Israele, scandalo e squallore: hanno cancellato la 'Scuola di pace'
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Israele, scandalo e squallore: hanno cancellato la 'Scuola di pace'

Scandalo e squallore. Così JCall Italia titola un comunicato che dà conto di una decisione squallida e scandalosa operata dal governo più a destra nella storia d’Israele.

Israele, scandalo e squallore: hanno cancellato la 'Scuola di pace'
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7 Agosto 2023 - 15.07


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Scandalo e squallore. Così JCall Italia titola un comunicato che dà conto di una decisione squallida e scandalosa operata dal governo più a destra nella storia d’Israele. Un governo, per usare un titolo di Haaretz, nel quale “tutti i ministri fanno a gara a chi è più fascista”.

Scandalo e squallore

Da JCall Italia: “Il ministero dell’Istruzione di Israele vieterà i programmi di visite e incontri nelle scuole promossi da anni da Parents Circle, una delle più affermate Ong israeliane, composta da famiglie di vittime di atti di terrorismo, contro terrore e guerra, palestinesi e israeliane. Parents Circle e tra gli artefici e organizzatori del Memoriale alternativo congiunto delle vittime che da anni caratterizza il giorno del ricordo. Più volte i loro membri sono stati invitati in Italia sotto l’egida di Semi di pace, iniziativa promossa dalla rivista Confronti”.
Di seguito  il comunicato di Alliance for Middle East peace, il network di Ong Israelo-palestinesi impegnate in attività di educazione alla pace.

“Questa mattina, il 2 agosto 2023, Allmep ha appreso che uno dei nostri membri, il Parents Circle Families Forum, è stato rimosso dall’elenco delle organizzazioni approvate nelle scuole dal Ministero dell’Istruzione. Il Pcff riunisce studenti e famiglie palestinesi e israeliane in lutto per elaborare il lutto insieme e discutere dell’impatto della violenza in corso sulle loro comunità.



Questo arriva dopo gli attacchi mirati al campo estivo del Pcff, che riunisce adolescenti israeliani e palestinesi per incontrare ragazzi dell'”altra parte”, e al Memoriale congiunto con il membro dell’Allmep, Combattenti per la Pace, ad aprile.



Questi continui sforzi per ostacolare la programmazione della costruzione della pace, e in particolare i programmi di costruzione della pace che coinvolgono i giovani e una generazione emergente di israeliani e palestinesi, sono profondamente preoccupanti. In tutti i nostri membri, abbiamo assistito a minacce contro questo tipo di attività in un momento in cui sono così disperatamente necessarie. 


Una storia straordinaria

Parents Circle è stata creata nel 1995 da Yitzhak Frankrental e alcune famiglie israeliane, che nel 1998 hanno incontrato per la prima volta altre famiglie, in lutto come loro, ma palestinesi. In seguito questi incontri si sono dovuti interrompere a causa della seconda Intifada, ma nel 2000 sono stati ripresi e l’organizzazione ha iniziato a raccogliere le adesioni di molte famiglie provenienti dalla West Bank e da Gerusalemme Est, che fin da subito hanno giocato un ruolo fondamentale nel modellare le funzioni e le attività dell’associazione. Oggi si contano circa 600 famiglie associate, e due uffici, quello israeliano nei pressi di Tel Aviv e quello palestinese a Beit Jala.

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“Parents Circle esiste per dare speranza e conforto a tutte quelle persone che, loro malgrado, finiscono dolorosamente coinvolte nel sistema di conflitti, spesso senza senso, che imperversa in questa zona del Medio Oriente. Esiste per ricordare che l’odio non è la speranza, che la solidarietà aiuta veramente, e non sono solo parole. I –purtroppo- numerosi membri dell’associazione possono testimoniarlo, perché anch’essi inizialmente avevano pensato di non farcela, e avevano rischiato di soccombere all’odio, alla violenza ingiustificata e al pensiero che nulla sarebbe mai cambiato.

Parents Circle fa capire a queste persone che non ci sono né carnefici né vittime, né vincitori né vinti, perché siamo tutti carnefici e vittime allo stesso modo, soprattutto vittime di un sistema più grande di noi che prima o poi dovrà cambiare. I membri e gli organizzatori credono fortemente in questo cambiamento; pur non sapendo quando arriverà, essi sanno che arriverà, e sono in grado di diffondere questa scintilla di positività a una madre che ha appena perso un figlio, a un fratello che ha perso la sorella, o a un bambino che ha perso i genitori”, così lo racconta, mirabilmente, Andre Zhulpa Camporesi su Gariwo la foresta dei Giusti. 

La forza del dialogo

Ne scrive, a giugno, con grande sensibilità e accuratezza, Giulia Ceccutti per terrasanta.net: “In un momento storico in cui israeliani e palestinesi sembrano sempre più destinati a non capirsi, torniamo all’esperienza del Forum di famiglie Parents Circle e al suo programma rivolto agli studenti delle scuole superiori. Un’esperienza piccola, sì, ma certamente preziosa.

«Noi non ci arrendiamo. È troppo importante e andremo avanti con questo e con gli altri progetti a cui stiamo lavorando». All’altro capo del telefono, da Tel Aviv, la voce di Robi Damelin è calma ma decisa.

Robi è la portavoce Parents Circle-Families Forum (Pcff),, organizzazione congiunta israeliana e palestinese che riunisce oltre seicento famiglie in lutto. I membri hanno pagato il prezzo più alto a causa del conflitto: la morte di una persona cara.

Nel 2002 Robi ha perso un figlio trentenne, David, mentre era in servizio come ufficiale dell’esercito. Fu ucciso a un check-point nei Territori Occupati da un ragazzo palestinese di ventidue anni. La storia di questa madre, insieme a quella della palestinese Bushra Awad, è narrata, anche in italiano, nel libro Le nostre lacrime hanno lo stesso colore (Edizioni Terra Santa, 2017).

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L’annuncio del ministero dell’Istruzione israeliano

Il progetto cui fa riferimento Damelin all’inizio della telefonata è il programma di dialoghi con gli studenti nelle scuole superiori in Israele. Un programma consolidato, che esiste da più di vent’anni, approvato anni fa dal ministero dell’Istruzione. Una delle rare – se non l’unica – occasioni di conoscenza reciproca, proposta ai ragazzi e alle ragazze alle soglie del servizio militare (in Israele, lo ricordiamo, quest’ultimo è obbligatorio, e dura tre anni per i ragazzi, due per le ragazze).

A metà gennaio il ministero dell’Istruzione israeliano ha annunciato l’introduzione di una nuova misura per coloro che organizzano progetti dall’esterno nelle scuole: viene chiesto loro di non criticare o sminuire in alcun modo le forze armate. A molti tale misura è sembrata diretta, in particolare, proprio a Parents Circle.

«Purtroppo, il rischio di cancellazione di questo programma non è affatto nuovo», spiega Robi. «Già alcuni mesi fa era stato osteggiato. Al momento la situazione è piuttosto complicata. Con questo provvedimento, i presidi delle scuole superiori – cui ora spetta approvare o meno i progetti – vengono messi in una posizione difficile e problematica. Molti sono un po’ spaventati. Comprensibilmente, non amano l’idea di mettersi in una posizione rischiosa».

La nostra interlocutrice aggiunge un elemento ulteriore: «Inoltre, e questo un po’ da sempre, non tutti i genitori sono d’accordo con questo genere di incontri. Alcuni esprimono disapprovazione. Dipende dalle idee che ciascuna famiglia esprime. In sintesi, la questione al momento è senza dubbio complessa».

Storie di cambiamento

Chiediamo a Robi come si svolge in dettaglio il programma e lei puntualizza per prima cosa l’età degli studenti – diciassette anni – e il fatto che gli incontri avvengano proprio prima dell’inizio del servizio militare. «Portiamo nelle classi due membri della nostra associazione, uno israeliano, l’altro palestinese. Ciascuno racconta la propria storia. A volte sono storie di trasformazione, di cambiamento. Poi la discussione si apre alle domande dei ragazzi. Tanti non parlano arabo. Hanno avuto l’opportunità di viaggiare all’estero e di vedere diversi Paesi, ma non conoscono il loro vicino. Questi momenti per molti rappresentano un’opportunità davvero unica di confrontarsi con una persona dell’altro popolo, e di farlo innanzitutto, semplicemente, come esseri umani».

Ogni incontro viene preparato con cura, attraverso riunioni preliminari con gli insegnanti delle classi coinvolte e il dirigente scolastico. Viene prestata attenzione anche all’elaborazione successiva, «perché i docenti dovranno essere in grado di saper gestire il “dopo”, ossia quanto emerge da questo dialogo. Diciassette anni è un’età delicata: se accetteranno di svolgere il servizio militare, entrando nell’esercito, i ragazzi devono essere consapevoli di ciò a cui vanno incontro». L’organizzazione mette a disposizione degli istituti anche un kit educativo, con lezioni e materiali utili.

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Di qua e di là del muro di separazione

Il programma si svolge in diverse città d’Israele: Tel Aviv, Haifa, Be’er Sheva… «Andiamo ovunque ci invitino», continua Robi.

Dall’altra parte del muro di separazione, nei Territori Palestinesi, gli incontri non avvengono nelle scuole, ma presso club, circoli e abitazioni di donne. «Abbiamo un bel gruppo di donne palestinesi molto attive», precisa. «Nei Territori, spesso per i giovani questa è la prima volta in cui si trovano di fronte un israeliano che non è un colono, o un soldato in divisa. Il messaggio che ricevono ascoltando le storie dei membri di Parents Circle è che tutti condividiamo lo stesso dolore».

Tornando all’attualità, la risposta che il Forum di famiglie sta elaborando per poter mantenere il programma nelle scuole si articola su più piani. Sui social media ha lanciato una campagna ad hoc per farlo conoscere al pubblico israeliano. Ha attivato nuove collaborazioni con realtà che si occupano di pubblicità e pubbliche relazioni per riuscire a raggiungere un maggior numero di israeliani e allargare il proprio pubblico. Si sta infine preparando per intraprendere una probabile azione legale.

Nel tempo, infatti, il progetto ha dato risultati confortanti, sintetizzati, tra le altre cose, da quanto emerso finora dai questionari di valutazione: il 91 per cento degli studenti israeliani ha riportato un’esperienza molto positiva; il 72 per cento ha riferito un aumento del grado di empatia verso l’«altra parte», mentre il 76 per cento ha espresso il desiderio di conoscerla meglio. In sette su dieci, infine, hanno dichiarato un aumento dei propri sentimenti di ottimismo nei confronti della pace”.

Ecco, è questa straordinaria esperienza collettiva che i fascisti al governo in Israele intendono distruggere. L’hanno cominciato a fare. Ma di questo scandalo, statene certi, non troverete traccia sulla stampa mainstream di casa nostra.

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