Il pianto di Djokovic e lo squallido sciacallaggio
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Il pianto di Djokovic e lo squallido sciacallaggio

Le reazione del tennista serbo, sconfitto nella finale del Roland Garros, dovrebbe essere imitata anche dal sindaco di Roma Ignazio Marino

Nuccio Fava
Nuccio Fava
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12 Giugno 2015 - 22.34


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di Nuccio Fava

La scena è stata bellissima, un grande atleta, tennista straordinario come Novak Djoković primo al mondo davanti a Federer e Nadal, è stato protagonista di un gesto formidabile. Durante la premiazione per la finale di Parigi al “Rolland Garros”, non è riuscito a contenere la commozione, a nascondere le lacrime che gli rigavano con evidenza il volto. Lacrime incontenibili, che opportunamente le telecamere inquadravano in mondovisione. Tanto più la commozione era evidente, tanto più lungo e caloroso, proseguiva l’applauso dalle tribune. La commozione, però, non era dovuta al rammarico per la sconfitta subita, che assegnava la vittoria del torneo a Wawrinka, quest’ultimo aveva del resto già eliminato ai quarti lo stesso Federer. La vera ragione della incontenibile commozione di Djoković era interamente legata al calore ed alla simpatia con cui il pubblico di Parigi lo acclamava e gli mostrava apprezzamento ed affetto, nonostante la sconfitta finale. Poco dopo, nella inesorabile sfilata di personaggi politici secondo la liturgia dei nostri telegiornali ho visto scorrere le facce degli esponenti della politica, di maggioranza e di opposizione, schierati secondo lo schema “a favore” o “contro”.

La logica di produrre reazioni ad effetto nel telespettatore accentua il carattere di slogan e di frase ad effetto con un risultato assolutamente desolante. Nonostante la materia riguardi la condizione ed il destino dei migranti, strumentalizzati come pedine di un gioco disumano. Il problema è enorme, tanto più che ci si scontra con l’Europa avara e miope, cui corrisponde l’egoismo di parte dello schieramento politico che vorrebbe chiudere all’afflusso di nuovi migranti. Addirittura si giunge a dichiarare la chiusura di regioni come Veneto, Lombardia e Liguria. Anche di fronte alla vergogna di mafia capitale, tutto si concentra sulle dimissioni del Sindaco Marino e dello stesso Presidente della Regione Lazio. Una contrapposizione miserevole, che rischia di nascondere la profonda realtà di poteri criminali e corruzione, che tra l’altro attraversa in varia misura tutti gli schieramenti. Per cercare di uscirne presto e bene, andando il più a fondo e seriamente possibile ad affrontare le cause della corruzione e del “corrompimento” della stessa politica ed amministrazione, mi piacerebbe che il Sindaco Marino, reagisse come Djoković a Parigi, con un atto di liberazione e di sollecitazione ad una seria assunzione di responsabilità da parte di tutti.

Naturalmente saranno alla fine i cittadini a scegliere e decidere, finalmente liberati dalle porcherie di ogni genere e consapevoli dei destini di Roma.

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