Fase due del coronavirus, Crisanti: "Come evitare l'impennata dei contagi"
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Fase due del coronavirus, Crisanti: "Come evitare l'impennata dei contagi"

Parla il direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell`Università-azienda ospedaliera di Padova, l'esperto che sta dietro al successo del modello Veneto nel contenimento del virus

Andrea Crisanti
Andrea Crisanti
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27 Aprile 2020 - 19.17


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Per il professor Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia e virologia dell`Università-azienda ospedaliera di Padova, l’esperto che sta dietro al successo del modello Veneto nel contenimento del virus, per una fase di riapertura in sicurezza servono “tracciabilità elettronica e subito i tamponi”, che definisce un “binomio irrinunciabile”: “La prima, la tracciabilità, non ha senso senza gli altri, i tamponi che accertano quali tra i contatti sospetti hanno provocato contagi. E viceversa, i tamponi sono fatti mirati, grazie alla tracciabilità”.
Quindi “nel momento in cui si usa un sistema di tracciabilità si devono fare più tamponi, le due cose vanno di pari passo, non ha senso avere un`App se non si potenzia la capacità di fare tamponi”. E Crisanti dice anche quanti tamponi in più andrebbero fatti ogni giorno: “Una volta tracciato un contatto con un contagiato, è necessario fare tamponi per verificare se i contatti generano casi positivi o meno. In questo momento i casi veri di contagio ogni giorno non sono 2000, probabilmente sono 10mila, al giorno. Ogni persona incontrerà a sua volta 10-15 persone, ci sarà bisogno quindi di fare ogni giorno 150mila tamponi.” “E questi tamponi – avverte Crisanti – non vengono a sostituire quelli che già facciamo perché quelli che e facciamo adesso li facciamo per le persone a rischio, in ospedale, Asl, Rsa”.
“Più gente si traccia più bisogna fare tamponi, queste due cose vanno di pari passo”, così si pone la necessità di rispondere in concreto, operativamente a questa domanda: “Come facciamo questi tamponi in più?”. Anche nell`ultima conferenza al Dipartimento della Protezione civile, il commissario per l`emergenza coronavirus Angelo Borrelli ha assicurato che “da diversi giorni non abbiamo segnalazioni di esigenze e di carenza di tamponi, confermo la disponibilità di tamponi”. Eppure ogni giorno continuano le segnalazioni dei medici di famiglia per i loro pazienti, anche con sintomi sospetti: non si fanno i tamponi.
La spiegazione di Crisanti è cristallina: “Le regioni non fanno tamponi perché non hanno mai avuto direttive, hanno avuto tutta una serie di direttive contraddittorie. Questa cosa va detta chiaramente: fate i tamponi. Serve la Appa, fai la App. Ma che senso ha tracciare i contatti se poi i contati non vengono analizzati e testati?”. “Ci saranno nuovi casi e quindi la necessità di fare più tracciamenti e tamponi, senza assicurare sia la tracciabilità elettronica che la capacità di processare molti più tamponi il sistema è un`anatra zoppa, difficilmente funzionerà”. Ma ora anche la App dichiarata fondamentale dal governo è nel limbo “io credo – dice Crisanti – che questa App abbia bisogno di un inquadramento legislativo perché solo così si può riequilibrare in qualche modo la simmetria tra noi che la usiamo e chi controlla i dati”, premesso questo dal punto di vista epidemiologico “App e tamponi sono necessari, quando si sollevano le misure di isolamento c`è bisogno dell`una e degli altri, altrimenti l`impennata dei contagi è una certezza. A meno che il virus non sia sensibile alla temperatura. Potrebbe essere pure che ci sia il miracolo. Ormai ci può salvare solo questo: la sensibilità del virus alle temperature”.
E in tema di miracoli una battuta Crisanti la spende anche per la richiesta della Chiesa di tornare a dire messa coni fedeli: “Se addirittura fanno giocare a calcetto le persone non vogliono aprire le chiese? Col debito distanziamento ovvio. Mi sembra una crudeltà nei confronti di molte persone che in fondo cercano nel conforto spirituale le motivazioni per andare avanti”.

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