Yemen, prorogare la tregua per scongiurare un'apocalisse umanitaria
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Yemen, prorogare la tregua per scongiurare un'apocalisse umanitaria

L'allarme lanciato da Oxfam alla vigilia della scadenza del cessate il fuoco in vigore da due mesi, il prossimo 2 giugno.

Yemen, prorogare la tregua per scongiurare un'apocalisse umanitaria
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31 Maggio 2022 - 17.40


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Yemen, apocalisse infinita. Una tragedia umanitaria senza eguali al mondo che la stampa mainstream ha “silenziato”, relegandola nel girone delle guerre “ignorate”. Un silenzio rotto da Oxfam, con i suoi puntuali, documentati report.

Una proroga “vitale”

Senza una proroga della fragile tregua raggiunta negli ultimi 2 mesi dalle parti in conflitto, in Yemen si rischia di raggiugere livelli catastrofici di fame.

È l’allarme lanciato da Oxfam alla vigilia della scadenza del cessate il fuoco in vigore da due mesi, il prossimo 2 giugno. Il primo raggiunto nel paese dal 2016, che ha ridato una tenue speranza a un popolo martoriato da oltre 7 anni di guerra senza quartiere.

L’effetto della crisi alimentare globale

“Il conflitto in Ucraina ha ridotto drasticamente le forniture alimentari a livello globale facendo schizzare i prezzi alle stelle, con l’effetto di aver esasperato una delle più gravi emergenze umanitarie al mondo. – afferma Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Ad oggi in Yemen 17,5 milioni di persone soffrono la fame, mentre 3,5 milioni sono colpite da malnutrizione acuta. Numeri che potrebbero salire ancora e di molto”.

Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, entro la fine dell’anno, il numero di persone senza cibo potrebbe arrivare a 19 milioni, tra cui 7,5 milioni di yemeniti che potrebbero trovarsi letteralmente sull’orlo della carestia.

Gli aiuti internazionali sono insufficienti e lo stesso World Food Programm ha dovuto ridurre le forniture alimentari a ben 5 milioni di yemeniti.

La dipendenza dello Yemen dal grano ucraino

Ad oggi lo Yemen importa il 90% del cibo, tra cui il 42% del grano direttamente dall’Ucraina, e gran parte della popolazione basa la propria sopravvivenza proprio sulla disponibilità di pane. Le Nazioni Unite, già prima della crisi ucraina, prevedevano un aumento esponenziale del rischio di carestia nel Paese.

Il calo delle vittime civili, dopo l’escalation di inizio 2022

La tregua che scade il 2 giugno ha fatto diminuire il numero di vittime civili (oltre 14.500 solo dal 2017), dato che gli attacchi aerei e i combattimenti via terra si sono notevolmente ridotti. I voli in partenza dall’aeroporto di Sana’a sono ripresi e le navi di rifornimento che trasportano beni di prima necessità sono potute rientrare nel porto di Hudaydah, il principale del Paese; mentre continuano i negoziati per la riapertura dei collegamenti verso la città di Taiz. 

Allo stesso tempo per le organizzazioni al lavoro sul campo, come Oxfam, è stato possibile portare aiuti nelle aree che erano rimaste tagliate fuori a causa del conflitto.

“Il cessate il fuoco ha ridato speranza al popolo yemenita, – aggiunge Pezzati – interrompendo la terrificante spirale di violenza che tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022 ha causato un aumento esponenziale delle vittime civili, in un paese che già conta oltre 4 milioni di sfollati interni in fuga dalla guerra”.

Senza una pace duratura impossibile ricostruire il paese

“Se vogliamo evitare che il paese venga colpito dalla carestia e che altre migliaia di innocenti perdano la vita, la tregua deve essere estesa, la comunità internazionale deve spingere le parti in conflitto a raggiungere una pace duratura. – conclude Pezzati- È un punto cruciale e irrinunciabile da cui dipende il futuro di milioni di yemeniti che non hanno accesso a servizi di base; sono allo stremo per la mancanza di cibo, acqua pulita, medicine; devono fare i conti con una situazione economica disastrosa. Secondo le stime entro l’anno 23,4 milioni di persone si troveranno a dover dipendere dagli aiuti internazionali per poter sopravvivere”.

La risposta di Oxfam in Yemen

Dal luglio 2015 Oxfam ha soccorso oltre 4 milioni di yemeniti in nove governatorati del Paese. Dalla conferma dei primi casi di coronavirus ha rafforzato il proprio intervento per rispondere alla pandemia, distribuendo kit igienico-sanitari e acqua pulita nei campi profughi, realizzando campagne di sensibilizzazione sulle norme di prevenzione del contagio. 

Per rispondere all’emergenza alimentare, sta soccorrendo circa 280 mila persone con voucher per l’acquisto di cibo, offrendo sovvenzioni in denaro a piccole imprese e agli agricoltori, lavoro per la riabilitazione di infrastrutture idriche e stradali, rimaste distrutte nel conflitto.

Così Oxfam.

Genesi di una tregua

Due aprile 2022. Nello Yemen dilaniato da sette anni di guerra è entrata in vigore una tregua di due mesi nei combattimenti: lo ha annunciato l’inviato dell’Onu, Hans Grundberg.” Da stasera, tutte le operazioni militari offensive di terra, aria e navali dovrebbero cessare”, ha aggiunto Grundberg in una nota. 
Si tratta della prima tregua su tutto lo Yemen dal 2016, è patrocinata dalle Nazioni Unite e ha ottenuto l’adesione sia dei ribelli sciiti filo-iraniani Houthi sia della coalizione a guida saudita ed entra in vigore nel primo giorno del Ramadan, il mese sacro del digiuno islamico. Finora tutti i cessate il fuoco erano caduti nel vuoto: l’ultimo nel 2018 prevedeva la cessazione delle ostilità attorno al porto di Hodeida, vitale per i rifornimenti della poverissima popolazione yemenita ridotta alla fame e preda di malattie, ma fu quasi del tutto ignorato. Questo nuovo arriva dopo un periodo di intensificazione dei combattimenti, ma anche di intesa attività diplomatica, con negoziati in corso a Riad, dove però finora non si sono fatti vivi gli Houthi. Ma ora ci sono gli elementi di una svolta. Al porto di Hodeida, in mano ai ribelli, se la tregua reggerà, è previsto l’arrivo di 18 petroliere che consegneranno carburante, mentre due voli al giorno in arrivo e in partenza sono consentiti dall’aeroporto della capitale Sanaa, anch’essa in mano agli Houthi, che hanno ottenuto questi due risultati da loro richiesti come precondizione per avviare negoziati. 
Negli ultimi mesi, dello stallo delle operazioni militari sul terreno gli Houthi hanno approfittato per lanciare attacchi con droni sull’Arabia saudita e il suo principale alleato, gli Emirati arabi, soprattutto contro infrastrutture e impianti petroliferi. Attacchi ai quali la coalizione ha risposto con raid aerei. 
La guerra è iniziata nel 2014 quando i ribelli sciiti presero il controllo di Sanaa, scatenando l’intervento della vicina Arabia saudita e alleati nel marzo del 2015. Da allora si stima che siano morte oltre 110.000 persone, che ci siano 4,2 milioni sfollati interni e l’80% della popolazione di 30 milioni di abitanti dipendente dagli aiuti umanitari.

I più indifesi tra gli indifesi: i bambini

Il 60% dei bambini in Yemen conosce qualcuno che è stato ferito durante i sette anni di conflitto nel Paese e per un quarto di essi si tratta di un membro della propria famiglia. È quanto emerge dal nuovo report “No Place is safe” pubblicato il 25 marzo scorso, nel settimo anniversario dall’inizio della guerra, da Save the Children, l’Organizzazione internazionale da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini in pericolo e per garantire loro un futuro, che studia l’impatto di sette anni di conflitto sui bambini

Dopo sette anni di conflitto, il rapporto – che include un’indagine su 400 bambini provenienti da otto dei 21 governatorati dello Yemen – ricorda chiaramente che sono i bambini e le famiglie a pagare il prezzo più pesante per questa guerra brutale.

La ricerca ha inoltre rivelato che quasi l’80% dei bambini è costantemente preoccupato per la propria sicurezza e per quella della propria famiglia e amici. La maggioranza di loro ha affermato di impiegare molto tempo per elaborare qualsiasi tipo di shock o stress. Oltre il 70% dei bambini ha riferito di aver subito un attacco alla propria scuola almeno una volta e quasi la metà ha riferito che la propria struttura sanitaria locale è stata colpita dai combattimenti.

Secondo il rapporto diffuso da Save the Children, le famiglie stanno gradualmente perdendo la loro capacità di resilienza e circa la metà dei bambini in tutto il Paese lotta per elaborare il proprio disagio mentale.

“Pensavo che il cecchino mi avrebbe risparmiato vedendo che stavo solo raccogliendo la palla. Di solito non ci spara, lo fa raramente, ma questa volta lo ha fatto. Mi ha sparato alla gamba”, ha raccontato Isaac*, un ragazzo di 14 anni del sud-ovest dello Yemen che è stato colpito da un cecchino mentre giocava a calcio a scuola. “Incidenti come questo fanno sentire me e i miei amici insicuri a scuola. Non ci sono solo i cecchini, ma anche gli attacchi aerei e i bombardamenti. La scuola non è più sicura”

“Negli ultimi sette anni, abbiamo visto come uno spietato conflitto creato dall’uomo ha fatto pagare ai bambini un prezzo che va oltre la fame e la malattia. I bambini sono stati aggrediti mentre giocavano a calcio, nei loro banchi nelle scuole, nei loro letti negli ospedali, nelle loro case e al mercato. Vengono uccisi a migliaia, mutilati, sfollati e traumatizzati al punto che la maggior parte di loro ora vive in uno stato di paura e ansia costante”, ha dichiarato Rama Hansraj, Direttore di Save the Children in Yemen.

“In un luogo in cui i cortili delle scuole sono sotto tiro dei cecchini e i parchi giochi sono trasformati in cimiteri, i bambini si stanno lentamente ritirando dalla dimensione sociale e non sono in grado di giocare all’aperto e interagire con i loro coetanei. Tutto ciò sta minando la loro capacità di sviluppare la propria personalità e sta impedendo loro di attivare i meccanismi per la gestione dello stress. Semplicemente, questo non è un posto dove un bambino può vivere e forse nemmeno per un adulto”.

“Questo lungo conflitto in Yemen sta trasformando il Paese in un inferno in terra per i bambini. Ma la cosa peggiore è il fatto che negli ultimi sette anni sembra che il mondo abbia scelto di chiudere gli occhi o guardare dall’altra parte. Occorre cambiare questo stato di cose e la comunità internazionale deve unirsi e impegnarsi per porre fine a queste sofferenze inutili, una volta per tutte”.

Così Save the Children.

“Lo Yemen è diventato un inferno per i bambini. Milioni di genitori non sanno se i loro figli riusciranno a sopravvivere da un giorno all’altro. Più di 10.200 bambini sono stati uccisi o feriti. La violenza continua, le mine e i residui bellici esplosivi sono una minaccia costante. Nello Yemen oggi, 4 bambini su 5 hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria. Senza una soluzione politica in vista, questi bisogni continueranno senza sosta”. E’ l’allarme lanciato da Catherine Russell, direttore Generale dell’Unicef, durante l’Evento di Alto livello sulla crisi umanitaria in Yemen. Russell elenca le cifre della crisi umanitaria: “Circa 2,2 milioni di bambini sotto i cinque anni sono colpiti da malnutrizione acuta. Più di mezzo milione soffre di malnutrizione acuta grave, una condizione pericolosa per la vita. Quasi 8,5 milioni di bambini non hanno accesso all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, aggravando il rischio di malattie trasmesse dall’acqua e di ulteriore malnutrizione. Più di 10 milioni di bambini e quasi 5 milioni di donne non possono accedere adeguatamente ai servizi sanitari o ricevere assistenza medica. Più di 2 milioni di bambini non vanno a scuola. Altri 4 milioni sono a rischio di abbandono, soprattutto le ragazze. Gli insegnanti non ricevono lo stipendio da più di quattro anni”. L’Unicef e i suoi partner hanno fornito acqua potabile a 8,8 milioni di persone – inclusi 5,3 milioni di bambini. Stanno aiutando più di 2 milioni di persone nelle aree rurali remote ad accedere ai centri sanitari pubblici, fornendo trasferimenti di emergenza in denaro a quasi 1,4 milioni di famiglie ogni trimestre e aiutando più di mezzo milione di bambini ad accedere all’istruzione formale e non formale. “Ma stiamo finendo i fondi – avverte Russell -. L’Unicef ha urgentemente bisogno di circa 240 milioni di dollari per sostenere il suo lavoro nei prossimi sei mesi”. Rinnova il suo appello a tutte le parti in conflitto “a tenere i bambini al sicuro in ogni momento e ad astenersi dagli attacchi alle aree popolate e alle infrastrutture civili vitali”, ad “un accesso umanitario continuo, incondizionato e ininterrotto” e “a mantenere aperti i porti e gli aeroporti per facilitare le consegne essenziali di forniture salvavita”.

Oxfam, Intersos, Save the Children, Unicef. E, sul fronte dei diritti umani, Amnesty International e Human Rights Watch. Grazie a loro i riflettori non si sono spenti su una tragedia che i Grandi della Terra, e il miliardario sistema militare-industriale globale sulle guerre cresce a dismisura, vorrebbero silenziare. Con il supporto della stampa “smemorata”. 

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