Un Rapporto di Oxfam inchioda Israele: sugli aiuti umanitari nessuna apertura
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Un Rapporto di Oxfam inchioda Israele: sugli aiuti umanitari nessuna apertura

Israele, a Gaza pietà l’è morta. E con essa anche il rispetto dei più elementari standard del diritto umanitario.

Un Rapporto di Oxfam inchioda Israele: sugli aiuti umanitari nessuna apertura
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18 Marzo 2024 - 21.59


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Israele, a Gaza pietà l’è morta. E con essa anche il rispetto dei più elementari standard del diritto umanitario.

La denuncia di Oxfam

Ormai da mesi le autorità israeliane impediscono l’ingresso a Gaza di aiuti fondamentali inviati da organizzazioni umanitarie di tutto il mondo, per soccorrere milioni di sfollati allo stremo. A soli 2,3 chilometri da Israele e a 40 chilometri da Gaza, in un magazzino ad Al Arish, sono stoccate bombole di ossigeno, incubatrici per neonati, attrezzature sanitarie per curare i feriti o impedire il dilagare di epidemie.

È l’allarme lanciato da Oxfam con un nuovo report, di fronte al respingimento arbitrario da parte delle autorità israeliane di beni indispensabili per la popolazione, classificati come beni “a duplice uso”, ovvero beni civili con potenziale uso militare.

Il dossier denuncia come gli aiuti rifiutati siano solo un esempio di come Israele abbia reso il sistema di risposta umanitaria a Gaza volutamente pericoloso o inefficace per salvare il maggior numero possibile di vite.

“Il Governo Israeliano sta venendo meno alle proprie responsabilità legali nei confronti della popolazione di Gaza in quanto Paese occupante, violando inoltre una delle disposizioni chiave della Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, secondo cui l’accesso agli aiuti umanitari ai civili deve essere garantito alla luce del rischio di genocidio nella Striscia – sottolinea Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Siamo di  fronte a una catastrofe umanitaria che Oxfam, come altre organizzazioni sul campo, cerca di fronteggiare nel modo più efficace possibile, date le enormi difficoltà del momento. I bisogni crescono esponenzialmente di giorno in giorno e se Israele non prenderà subito provvedimenti il numero di vittime causato anche da fame e epidemie potrebbe crescere ben oltre i 31 mila morti causati ad oggi dalla guerra”.

L’immobilismo della comunità internazionale

La cosa più grave – denuncia il rapporto – è che dalla pronuncia della Corte, che avrebbe dovuto scuotere i leader israeliani, non c’è stato nessun cambio di rotta, con ulteriore peggioramento della situazione umanitaria.

“Il fatto che gli altri Governi non stiano esercitando alcuna pressione su Israele, ma si siano limitati all’invio di aiuti del tutto insufficienti via mare o paracadutati dal cielo, la dice lunga su quanto sta accadendo. – aggiunge Pezzati – Le autorità israeliane non solo non facilitano lo sforzo umanitario internazionale, ma lo ostacolano attivamente, non prendendo tutte le misure necessarie per prevenire il genocidio che rischia di consumarsi a Gaza. Non importa se a Rafah, oltre 1 milione e mezzo di sfollati rischiano di morire di fame e sete. Nel corso della recente visita compiuta con le organizzazioni umanitarie e i parlamentari italiani, abbiamo visto oltre 1.500 camion di aiuti bloccati al valico che porta a Gaza. È una situazione insostenibile”.

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Con solo due valichi aperti i camion di aiuti rimangono fermi per almeno 20 giorni

Il rapporto pubblicato oggi evidenzia diversi modi in cui Israele sta impedendo l’ingresso degli aiuti internazionali, infliggendo una punizione collettiva a tutta la popolazione di Gaza:

  • ingresso degli aiuti solo attraverso 2 valichi, Rafah e KarmAbu Salem/Kerem, nonostante abbia il controllo totale dell’area, creando così enormi rallentamenti; 
  • sistema di ispezione disfunzionale con impiego insufficiente di personale, oltre che burocratico, arbitrario e imprevedibile, tale da contribuire a code interminabili di camion che durano in media per 20 giorni;
  • rifiuto all’ingresso di aiuti che vengono classificati “a doppio uso”, tra cui generatori, carburante e altri articoli vitali per la risposta umanitaria;
  • complicatissimo sistema di “pre-approvazione” che lascia beni essenziali nel “limbo” dei magazzini di Al Arish, in Egitto, per tempi lunghissimi;
  • limitazione dei convogli umanitari e isolamento di gran parte del nord di Gaza;
  • accesso limitato degli operatori umanitari internazionali non solo a Gaza, ma anche in Israele e in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.

Negli ultimi 157 giorni di guerra, Israele ha fatto entrare a Gaza 15.413 camion, ma ne servirebbero il sestuplo (90mila) per soddisfare i bisogni più basilari.

A febbraio, il dato è ancora più sconcertante perché l’autorizzazione è stata concessa ad appena 2.874 camion, con una riduzione del 44% rispetto al mese precedente.

Le decisioni di Israele impediscono di fatto ogni tipo di aiuto internazionale, ostacolato dalle operazioni militari che sono senza precedenti quanto a intensità, brutalità e portata. Gli stessi leader israeliani lo hanno definito un “assedio totale”.  L’assalto di Israele ha praticamente reso “impossibile” l’intervento degli operatori umanitari che si sono ritrovati di fronte a condizioni di sfollamento e privazioni di massa, con il 75% dei rifiuti solidi scaricato in siti casuali, il 97% delle acque sotterranee reso inutilizzabile per uso umano ovunque all’interno della Striscia.

 Quasi tutta la popolazione inoltre ha subito sfollamenti forzati e spesso multipli, il che rende impraticabile la distribuzione degli aiuti, compresa la capacità delle agenzie di contribuire a riabilitare i servizi pubblici vitali su larga scala.

 Infine, gli attacchi sproporzionati e indiscriminati verso persone e beni – come impianti solari, idrici, elettrici o sanitari, sedi delle Nazioni Unite, ospedali, strade, convogli e magazzini di aiuti -hanno complicato ulteriormente la capacità di azione umanitaria. Ciò è avvenuto anche quando i beni sono stati classificati utili alla protezione di vite umane.   

 “Siamo al collasso del sistema umanitario e solo il governo israeliano, che ne è responsabile, può porvi rimedio”, continua Pezzati. 

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 “La nostra organizzazione è stata sommersa di aiuti da tutto ilmondo, ma è impossibile farli arrivare a Gaza – aggiunge Celine Maayeh, portavoce di Juzoor, una delle organizzazioni partner di Oxfam – Nel nord del Paese la situazione è disastrosa. Nell’ultimo mese si è registrato un allarmante aumento dei casi di malnutrizione tra i bambini, eppure l’unico cibo che l’équipe riesce a trovare per sfamare le persone che vivono in 45 rifugi sono solo verdure, perché il mercato interno è privo di tutto. C’è un’indiscutibile privazione di aiuti, del tutto intenzionale, che toglie ossigeno a qualunque iniziativa umanitaria, compresa la nostra”.

 L’appello per un immediato cessate il fuoco

Oxfam chiede un cessate il fuoco immediato e incondizionato per porre fine a massacri e sofferenze, per rimettere in marcia la macchina dell’aiuto internazionale. I gruppi armati palestinesi devono rilasciare senza condizioni gli ostaggi civili che detengono, gli sfollati devono poter tornare a casa in sicurezza.

 La comunità internazionale deve usare ogni mezzo – diplomatico, economico e politico – necessario per prevenire il genocidio a Gaza, favorendo l’ingresso di tutti gli aiuti necessari.  Gli Stati dovrebbero inoltre interrompere la vendita di armi che aumenta il rischio di genocidio e i continui crimini di guerra e contro l’umanità da parte di Israele su Gaza.

 Sedici anni di blocco illegale da parte di Israele hanno reso Gaza una grande prigione a cielo aperto, condannandola all’isolamento e a una cronica debolezza economica. 

 “La comunità internazionale ha fallito sia con il popolo palestinese che con quello israeliano, ignorando le cause profonde di questo conflitto che dura da decenni. – conclude Pezzati – È chiaro che la forza militare non sarà mai la soluzione, contribuendo a intensificare i cicli di violenza”.

 La risposta di Oxfam a Gaza

Oxfam è intervenuta tempestivamente dopo l’inizio dell’offensiva nella Striscia, seguita agli attentati del 7 ottobre, per rispondere agli enormi e crescenti bisogni della popolazione. Un lavoro quotidiano che ha consentito di raggiungere oltre 250 mila persone, di cui 120 mila bambini, nelle zone più colpite.  Vitale è stata la distribuzione di acqua pulita e cibo, o di coperte e abiti caldi per affrontare l’inverno. Nei campi profughi sono stati installati servizi igienici, mentre a Rafah è stato possibile avviare 11 impianti di desalinizzazione a energia solare, di cui 5 già operanti, per garantire acqua pulita a 25 mila sfollati costretti a sopravvivere in condizioni sempre più critiche.

Fino al 9 aprile si può fare la differenza con un SMS al 45593

Unicef: 13mila bambini morti a Gaza durante offensiva Israele

L’Unicef ha reso noto ieri che oltre 13.000 bambini sono stati uccisi a Gaza durante l’offensiva israeliana, aggiungendo che molti bambini soffrono di grave malnutrizione e non hanno “nemmeno l’energia per piangere”. “Altre migliaia sono rimaste ferite o non riusciamo nemmeno a determinare dove siano. Potrebbero essere bloccate sotto le macerie… Non registriamo questo tasso di mortalità tra i bambini in quasi nessun altro conflitto nel mondo”, ha affermato il direttore esecutivo dell’Unicef Catherine Russell a “Face the Nation” di Cbs News.

Borrell: “Più bimbi uccisi a Gaza che nel mondo in 4 anni”

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“A Gaza, più che in altri conflitti, sono i bambini a soffrire di più, perché non sanno dove andare né dove nascondersi. Quindi, incoraggio un appello all’azione per i bambini colpiti dalla guerra a Gaza. Questa guerra è una guerra di bambini. In questi mesi a Gaza sono stati uccisi – uccisi – più bambini che in tutto il mondo negli ultimi 4 anni”. Lo ha dichiarato l’Alto rappresentante Ue per la Politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, nel suo intervento al Forum umanitario europeo. Per poi aggiungere un altro pesante j’accuse: “La fame a Gaza è usata come arma di guerra, diciamolo chiaro. Ci sono sette mesi di derrate alimentari bloccate. Israele deve aprire i cancelli e fare entrare gli aiuti”. Non basta: “”Prima della guerra Gaza era una grande prigione a cielo aperto, oggi è un grande cimitero a cielo aperto, anche per quello che riguarda il rispetto delle regole internazionali”, rimarca ancora Borrell. “Ci sono derrate alimentari accumulate per mesi, che aspettano di entrare a Gaza, mentre al di là del confine si muore di fame – ha aggiunto -. È arrivato il momento di fare qualcosa e non solo lamentarsi”.

Unrwa: 400 addetti Onu uccisi e oltre 1000 feriti a Gaza 

“Oltre 150 strutture dell’Unrwa sono state distrutte, 400 addetti sono stati uccisi e più di 1.000 feriti a causa della guerra israeliana contro Gaza. Israele ha arrestato diversi dipendenti dell’agenzia e li ha maltrattati”, e questo mentre “un gran numero di civili e bambini continua a morire e la fame aumenta”. Lo ha detto il commissario generale dell’Unrwa Philippe Lazzarini incontrando al Cairo il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, al quale ha esposto le enormi difficoltà che sta incontrando l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi nel prestare aiuto alla popolazione civile della Striscia di Gaza. “Il giorno in cui vengono diffusi nuovi dati sulla carestia a Gaza, le autorità israeliane negano il mio ingresso a Gaza”., rincara la dose Lazzarini, , sul suo account X. 

Cos’altro deve accadere per fermare la mano a chi si sta compiendo un genicidio?

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