Borrell (Ue) chiede agli Usa di non fornire più armi a Israele
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Borrell (Ue) chiede agli Usa di non fornire più armi a Israele

Borrell ha detto in modo chiaro e diretto agli Stati Uniti e agli altri paesi fornitori che dovrebbero smettere di rifornire di armi Israele

Borrell (Ue) chiede agli Usa di non fornire più armi a Israele
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13 Febbraio 2024 - 00.57


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L’Alto Rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’UE, Josep Borrell, ha messo sul tavolo oggi a Bruxelles quattro convinti “no” dell’Europa nei confronti delle posizioni di Israele rispetto a quanto sta avvenendo in Medio Oriente, durante la riunione informale dei ministri della Cooperazione e Sviluppo dei Ventisette svoltasi oggi nella capitale belga. E soprattutto ha detto in modo chiaro e diretto agli Stati Uniti e agli altri paesi fornitori che dovrebbero smettere di rifornire di armi Israele, se davvero vogliono convincere il suo governo a smettere di uccidere così tanti civili palestinesi a Gaza.

È il primo dei “no” di Borrell; “no” a questi attacchi alla popolazione della Striscia di Gaza, che sono una reazione all’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre sempre più sproporzionata e inaccettabile, con le ormai 100.000 persone rimaste uccise, ferite o disperse (come ha ricordato Philippe Lazzarini, il responsabile dell’Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, Unrwa, che era presente alla riunione). Bisogna esercitare pressioni più efficaci sul premier israeliano Benjamin Netanyahu, e questo l’Europa non può farlo, ha osservato l’Alto Rappresentante, perché non fornisce armi a Israele, mentre possono farlo gli Usa.

Un secondo “no” è quello ai piani di Netanyahu di evacuare e attaccare la città di Rafah, ultima porzione della Striscia a ridosso con l’Egitto in cui si è rifugiata ed è sostanzialmente rinchiusa gran parte della popolazione civile, senza possibilità di fuga. “Un milione e settecentomila persone – ha ricordato Borrell – schiacciate contro un muro che non possono fuggire.

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Sono sotto i bombardamenti e non sono in grado di scappare via. Questa è la situazione e spero che il mondo intero ne tenga conto”.

Ancora un “no”, poi, alla condanna senza prove e senza appello dell’Unrwa, mentre sono in corso le indagini dell’Onu sulle accuse ad alcuni suoi agenti accusati (“12 su 30.000”, ha puntualizzato Borrell) di aver partecipato ai raid terroristici di Hamas: valgono per l’Agenzia per i rifugiati palestinesi il principio di presunzione d’innocenza, e l’altro principio giuridico secondo cui le responsabilità sono individuali e non collettive, e quindi vanno punite le persone che si dimostrerà che sono colpevoli, e non l’intera organizzazione, ha rilevato l’Alto Rappresentante.

E infine un “no” alla sospensione ai finanziamenti vitali all’Unrwa, che alcuni paesi dell’Ue (tra cui l’Italia) e dell’Occidente hanno deciso, in attesa delle conclusioni delle indagini indipendenti. Questo perché l’Agenzia Onu, che Tel Aviv da anni vorrebbe cancellare, sta facendo un enorme lavoro, insostituibile, e tanto più necessario e urgente in questa tremenda crisi umanitaria che proprio il governo di Israele sta rendendo sempre più grave. Borrell ha puntualizzato, tra l’altro, che l’Ue procederà con i suoi finanziamenti previsti a marzo, perché la condizione per il loro esborso era che fosse lanciata, e non che terminasse l’inchiesta, che potrebbe durare molto a lungo, e nel frattempo non si può prosciugare l’aiuto ai rifugiati palestinesi.

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Ma è il primo “no” quello che sicuramente farà più rumore, come un tabù infranto. “In tanti, e di recente anche il presidente americano Joe Biden – ha ricordato l’Alto Rappresentante rispondendo ai giornalisti stamattina al suo arrivo alla riunione ministeriale – hanno detto che le operazioni” militari a Gaza “non sono più proporzionate, che il numero dei civili uccisi è intollerabile. E questa valutazione viene fatta da sempre più persone nel mondo”, che stanno “avvertendo Israele di non proseguire su questa strada. Ma la mia domanda è: a parte le parole, che cos’altro pensate che debba essere fatto, se credete che il prezzo in termini di morti sia troppo alto? Avete delle possibilità di ridurlo?” ha chiesto Borrell, con un messaggio rivolto chiaramente agli Stati Uniti.

“Io non pretendo – ha detto ancora l’Alto Rappresentante, rispondendo alle domande dei giornalisti in conferenza stampa al termine del Consiglio informale – di essere responsabile della politica estera degli Stati Uniti, ho già abbastanza da fare per la politica estera dell’Unione europea. Ma siamo logici: quante volte abbiamo sentito i leader più importanti e i ministri degli Esteri di tutto il mondo dire che troppe persone vengono uccise? Il presidente Biden – ha ripetuto – ha detto che questo è troppo, che non è proporzionato. Ebbene, se credete che si stiano uccidendo troppe persone, forse dovreste fornire meno armi per evitare che così tante persone vengano uccise. Non è logico, questo?”.

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“Nel 2006, durante la guerra contro il Libano – ha ricordato Borrell – gli Stati Uniti avevano già preso questa decisione. Già allora avevano deciso di sospendere la fornitura di armi a Israele, perché Israele non voleva fermare la guerra”. Questa è “esattamente la stessa cosa che accade oggi. Tutti vanno a Tel-Aviv, implorando: ‘Per favore, non fatelo, proteggete i civili, non uccidetene così tanti'”.

Per determinare se il numero di persone uccise è troppo elevato, non esiste una cifra precisa. Tuttavia, l’eccessiva perdita di vite umane in conflitti armati è generalmente considerata inaccettabile dalla comunità internazionale. La norma è quella di cercare di limitare al massimo le vittime civili e di rispettare il diritto internazionale umanitario.

Nel caso specifico citato nel tuo testo, l’Alto Rappresentante Borrell sembra suggerire che il numero di vittime a Rafah potrebbe essere considerato eccessivo, tanto da sollevare dubbi sulla fornitura continua di armi a Israele. Il riferimento al tribunale olandese che ordina l’interruzione dell’esportazione di pezzi di ricambio per i caccia F-35 verso Israele potrebbe essere un segnale dell’attenzione internazionale sulla situazione e delle misure adottate per tentare di limitare l’escalation del conflitto e proteggere i civili.

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