Putin vincerà le elezioni a mani basse: ma tra le mura del Cremlino ha capito che niente è come prima
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Putin vincerà le elezioni a mani basse: ma tra le mura del Cremlino ha capito che niente è come prima

Il primo a capirlo è lui, il dittatore. Certo, non possiamo aspettarci che lo riconosca, ma nel chiuso delle mura fortificate del Cremlino, Putin ha capito che niente è come prima.

Putin vincerà le elezioni a mani basse: ma tra le mura del Cremlino ha capito che niente è come prima
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15 Marzo 2024 - 16.28


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di Irina Asanova

Il primo a capirlo è lui, il dittatore. Certo, non possiamo aspettarci che lo riconosca, ma nel chiuso delle mura fortificate del Cremlino, Putin ha capito che niente è come prima. Che tutto è destinato a cambiare. Che lui è destinato a fare i conti con l’impensabile.

Poche cose di diverso, si dirà. Piccoli appaiono i cambiamenti a chi vive in democrazia e magari la democrazia non apprezza, anzi arriva a ferirla e disprezzarla. Grandi appaiono i cambiamenti in corso in Russia a chi lì vive in un regime repressivo, e pure a chi determina quel regime. La Russia è al voto, e si sa bene come finirà, ma il voto di questo 2024 di guerra è diverso. Piccoli e grandi episodi ed eventi fanno la differenza tra gli anni trascorsi del regime e l’oggi.

Un oggi saturo di incertezze e di rischi, certo, ma che suggerisce che siamo nell’anticamera di cambiamenti epocali. Non sappiamo se e quanto traumatici, ma sono annunciati. Chi avrebbe mai pensato, per esempio, a quel che è accaduto questa mattina a San Pietroburgo? Una ragazza che lancia una molotov contro un seggio elettorale estremizzando l’invito diffuso dall’opposizione a “esprimersi” contro Putin, in un modo o nell’altro.

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Chi avrebbe mai pensato ad una donna che si avvicina alle urne e nell’urna versa un liquido colorato azzurro come la metà della bandiera ucraina, come la bandiera dei partigiani che hanno portato la guerra dentro casa, a Putin? Ed ancora, chi avrebbe pensato come possibile quel che è accaduto con la morte e alla morte di Navalny? Decine di migliaia di russi in pellegrinaggio alla tomba di Alexei, fiori in mano, sfidando l’identificazione, la repressione, i tribunali, il carcere.

Ed ancora, le tante voci di dissenso, coraggiose, dall’esilio e dall’interno di una Federazione che per sostenere lo sforzo militare nell’invasione dell’Ucraina ha dovuto dirottare negli armamenti rubli sottratti alla popolazione, che in queste ore sta pagando a caro prezzo anche il carburante, per un Paese colpito dai droni ucraini nei depositi, ora in fiamme.

Ed ancora, un isolamento mai conosciuto dalla Russia, che pure si sforza, con mezzi subdoli, di fiaccare il consenso internazionale alla resistenza ucraina foraggiando campagne di disinformazione che trovano disponibilità e sponde politiche in Europa, in Italia. Ma sopra ogni altra cosa, a fare diverso questo passaggio elettorale, cerimonia di “reincoronazione” dello zar, è la guerra.

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Guerra che non è distante, che la si può vedere dalla finestra delle case dei russi, che colpisce i russi e fa morti tra i russi. Quella che da Putin fu spacciata come “operazione speciale”, è paragonabile alle “operazioni”che l’Unione Sovietica sferrava contro i Paesi satellite che provavano a scrollarsi di dosso Mosca.

Operazione che oggi appare per quella che è sempre stata, una guerra, lunga, violenta, dispendiosa. Difficile per Putin quietare le madri che hanno perso il figlio, le mogli che sono rimaste sole, con figli. Ci prova, ma l’onda lunga sono i giovani, che hanno un passo più deciso rispetto alle vecchie generazioni, attardate a guardare un orizzonte limitato.

Ma è col coraggio dei giovani e delle donne che si dovranno fare i conti. Onda contro onda, da una parte quella che chiede libertà ascoltando l’anima russa, dall’altra l’onda della repressione, che si farà sentire, forte, nelle prossime ore ma che è destinata alla sconfitta. Il vento della Storia sa quale spingere.

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