La petizione contro lo schwa è una scemenza, a prescindere da come la si pensi
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La petizione contro lo schwa è una scemenza, a prescindere da come la si pensi

Un gruppo di intellettuali firma una petizione su change.org per sopprimere l'utilizzo dello schwa. Come se qualcuno glielo avesse imposto.

La petizione contro lo schwa è una scemenza, a prescindere da come la si pensi
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

8 Febbraio 2022 - 15.49


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Questo non sarà un articolo in difesa dello schwa. Non solo non ho le competenze per discorrere agilmente di linguistica (e se qualcosa questo Sanremo ci insegna è che, usando le parole di Sabrina Ferilli, ‘delle competenze bisogna avere rispetto’), ma soprattutto barcamenarsi nell’ennesimo ‘spiegone’ gonfio di parole complicate sull’inclusività mi sembra che ultimamente faccia più male che bene alla causa. 

Questo sarà invece un esercizio di logica. Vorrei partire proprio dal testo che Massimo Arcangeli, linguista e scrittore, Ordinario di Linguistica italiana dell’Università di Cagliari, accompagna alla discussa petizione su Change.org ‘contro lo schwa’. 

“Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa. I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata” non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche.

I fautori dello schwa, proposta di una minoranza che pretende di imporre la sua legge a un’intera comunità di parlanti e di scriventi, esortano a sostituire i pronomi personali “lui” e “lei” con “ləi”, e sostengono che le forme inclusive di “direttore” o “pittore, “autore” o “lettore” debbano essere “direttorə” e “pittorə”, autorə” e “lettorə”, sancendo di fatto la morte di “direttrice” e “pittrice”, “autrice” e “lettrice”. 

Arcangeli è furbo: attacca la famigerata ‘e rovesciata’ sostenendo che metta in pericolo le parole che indicano i mestieri femminili. Sarebbe magnifico vedere la stessa indignazione intellettuale quando sui giornali a cadenza regolare compaiono bestialità come ‘il mammo’ per parlare di padri che accudiscono i figli, ma tralasciamo. Ciò che preme è l’utilizzo di determinate parole che fa capire bene in che universo parallelo vivono i firmatari di questa petizione, tra cui – che colpo al cuore – compaiono anche nomi stimatissimi, come quelli di Alessandro Barbero (già su una brutta china con quella storiaccia delle donne nella storia) e Ascanio Celestini, uno che sul gioco linguistico ha costruito un’intera identità artistica. Fa male, lo ammetto, vederlo tra quei nomi. 

“I fautori dello schwa, proposta di una minoranza che pretende di imporre la sua legge a un’intera comunità di parlanti e di scriventi” scrive Arcangeli. Mi tocca domandarmi se non abbia fino a quest’oggi vissuto in una caverna: va bene che tra Quirinarie e Festival di Sanremo ci siamo tutti un po’ distratti, ma penso non fino al punto di non accorgermi che la minoranza di cui faccio parte abbia portato in Parlamento una proposta di legge per imporre lo schwa. Cosa cui tra l’altro mi sarei fermamente opposto, forse arrivando a firmare non questa ma un’altra petizione di protesta, perché le imposizioni gratuite sono sempre sbagliate. 

Voglio rassicurare tutti: questa legge di cui parla Arcangeli semplicemente non esiste. Né mai esisterà, perché la storia ha sempre disintegrato qualunque tentativo di imposizione linguistica così sfacciato (i nostri nonni ricordano gli sfortunati esperimenti fascisti della ‘mastica’ per indicare la chewing gum o di Luigi Braccioforte e Beniamino Buonomo per Louis Armstrong e Benny Goodman). La lingua, se deve cambiare, cambia. E delle petizioni su Change.org se ne frega altamente. Rimane la magra figura di un manipolo di cosiddetti intellettuali che si stanno facendo spaventare da una ‘e rovesciata’. Non riconoscendo tutto quello che dietro quello schwa c’è, ma questo, come dicevo all’inizio, è un altro discorso.

Mi chiedo: quando molti intellettuali si scagliano contro la ‘cancel culture’ stanno sostenendo che ‘cancellare’ autori, periodi storici, opere d’arte che simboleggiano o portano avanti temi che urtano o che risultano offensive per determinate sensibilità, sia un affronto alla storia e alla democrazia. Esattamente, come si pongono nei confronti di una petizione che vuole vietare o sopprimere l’utilizzo di un fonema, di un simbolo, il cui utilizzo è a completa discrezione dello scrivente? 

Per dirla facile: nessuno è obbligato a utilizzare lo schwa. Io, per esempio, non lo uso. Sarà pigrizia, sarà abitudine, saranno anche una buona dose di fatti miei, ma come si scrive, come si impugna una penna o si batte su una tastiera è una di quelle cose la cui libertà non dovrebbe mai essere messa in discussione. Caro Arcangeli, se non vuoi usare lo schwa, non farlo. Se ti fa venire l’orticaria vederlo scritto, sfogati con gli amici. Prendili tutti in giro, questi dannati fricchettoni! 

Ma, caro Arcangeli, cercare di impormi un modo di scrivere (che è quello che state facendo tu e i tuoi stimatissimi colleghi) tradisce tante cose, primo fra tutti il fatto che dal conservatorismo a priori che spesso, tristemente, accompagna la senilità, in questo paese si è salvato forse solo Piero Angela. 

Dormite tranquilli (anzi, tranquillə): la lingua seguirà il suo corso, come ha sempre fatto. Risponderà a bisogni, necessità e passioni più forti di qualsiasi petizione. 

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