa. Senegal e Kenya, poi forse anche Ruanda. Il Fatto Quotidiano scrive oggi che la partenza per Dakar dovrebbe essere imminente, forse subito dopo il 20 marzo, data della prossima assemblea nazionale di Italia Viva. E non si tratta di conferenze a pagamento come nel caso dell’intervista a Mohammad bin Salman. Nell’articolo a firma di Tommaso Rodano si racconta che il senatore di Scandicci parte per rinsaldare il capitale di rapporti personali e relazioni istituzionali. Ovvero quelle che si è costruito nel corso della sua carriera politica. Un tesoretto che vale molto più di un pur ricco cachet da conferenziere.

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