Matteo Messina Denaro, pubblicato l'interrogatorio: "Parlare? Mai dire mai...". Ecco cos'ha detto ai pm
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Matteo Messina Denaro, pubblicato l'interrogatorio: "Parlare? Mai dire mai...". Ecco cos'ha detto ai pm

Matteo Messina Denaro il 7 luglio a L'Aquila ha parlato con i pm di Palermo: ecco alcuni passaggi chiave dell'interrogatorio dell'ex latitante e boss mafioso.

Matteo Messina Denaro, pubblicato l'interrogatorio: "Parlare? Mai dire mai...". Ecco cos'ha detto ai pm
Matteo Messina Denaro
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9 Febbraio 2024 - 14.23


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E’ stato pubblicato l’interrogatorio di Matteo Messina Denaro, reso di fronte ai pm di Palermo lo scorso 7 luglio, mentre si trovava in carcere a L’Aquila. Dichiarazioni che hanno toccato diversi temi, dalla causa della cattura alla possibilità di ‘parlare’, fino ad arrivare alla vita personale e alla strage di Capaci.

“Mi avete preso per il male, sennò non mi prendevate. Con la mente ho ricostruito tutto come è stato il discorso, so che non c’è stato nessun traditore. La mattina che mi hanno arrestato la prima cosa che uno pensa è che qualcuno ha tradito”. 

«Allora il colonnello mi ha detto `le assicuro che non l’ha tradita nessuno´ e io non gli ho creduto. Poi ragionando ho detto: vero è. Ho letto le carte e mi sono fatto pure una logica».

I pm tentano di convincerlo a parlare, per ricostruire la verità – o una parte di verità – sulla storia recente d’Italia e sulle attività mafiose che ne hanno caratterizzato gli ultimi decenni.

«Non sono interessato, poi nella vita mai dire mai intendiamoci. Io non sono stato mai un assolutista nel senso che non è che perché dico una cosa sarà sempre quella, io nella mia vita ho cambiato tante volte idea, però con delle basi solide».

«Sono alla fine della mia vita, ma il punto è io non sono il tipo di persona – e mi creda che è la verità, non me ne può fottere più niente – non sono il tipo di persona che vengo da lei e mi metto a parlare dell’omicidio, per rovinare a X, Y, non ha senso nel mio modo, mi spiego??».

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«Sono, diciamo tra virgolette, un mafioso per come mi considerate voi, un poco anomalo, non mi sono inimicato nessuno nel territorio, intendo il mio paese. Chiunque mi vuole bene. Lei stamattina pensava di trovare un Rambo, invece non ha trovato niente». 

«Io sono sempre stato in quello che voi ritenete mafiosità una garanzia per tutti. Non ho mai rubato niente a nessuno. Parlo del mio ambiente, non ho mai cercato di prevaricare, né in ascese di potere, né per soldi», spiega. 

«Lei pensa che io uscivo a fare rapine o chiedere estorsioni? – chiede ai magistrati – Non ho mai chiesto estorsioni a nessuno, non ho mai fatto traffici di droga, non ho mai fatto rapine. I soldi erano nella disponibilità della mia famiglia, mia madre ha sempre cercato di conservare e dare a tutti, specialmente a me». 

 «Io ho una famiglia rovinata… ma alla fin fine quale colpa ho avuto io? Posso avere colpe personali: impiccatemi, datemi tutti gli ergastoli che volete; ma che la mia famiglia sta pagando da una vita questo tipo di rapporto con me, perché mi viene sorella o mi viene fratello…».  

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«Io so soltanto una cosa che, però non sto facendo nessun atto di accusa, quello che… che mi avete distrutto una famiglia, rasa al suolo, ci sono dei sistemi che non vanno, lasciamo stare le condanne, ci sono dei sistemi che non vanno; ora sento dire: case distrutte… perché mia mamma che è: latitante o mafiosa? Lei…la legge, lo Stato gli ha distrutto la casa, i mobili fatti a pezzettini. Cioè dove lo volete trovare un dialogo, quando ci sono questi comportamenti?».

«Che vita facevo a Palermo? Libero come quella di Campobello, perché bene o male voi avete scandagliato quella di Campobello (il paese in cui ha trascorso gran parte della latitanza ndr), ma in genere sempre quella vita faccio, cioè lo stesso fac-simile». 

«Le mie amicizie non è che iniziano e finiscono solo nel mondo che voi considerate mafioso, non è così, le mie amicizie erano dovunque».

«Non ho mai distinto tra ricchi e poveri, – proseguiva – ovviamente se dovevo frequentare una persona povera non ci andavo col Rolex per una forma di educazione, se invece ero per i fatti miei con persone come me non avevo problemi, cioè non avevo quella forma di annacamento (vanto ndr), non volevo dimostrare niente». 

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«Ma ci sono cose, però, che, per esempio, nessuno è mai arrivato, perché a me mi sembra un poco riduttivo dire che a Falcone lo hanno ucciso per la sentenza del maxi processo. Se poi voi siete contenti di ciò, bene venga, sono fatti vostri, ma la base di partenza non è questa…». 

«Quello che sto dicendo è verità… ognuno poi, nella vita… tutti questi, chiamiamoli pentiti, che hanno detto… hanno detto, sì, qualche pezzo di verità, gli hanno fatto fare dei processi, va bene; ma ognuno ha portato acqua al suo mulino poi. Poi, se per portare acqua al suo mulino, dicono cose anche che possono coincidere con quello che cercate voi o con quello che interessa a voi, ben venga, giusto? ». 

«Voi siete contentati che il giudice Falcone sia stato ucciso, perché ha fatto dare 11 ergastoli? Perché di 11/12 ergastoli si trattava, nel maxi processo, credo, ma credo che questi siano…».

Messina Denaro definisce l’attentato di Capaci come la «cosa più importante, quella da dove nasce tutto, le stragi, l’input. Perché vi siete fermati a la Barbera, la Barbera era all’apice di qualcosa», riferendosi all’ex poliziotto ritenuto la mente dell’inquinamento dell’inchiesta che ha portato alla condanna di innocenti. «Se fosse vivo ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima?».

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