Ucraina, il piano Zelensky e i dubbi di Biden: tra 'vittoria sui russi' e 'pace giusta'
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Ucraina, il piano Zelensky e i dubbi di Biden: tra 'vittoria sui russi' e 'pace giusta'

Il viaggio-lampo di Volodymyr Zelensky negli Usa è stato, senza ombra di dubbio, un successo politico e personale per il presidente dell’Ucraina

Ucraina, il piano Zelensky e i dubbi di Biden: tra 'vittoria sui russi' e 'pace giusta'
Zelensky e Biden
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

24 Dicembre 2022 - 18.09


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Standing ovation. Enfatici, e un po’ imbarazzanti, riferimenti al  discorso di Winston Churchill del ’41. Il viaggio-lampo di Volodymyr Zelensky negli Usa è stato, senza ombra di dubbio, un successo politico e personale per il presidente dell’Ucraina. Tuttavia non è stato tutto rosa e fiori e…Patriot per il presidente-combattente. E a darne conto è la notizia che Zelensky sta lavorando a un piano in 10 punti per porre fine al conflitto che ormai da oltre 300 giorni devasta l’Ucraina.

Un piano “imposto” dagli Usa

 Con l’intenzione – secondo il Wall Street Journal, che cita diplomatici Ue e ucraini – di presentarlo intorno al 24 febbraio prossimo, primo anniversario dell’invasione e periodo in cui si teme di più l’arrivo in Ucraina di una nuova offensiva russa su vasta scala

Fino a quella data, l’idea di Kiev è massimizzare le riconquiste territoriali con “più vittorie possibili”, per poi presentarsi più forti ad un eventuale tavolo negoziale. Per il giornale americano, il leader ucraino ne ha già parlato con Biden durante la visita a Washington. E del piano di pace di Kiev “ne abbiamo parlato” anche coi partner del G7, ha riferito il segretario di Stato americano Antony Blinken. “Posso solo dirvi che stiamo valutando ciò che ha proposto” Zelensky, ha aggiunto il capo della diplomazia Usa, secondo cui la formula di Kiev è “un buon inizio”, ma senza specificare quanto tempo ci vorrà a Stati Uniti e Ucraina per valutare congiuntamente il piano.

Per quanto però si possa parlare di pace, per ottenerla bisogna che ci sia la volontà di entrambi i fronti. E dal Cremlino si sono affrettati a dire che a loro non risulta che da parte ucraina ci siano piani di pace, perché Kiev “non tiene conto della realtà attuale”. Con il conflitto pronto ormai a varcare le porte del 2023, persino Vladimir Putin ha usato per la prima volta la parola “guerra” parlando dell’offensiva militare giovedì in conferenza stampa. Un dettaglio che non è passato inosservato e che ha scatenato reazioni anche in Russia. Tanto che un deputato del comune di San Pietroburgo, Nikita Yuferev, ha chiesto l’apertura di un procedimento nei confronti dello zar, le cui parole possono “essere ritenute legalmente responsabili della diffusione di falsità sulle azioni dell’esercito russo”.

Parole a parte, il presidente russo prepara la guerra nei fatti, convinto dei “progressi significativi sulla via della smilitarizzazione” dell’Ucraina, secondo il portavoce Peskov. Lo zar ha ordinato ai capi dell’industria della difesa di garantire che l’esercito russo riceva tutte le armi e le attrezzature “nei tempi più brevi possibili” per combattere in Ucraina. Mentre il leader bielorusso Aleksandr Lukashenko arriverà sabato in Russia dopo la recente visita di Putin a Minsk. Mosca prepara poi la vendetta contro il price cap europeo sul gas, mentre il ministro all’Energia e vicepremier russo, Aleksandr Novak, ha annunciato l’intenzione di dirottare le forniture di gas dall’Europa verso altre aree del mondo, benché il mercato europeo resti “rilevante”.

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L’”arma” dell’ironia

Gli Stati Uniti hanno invitato, con una punta di ironia,  Putin a riconoscere la realtà del conflitto in Ucraina e a ritirare le sue truppe dopo aver usato la parola “guerra”, proibita in Russia, durante una conferenza stampa. L’intervento russo in Ucraina è dall’inizio definito ufficialmente in Russia “operazione militare speciale”. Le autorità russe hanno introdotto una legge che prevede pesanti pene detentive per ogni pubblicazione di informazioni sull’esercito russo ritenute “false” e diverse persone sono state condannate, in particolare dopo aver pubblicamente definito il conflitto una “guerra”. Tuttavia, durante una conferenza stampa di giovedì, il presidente russo ha usato questa parola, assicurando di volere che il conflitto in Ucraina finisca “il prima possibile”. “Dal 24 febbraio, gli Stati Uniti e il resto del mondo sanno che l’operazione militare speciale è stata una guerra non provocata e ingiustificata contro l’Ucraina”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato americano. “Alla fine, dopo 300 giorni, Putin ha chiamato la guerra con il suo nome”, ha aggiunto. “Come prossimo passo per riconoscere la realtà, lo esortiamo a porre fine a questa guerra ritirando le sue truppe dall’Ucraina”. “L’aggressione della Russia contro la sovranità del suo vicino ha causato la morte, la distruzione e lo sfollamento delle popolazioni”, qualunque sia la terminologia usata da Putin, ha proseguito il Dipartimento di Stato. Un deputato municipale russo, Nikita Iouferev, ha annunciato da parte sua giovedì sera di aver sporto denuncia contro il presidente Vladimir Putin, accusato di aver diffuso “false informazioni” usando la parola “guerra” per descrivere l’operazione. 

Il dilemma di Biden

“In concomitanza con la storica visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky negli Stati Uniti – scrive il Post – il governo americano ha approvato nuovi aiuti militari a favore della difesa dell’Ucraina nella resistenza contro l’invasione russa: gli aiuti appena approvati valgono 1,85 miliardi di dollari, e sono tra i più rilevanti inviati finora (in totale, gli Stati Uniti hanno speso quest’anno 21,3 miliardi di dollari per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina). Tra le altre cose, gli aiuti comprendono una batteria di missili Patriot, il sistema di difesa missilistica più avanzato in possesso dell’esercito americano.

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Quest’ultimo invio di mezzi militari ha anche un certo valore simbolico, perché mostra come gli Stati Uniti siano pronti a fare grossi investimenti nella difesa dell’Ucraina. Nonostante questo, rimane una certa dialettica tra Stati Uniti e Ucraina: Zelensky vorrebbe che gli Stati Uniti inviassero ulteriori armi, e aggiungessero ai sistemi di difesa anche missili offensivi a lungo raggio. Il presidente americano Joe Biden, invece, deve cercare di bilanciare gli aiuti alla resistenza ucraina con la necessità di evitare che la Russia percepisca l’invio di armi come un’escalation e un ulteriore coinvolgimento degli Stati Uniti e della Nato nella guerra.

Questa dialettica si è vista anche durante la visita di Zelensky a Washington. Durante la conferenza stampa congiunta una giornalista ha chiesto a Biden: «Non potremmo dare all’Ucraina tutti gli aiuti militari di cui ha bisogno per liberare tutto il proprio territorio il prima possibile?». E Biden ha detto, indicando Zelensky: «La sua risposta è sì». Zelensky a quel punto si è messo a ridere e ha esclamato: «Sono d’accordo!».

Secondo alcuni giornali, inoltre, la delegazione ucraina avrebbe ripetuto la richiesta non soltanto di missili difensivi, ma anche di missili offensivi a lunga gittata, i cosiddetti ATACMS, che sono i più potenti e sofisticati missili terra-terra che l’esercito americano abbia a disposizione. Gli Stati Uniti però si rifiutano di fornire gli ATACMS all’Ucraina, perché con quei missili l’esercito ucraino sarebbe in grado di colpire molto in profondità il territorio russo.[…]. Eppure l’invio di una batteria di Patriot americani ha un’importanza notevole; anzitutto simbolica, perché mostra che l’impegno degli Stati Uniti per la difesa dell’Ucraina è ancora molto elevato. In secondo luogo può avere conseguenze militari anche rilevanti. Come ha notato un’analisi di Stratfor, un sito americano di cose militari, l’esercito ucraino potrebbe per esempio decidere di usare i Patriot per proteggere la capitale Kiev, e in questo modo potrebbe spostare verso il fronte altri sistemi missilistici meno sofisticati, per difendere le proprie forze di terra che stanno combattendo a est.[…] L’importanza dei Patriot è stata rilevata anche dalla Russia: Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha detto che l’invio dei sistemi d’arma all’Ucraina rappresenta un’escalation e mostra che gli Stati Uniti sono parte belligerante della guerra.

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Anche per evitare ulteriori reazioni come questa, gli Stati Uniti si rifiutano ormai da mesi di fornire all’Ucraina armi offensive più potenti degli HIMARS, come per esempio i missili ATACMS. Sono i missili terra-terra a più ampio raggio a disposizione dell’esercito americano, che oltre a essere estremamente potenti e distruttivi possono colpire obiettivi a 300 chilometri di distanza, più del doppio di qualunque altro missile a disposizione attualmente dell’esercito ucraino.

Gli ATACMS sarebbero molto facili da usare, perché possono essere montati sugli stessi lanciatori degli HIMARS, e sarebbero molto utili all’Ucraina per esempio per colpire obiettivi nella penisola occupata della Crimea. Tuttavia gli Stati Uniti continuano a rifiutarsi di fornirli, principalmente per tre ragioni: anzitutto evitare un’estensione ulteriore della guerra, e che la Russia percepisca la fornitura di armi offensive molto potenti come una provocazione diretta da parte dell’Occidente. In secondo luogo, perché gli ATACMS sono missili estremamente sofisticati che vengono usati soltanto nelle missioni più sensibili.

Inoltre sono relativamente pochi, benché non sia chiaro con esattezza quanti ce ne siano nell’arsenale americano. Anche il timore di ridurre eccessivamente le scorte militari americane ha un ruolo nell’equilibrio delicato che gli Stati Uniti stanno cercando di tenere con gli aiuti all’Ucraina. Ormai da mesi si teme che l’invio di migliaia di armi e munizioni all’esercito ucraino possa ridurre le capacità militari americane, e soprattutto le possibilità degli Stati Uniti di armare e difendere i propri alleati”.

Così il Post.

Patriot in cambio di pace. Patriot per favorire la pace. Biden ha accolto con favore l’apertura del presidente ucraino “a una pace basata sui principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite”, così riportava in una nota la Casa Bianca dopo la telefonata avvenuta tra i due leader, il 12 dicembre scorso.

Resta il fatto che il presidente ucraino parla di “vittoria sui russi”, mentre quello americano di “pace giusta”. Non è una distinzione semantica.

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