In dieci milioni rischiano la morte. E' il "popolo" dei bambini afghani
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In dieci milioni rischiano la morte. E' il "popolo" dei bambini afghani

Pensate ad un paese più popolato della Svizzera, dell’Irlanda, della Finlandia, della Norvegia, della Scozia. E pensatelo popolato solo di bambini

Bambini afghani
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

23 Agosto 2021 - 14.09


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Pensate per un momento a un Paese più popolato della Svizzera, dell’Irlanda, della Finlandia, della Norvegia, della Scozia, del Lussemburgo, della Danimarca, solo per restare in Europa. Pensatelo popolato solo di bambini. Dieci milioni. E pensate a questo popolo di bambini che non ha assistenza umanitaria per sopravvivere. E’ il popolo dei bambini afghani.

I più indifesi tra gli indifesi

Pensateci un attimo, e poi leggete quanto dichiarato da Henrietta Fiore, Direttore generale dell’Unicef, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia.

“Oggi, circa 10 milioni di bambini in Afghanistan hanno bisogno di assistenza umanitaria per sopravvivere. Si stima che un milione di bambini soffriranno di malnutrizione acuta grave quest’anno e, senza cure, potrebbero morire. Un numero stimato di 4,2 milioni di bambini non vanno a scuola, fra cui oltre 2,2 milioni di bambine. Da gennaio, le Nazioni Unite hanno registrato oltre 2.000 violazioni gravi dei diritti dei bambini. Circa 435.000 bambini e donne sono sfollati interni. 

 Questa è la dura realtà che i bambini afghani affrontano, e rimane tale indipendentemente dagli sviluppi politici in corso e dai cambiamenti governativi. 

 I bisogni umanitari dei bambini e delle donne, inoltre, aumenteranno nei prossimi mesi a causa di una forte siccità e della conseguente carenza d’acqua, delle devastanti conseguenze della pandemia da Covid-19 e l’inizio dell’inverno. 

 Questo è il motivo per cui, dopo 65 anni in Afghanistan lottando per migliorare le vite di bambini e donne, l’Unicef rimarrà sul campo ora e nei giorni a venire. Siamo fermamente impegnati per i bambini del paese e il lavoro da fare per loro è ancora molto. 

 In milioni continueranno ad avere bisogno di servizi essenziali, fra cui assistenza sanitaria, vaccinazioni salvavita contro polio e morbillo, protezione, alloggio, acqua e servizi igienici. Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi nell’accesso delle ragazze all’istruzione – è vitale che questi risultati vengano preservati e che continuino le azioni di advocacy affinché tutte le ragazze in Afghanistan ricevano un’istruzione di qualità. 

 Al momento, l’Unicef sta espandendo i suoi programmi salvavita per i bambini e le donne – anche attraverso la fornitura di servizi per la salute, la nutrizione e l’acqua alle famiglie sfollate. Speriamo di espandere queste operazioni in aree che prima non potevano essere raggiunte a causa delle insicurezze. 

 Esortiamo i Talebani e altre parti ad assicurare che l’Unicef e i nostri partner umanitari abbia accesso sicuro, tempestivo e senza restrizioni per raggiungere i bambini che ne hanno bisogno ovunque si trovino. Inoltre, tutti gli operatori umanitari devono avere lo spazio di operare secondo i principi umanitari di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza. 

 Il nostro impegno verso i bambini dell’Afghanistan è inequivocabile e il nostro obiettivo è fare in modo che i diritti di ognuno di loro vengano realizzati e protetti”, conclude Fiore. 

L’allarme di Save the Children

La grave crisi alimentare che coinvolge i bambini afgani in un paese colpito dalla siccità rischia di peggiorare gravemente a causa della sospensione degli aiuti, mettendo a rischio migliaia di vite”. È l’allarme lanciato da Save the Children ricordando che l’Afghanistan, già prima dell’avanzata dei talebani, era il secondo paese a livello globale per numero di persone colpite dall’emergenza fame e malnutrizione.  Secondo le stime, entro quest’anno la metà dei bambini al di sotto dei 5 anni nel paese è a rischio di malnutrizione acuta e avrà bisogno di trattamenti specifici per poter sopravvivere. A giugno – ricorda ancora l’organizzazione – è stato dichiarato ufficialmente lo stato di siccità in l’Afghanistan, per la seconda volta in quattro anni in un paese già sprofondato nella fame e nella povertà. Un rapporto di giugno del Wfp (un) segnalava 14 milioni di persone in Afghanistan – oltre un terzo della popolazione – colpite dalla fame e una carenza di fondi per fornire assistenza adeguata. Tra loro si contavano circa due milioni di bambini dipendenti dagli aiuti alimentari.  Il Covid-19, le restrizioni della circolazione, l’impossibilità di lavorare e l’aumento dei prezzi del cibo hanno fatto il resto portando la crisi alimentare nelle aree urbane a livelli senza precedenti. Dall’inizio di giugno più di 80.000 bambini in Afghanistan – secondo i dati Onu – sono fuggiti dalle loro case a causa dell’escalation delle violenze. “Abbiamo un dovere nei confronti del popolo afghano e del lavoro umanitario che deve continuare. I bambini hanno un disperato bisogno di accesso ai servizi essenziali, compreso il supporto nutrizionale per poter sopravvivere.” Ad affermarlo è  Hassan Noor, direttore regionale di Save the Children in Asia aggiungendo: “la comunità internazionale ha l’obbligo assoluto di garantire la loro protezione, i loro diritti e la loro sopravvivenza”. Save the Children opera in Afghanistan dal 1976 con interventi salvavita per i bambini e le loro famiglie in tutto il paese che ha ora dovuto sospendere temporaneamente. L’organizzazione ha fornito servizi sanitari, di accesso all’educazione e protezione dell’infanzia, di nutrizione e sussistenza, raggiungendo oltre 1,6 milioni di afghani nel 2020 e punta a riprendere le attività relative a salute, educazione e protezione dei bambini non appena sarà possibile farlo in sicurezza.  

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Piccoli “desaparecidos”

 Sempre più bambini si stanno perdendo e scompaiono nel caos dell’aeroporto di Kabul, dove proseguono – senza non poche difficoltà – le operazioni di evacuazione di occidentali e afghani. E’ l’allarme lanciato da media locali come l’emittente ‘Ariana’, che ha raccontato la storia di una famiglia di Kabul che si sta prendendo cura di un bambino rimasto incastrato nel filo spinato e che, nonostante gli sforzi, non è ancora riuscita a rintracciare i suoi genitori.

Un bimbo rimasto incastrato nel filo spinato è ancora alla ricerca dei suoi genitori, una famiglia se ne sta prendendo cura. Il bambino, che ha circa 6 anni, ha dichiarato che la sua famiglia si era recata all’aeroporto nel tentativo di fuggire dal Paese. Apparentemente suo padre è caduto tra la folla e da quel momento in poi il bambino ha perso i contatti con entrambi i genitori. Giornalisti locali riferiscono che diverse persone stanno postando foto di bambini scomparsi all’aeroporto.

Non solo aggressioni, intimidazioni, minacce. I talebani in Afghanistan starebbero rapendo i figli di chi partecipa alla resistenza, circa 6.000 ex militari dell’esercito regolare o semplici civili in armi nella regione a nord di Kabul. Lo riferiscono, spiega Tgcom24, Khair Mohammad Khairkhwa, ex capo dell’intelligence nella provincia di Balkh, Abdul Ahmad Dadgar, altro leader della rivolta, e due funzionari coperti dall’anonimato. 

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“I combattenti talebani – spiegano i 4 testimoni – hanno attaccato le case, bruciandole, mentre portavano via i bambini” dei partigiani che si riconoscono nella leadership di Ahmad Massoud, figlio del leone del Panjshir.

Solidarietà in divisa

“In questi giorni difficili che tengono tutti noi con il fiato speso per le sorti del popolo afghano, in particolar modo delle sue bambine e dei suoi bambini, desidero rivolgere un grazie commosso alle donne e agli uomini della Polizia di Stato”: lo dichiara Andrea Iacomini, portavoce dell’Unicef Italia. “Siamo davvero orgogliosi delle agenti e degli agenti della Polizia di Stato che all’aeroporto di Fiumicino in queste ore fanno sentire tutta la loro vicinanza, che è anche la nostra, alle tante bambine e bambini afghani arrivati in Italia con i voli da Kabul”, prosegue. “Impossibile non trattenere le lacrime nel vedere le immagini e i video di queste bambine e questi bambini con i cappellini della Polizia di Stato in testa sorridere felici mentre le agenti e gli agenti improvvisano per loro giochi di prestigio, disegni e intrattenimento di ogni tipo, riempiendoli di amore e attenzione, riuscendo ad interpretare al meglio questo loro difficile momento stando loro accanto con semplice amore, come se fossero figlie e figli loro, piccole umanità purtroppo sradicate improvvisamente dalla terra dove sono nati e cresciuti”. “A queste donne e questi uomini dico, a nome di tutta la mia organizzazione, che l’Unicef è orgoglioso di voi!”. “Desidero ringraziare inoltre il capo della Polizia Lamberto Giannini, il capo delle Relazioni esterne Mario Viola e tutto lo staff della Polizia di Stato per questo grande atto di umanità dalla parte delle bambine e dei bambini afghani”.

L’appello delle Ong

 Un appello firmato da 20 organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti umani – tra cui WeWorld, Action Aid Italia, Amnesty International Italia, Oxfam Italia, Save the Children – per chiedere al governo italiano e alla comunità internazionale «un’azione immediata in difesa del popolo afghano».

Sono quattro le richieste specifiche. In primis, «esortare tutte le parti in conflitto e adoperarsi in seno alla comunità internazionale per porre fine alla violenza, proteggere l’accesso umanitario e rispettare il diritto umanitario internazionale». Subito dopo arriva l’invito all’apertura rapida di corridoi ed evacuazioni umanitarie verso l’Italia «non solo per chi abbia collaborato con militari, diplomatici italiani e organizzazioni umanitarie, ma per chiunque si trovi in condizioni di vulnerabilità, garantendo loro sicurezza e incolumità, anche su suolo italiano». Al terzo punto, l’aumento delle quote relative ai reinsediamenti e il sostegno a eventuali canali di ingresso integrativi, anche promossi dalla società civile: «Chiediamo che alle frontiere italiane venga garantito il diritto di asilo e il pieno accesso alle procedure per la sua richiesta e che si monitori affinché non avvengano respingimenti. Ancora, che l’Italia si adoperi in sede Ue affinché nessuno Stato membro attui rimpatri forzati di cittadini afghani”. Quarta richiesta, la tutela e la promozione dei diritti delle donne e dei bambinivittime di violenze e discriminazioni: «A tal fine, l’Italia dovrebbe sostenere la società civile locale e l’attuazione di programmi di promozione e tutela dei diritti umani».

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«L’accordo di pace tra Stati Uniti e talebani», si legge nella nota congiunta, «siglato a Doha nel febbraio 2020 in vista della proposta di ritiro delle truppe statunitensi, ha rimandato la questione di una soluzione politica in Afghanistan ai colloqui diretti tra rappresentanti del governo afghano da una parte e rappresentanti dei talebani dall’altra. Così sono iniziati i cosiddetti “colloqui intra-afghani” lo scorso settembre a Doha, in Qatar e, a dicembre, le squadre negoziali avevano raggiunto un accordo solo sulle regole procedurali per avviare i veri e propri negoziati di pace”. Ciononostante, sottolineano, durante l’anno il conflitto armato ha continuato a mietere vittime tra i civili e a far crescere il numero di sfollati interni

Le donne e i bambini

La nota riporta i dati resi pubblici dalla Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan (Unama): tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2.021 sono state censite 5.183 vittime civili: 1.659 uccisi e 3.524 feriti, tra i quali un numero altissimo di ragazze, donne e bambini. “Il numero totale di civili uccisi e feriti è aumentato del 47 per cento rispetto alla prima metà del 2020, invertendo la tendenza degli ultimi quattro anni e, rispetto ai primi sei mesi del 2020, il numero di bambine e donne uccise o ferite è praticamente raddoppiato. I diversi gruppi armati sono stati collettivamente responsabili del deliberato attacco e dell’uccisione di civili, tra cui insegnanti, operatori sanitari, operatori umanitari, giudici, leader tribali e religiosi e dipendenti statali. Gli attacchi si sono manifestati in aperta violazione del diritto internazionale umanitario, prendendo deliberatamente di mira persone e obiettivi civili».

La nota mette l’accento anche sul reclutamento di minori per il combattimento, «che è proseguito, in particolare da gruppi armati e dalle forze di sicurezza afghane, tra cui milizie filogovernative e polizia locale. Questi bambini hanno subito molteplici violenze, compresi abusi sessuali». Sempre secondo l’Unama, l’Afghanistan ha continuato a essere uno dei paesi più mortali al mondo per i bambini: «Gli ultimi giorni hanno visto un’escalation mortale dei combattimenti nelle province afghane, aggravando ulteriormente le sofferenze indicibili di un paese in cui, stando ai dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, oltre 5 milioni di persone sono già sfollate all’interno del Paese e vivono in condizioni al limite della sopravvivenza. Un numero destinato ad aumentare di oltre 359 mila nuovi sfollati nel 2021, sempre secondo le stime di Oim. Solo nell’ultimo mese circa 75 mila minori sono stati costretti ad abbandonare le loro case».

Le immagini di quei bimbi gettati oltre il filo spinato dell’aeroporto di Kabul hanno fatto il giro del mondo. Così come le drammatiche testimonianze raccolte a Kabul e rilanciate dai social. Gli appelli di tutte le più importanti Agenzie dell’Onu e delle organizzazioni umanitarie si susseguono senza soluzione di continuità. Nessuno può dire: non sapevo. Non ho visto. 

Quel popolo di bambini merita rispetto, oltre che assistenza.

 

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