Sanremo alla terza o De lege spectaculum
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Sanremo alla terza o De lege spectaculum

Sanremo è una ricca scatola vuota che, se la riempi di cose buone, è meglio, come direbbe M.eur De Lapalisse. Ecco perché ieri è stata una buona serata. [Piero Montanari]

Sanremo alla terza o De lege spectaculum
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Piero Montanari Modifica articolo

17 Febbraio 2012 - 10.51


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di Piero Montanari

Parlare male del Festival di Sanremo è da sempre un vezzo di noi musicisti. Raccontavo altre volte quanto ci si divertiva a casa di Baglioni dove, per anni, ci siamo riuniti per rinnovare la pratica sparlereccia, con premi a chi azzeccava i primi tre classificati e gli scartati. Praticamente un gioco al massacro.

Poi Baglioni, in una edizione del Festival, fu invitato a cantare come ospite e tutto fini lì, magicamente. Sanremo era diventato improvvisamente un luogo importante, dove esibirsi e cantare al pianforte da solo Questo piccolo grande amore e, col proprio talento, “fargliela vedere a quei poveri dilettanti come si canta davvero”!

Quella sera Claudio fece un successo straordinario e la sua interpretazione alzò mirabilmente il livello del Festival, ma fu anche così che smettemmo di vederci per sparlarene e tutto cessò.

Credere che Sanremo sfugga alle normali leggi che regolano il successo di uno spettacolo è pura idiozia. Il contenitore del Festival è un ricco scatolone vuoto che, se lo riempi di cose buone funziona, altrimenti no, come direbbe M.eur De Lapalisse.

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Quindi questa terza serata è stata, secondo me, la migliore in assoluto. Perchè? Faccio nomi e cognomi:

Patty Smith che ha cantato Because the night con un piglio da vecchia rock queen. Brian May, a proposito dei Queen dei quali è stato co-fondatore e straordinario chitarrista, che ha suonato un suo brano famosissimo We will rock you,, Al Jarreau, forse un po’ depassè ma sempre grande, in coppia con i Matia, Arisa e lo straordinario Josè Feliciano che ci ha deliziato col suo vecchio e festivaliero Che sarà.

Ma anche Noa bravissima con Finardi (il suo pezzo non è male e nella voce del vecchio rocker milanese si sentono tutti i passaggi drammatici della sua vita), come anche nella plurilabbruta Loredana Bertè, che canta la sfortunata sorella Mimì (Mia Marini, in arte) e il suo Almeno tu nell’universo ci strappa un’emozione che mai avremmo pensato di provare con Loredana.

De lege spectaculum insegna (non esiste questo libro latino, non cercatelo): se non ci sono gli artisti bravi nulla si può fare, viene fuori la solita riunione di guitti dei quali si può solo parlar male.

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