Migranti: Italia con Grecia, Cipro e Malta ma prende schiaffi da Francia, Germania e Spagna
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Migranti: Italia con Grecia, Cipro e Malta ma prende schiaffi da Francia, Germania e Spagna

Alla Commissione Ue è arrivata una dichiarazione congiunta, firmata dai ministri dell’Interno di Italia, Malta, Cipro e Grecia, i Paesi di primo ingresso in Europa dal Mediterraneo

Migranti: Italia con Grecia, Cipro e Malta ma prende schiaffi da Francia, Germania e Spagna
Matteo Piantedosi e Giorgia Meloni
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13 Novembre 2022 - 18.22


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Francia, Germania e Spagna, (più o meno) contro. Grecia, Malta, Cipro, a favore. Complimenti presidente Meloni, l’offensiva italiana sul fronte migranti ha dato risultati strabilianti…E’ come aver fatto zero al totocalcio. O, visto che siamo in tempi di mondiali, è come aver beccato ai sorteggi alcune tra le nazionali più forti. 

Campagna acquisti un po’ grama

La risposta del governo Meloni dopo lo strappo con la Francia sui migranti è affidata a una lettera congiunta con gli altri Paesi del Mediterraneo. Alla Commissione Ue è arrivata una dichiarazione congiunta, firmata dai ministri dell’Interno di Italia, Malta, Cipro e Grecia, i Paesi di primo ingresso in Europa dal Mediterraneo, nella quale si definisce “increscioso e deludente” il mancato rispetto degli accordi sulla relocation dopo gli arrivi perché “rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari”. Il meccanismo, aggiungono, si è dimostrato “lento” per alleviare la pressione sui Paesi “di prima linea”. E per questo chiedono una “discussione seria” anche sull’approdo delle navi delle Ong.

“L’Italia, la Grecia, Malta e Cipro, in quanto Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali+e delle norme dell’Ue – si legge nella nota – Abbiamo sempre sostenuto con forza la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri”.

Quindi il richiamo alla Dichiarazione Politica dello scorso 10 giugno con la quale è stato istituito un meccanismo di relocation temporaneo e volontario. Uno schema passato, viene sottolineato nella lettera, nonostante i Paesi Med5 “sostenessero la relocation obbligatoria”. E quindi ecco le criticheagli alti Paesi dell’Unione Europea: “Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno”. E il meccanismo, sottolineano, si è oltretutto “dimostrato lento” finendo per non “alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti”.

Tutto ciò – sostengono Italia, Grecia, Malta e Cipro – è “increscioso e deludentein un momento “in cui i nostri Paesi devono affrontare sempre più frequentemente una pressione migratoria che sta mettendo a dura prova il nostro sistema di asilo e di accoglienza”. Quindi la lettera si concentra sul ruolo delle navi delle Ong: “Non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali – conclude la nota -, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”.

Quindi Italia, Malta, Cipro e Grecia invitano le Ong a “rispettare” la “cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue“. E, rivolgendosi di nuovo agli altri Paesi membri, chiedono che “ogni Stato” eserciti effettivamente “la giurisdizione e il controllo” sulle navi battenti la propria bandiera. I quattro Paesi, inoltre, ritengono “urgente e necessaria” una discussione sul “coordinamento delle Ong nel rispetto delle convenzioni” internazionali. “Tutti gli Stati di bandiera si assumano le loro responsabilitàin conformità con i loro obblighi internazionali”, concludono invitando l’Ue ad adottare le misure per avviare la discussione. Da qui la possibilità di un vertice a fine novembre, non solo tecnico ma anche politico.

Berlino e Parigi mantengono il punto

Le Ong “meritano la nostra riconoscenza e il nostro appoggio”. E’ quanto scrive su Twitter l’ambasciatore tedesco in Italia, Viktor Ebling, “Nel 2022 – chiarisce Ebling – sono già oltre 1.300 le persone morte o disperse nel Mediterraneo. Un 12% dei sopravvissuti sono stati salvati dalle Ong”. Ebling continua affermando: “Loro salvano vite laddove l’aiuto da parte degli Stati manca. Il loro impegno umanitario merita la nostra riconoscenza e il nostro appoggio”.  Proprio dalla Germania arriva una mano tesa nei confronti degli attivisti delle Ong e del loro impegno in mare. Il Bundestag ha infatti deciso di stanziare 2 milioni di euro l’anno fino al 2026  a favore della tedesca United4rescue, che ha reagito con grande soddisfazione: “E’ un segnale politico forte e una spinta importante in tempi difficili”. 

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E nuove bordate partono da Parigi, direzione Roma. Per il governo francese, l’Italia “non mantiene l’impegno fondamentale nel meccanismo di solidarietà europea” quindi Parigi non manterrà l’obbligo previsto. E Meloni è “la grande perdente di questa situazione”. La Francia non manterrà l’impegno previsto dal meccanismo europeo di solidarietà di accogliere “poco più di 3mila” migranti presenti al momento in Italia, “di cui 500 entro la fine dell’anno”. A dichiararlo è il portavoce del governo francese, Olivier Veran, dopo il caso della Ocean Viking, arrivata venerdì a Tolone. “L’Italia non mantiene l’impegno fondamentale nel meccanismo di solidarietà europea” e la Francia non manterrà l’obbligo previsto, “ovvero accogliere 3mila migranti attualmente sul territorio italiano”, ha detto Veran all’emittente Bfmtv.

Prova a metterci una pezza il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il cui pensiero è il seguente: : “Le Ong non possono decidere la politica europea. La polemica con Parigi? Non è partita da noi”. Ma a rialzare i toni ci pensa Matteo Salvini che spara un tweet da battaglia navale: “Siamo pronti a pugno duro sugli sbarchi”.

Modello Turchia

L’ultima trovata partorita dal Governo: il modello Turchia. Come evidenzia Il Messaggero, nel piano che il governo italiano sta preparando in vista del vertice europeo dei ministri degli Interni in programma a fine mese, c’è infatti la replica di ciò che l’Ue ha fatto per bloccare la rotta balcanica su richiesta della Germania e dei Paesi del Nord Europa travolti dall’ondata dei profughi siriani. Al vertice dei ministri degli Interni, il titolare del Viminale, Matteo Piantedosi chiederà lo stanziamento di ingenti risorse sul modello turco (per difendere la Germania dalla rotta balcanica la Turchia ricevette 6 miliardi di euro). L’obiettivo è organizzare campi profughi in Nord Africa, soprattutto in Tunisia e Libia, con la presenza di organizzazioni umanitarie e forze militari europee. “Dovremo garantire condizioni adeguate di accoglienza per i migranti e sicurezza soprattutto in Libia, dove la Russia destabilizza”, racconta una fonte del governo. In questi campi, dovrebbero essere predisposti hotspot per l’identificazione dei migranti e la raccolta delle domande di asilo. Una gestione coordinata dell’Ue permetterebbe di “distribuire equamente, nei vari Paesi europei, coloro che avranno diritto allo status di rifugiato. In questo modo verrebbe interrotto il traffico di esseri umani, si metterebbe la parola fine al drammatico massacro di migranti nelle acque del Mediterraneo e si fermerebbero le provocazioni delle navi Ong”, sostengono alcuni esponenti del governo.

Come abbia funzionato il “modello turco” sul contenimento dei migranti lo hanno documentato, e denunciato, decine di report delle più autorevoli agenzie umanitarie internazionali nonché report di agenzie Onu. 

Una storia tragicamente emblematica

Diciassette ottobre 2022. Da lanci di agenzie stampa. L’Unhcr, l’’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha fatto sapre di essere”profondamente angosciata” da quelle immagini, che raffigurano uomini completamente nudi che si stringono fra loro impauriti presso il fiume Evros che in quella zona fa da confine tra i due Paesi, mentre Grecia e Turchia continuano a scaricarsi reciprocamente la colpa. Atene ha attribuito le responsabilità dell’accaduto ad Ankara, definendone il comportamento una ”vergogna per la civiltà”. Al contrario, le autorità turche hanno definito le accuse del loro vicino settentrionale come fake news, accusando a loro volta gli ellenici di ”crudeltà”. Entrambe le parti, però, hanno espresso il loro ”profondo dolore” per le storie e le fotografie sconvolgenti dei migranti, e l’Unhcr ha chiesto l’apertura di un’indagine. Le immagini si riferiscono a venerdì scorso, quando vicino al confine greco-turco sono stati ritrovati 92 uomini nudi, alcuni dei quali con vistose ferite, principalmente provenienti dalla Siria e dall’Afghanistan. La polizia greca ha dichiarato di averli messi tutti in salvo, fornendogli prima assistenza, vestiti e cibo. Come e perché gli uomini abbiano perso i loro indumenti rimane però un mistero. Dalle prime indagini, sembrerebbe che i migranti siano entrati in territorio greco dalla Turchia a bordo di gommoni. Parlando alla Bbc, un rappresentante dell’Unhcr ha espresso ”grande dolore per le terribili storie di ognuno e le terribili fotografie”, ma ha detto di non essere ancora riuscito a comunicare personalmente con il gruppo, esprimendo tuttavia ottimismo sulla possibilità di farlo nei prossimi giorni. Appena pochi giorni fa un rapporto UE criticava alcuni dipendenti di alto livello di Frontex per aver insabbiato i respingimenti di migranti illegali dalla Grecia alla Turchia, cosa che sia Atene che l’agenzia frontaliera europea smentiscono.

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E questo è solo uno degli innumerevoli episodi di brutalità contro migranti che si sono consumati ai confini tra Turchia e Grecia.

E a proposito di quest’ultima. Ecco come la Grecia tratta i migranti. 

Il “modello greco”

In Grecia la detenzione amministrativa dei migranti richiedenti asilo è diventata la regola e non l’eccezione, in aperta violazione con la normativa europea. Uomini, donne e bambini sono sottoposti a condizioni di detenzione degradanti e che negano i loro diritti fondamentali, come rilevato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.   E’ l’allarme lanciato da Oxfam e Greek Refugees Council con un nuovo rapporto che fotografa una situazione a dir poco drammatica. Il dossier rileva come: già a giugno i migranti in detenzione amministrativa, quindi senza nessuna accusa penale a carico erano quasi 3 mila;  7 migranti irregolari su 10 sono posti in detenzione amministrativa e la maggior parte rimane detenuta anche una volta presentata la domanda di asilo.  1 persona su 5 viene detenuta per lunghi periodi in celle anguste concepite per poche ore di fermo; donne incinta, bambini e persone con gravi vulnerabilità, vengono detenute senza un’assistenza sanitaria e legale adeguata; quasi la metà (il 46%) dei migranti vi rimane per oltre 6 mesi.

“La volontà di usare la detenzione come prassi si riflette nelle recenti politiche adottate dalla Grecia. Nonostante la normativa europea indichi la detenzione amministrativa come ultima risorsa –  osserva Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia – Nel 2019 infatti le autorità greche hanno ampliato i motivi che portano alla detenzione anche alla verifica dell’identità della persona; hanno  eliminato la possibilità di prendere in considerazione misure alternative, in determinate circostanze;  e hanno introdotto la possibilità di estendere la detenzione fino a 3 anni. Un approccio che rappresenta una chiara violazione del diritto europeo e greco”.

 La detenzione amministrativa è solo un altro strumento perimpedire alle persone di cercare sicurezza e un futuro in Europa –aggiunge Vasilis Papastergiou, esperto legale del Greek Refugees Council –  Mentre le autorità greche si rifiutano di considerare altre opzioni, i tribunali greci spesso rifiutano i ricorsi e gli appelli contro la detenzione, anche da parte di donne in gravidanza. Uno status quo avvallato anche dall’Unione Europea che sta finanziando i nuovi centri di semi-detenzione in Grecia, luoghi chiusi e controllati dove i migranti vengono abbandonati a sé stessi e dimenticati. Tutto questo, la detenzione assunta come regola e non come eccezione, come non è solo contrario alle normative internazionali ed europee sulle migrazioni, ma implica anche un pesante costo morale ed economico”.

 “E’ necessario che la Grecia cambi approccio politico e prenda immediati provvedimenti legislativi che la riportino in linea con lo Stato di diritto. – continua Pezzati – I principali sono: porre fine alla detenzione prolungata nelle stazioni di polizia, evitare l’uso della detenzione senza che esista una decisione di un giudice e permettere la concreta possibilità di un sostegno legale alle persone straniere. E’ inoltre inaccettabile che le stazioni di polizia, centri di pre-allontanamento o espulsione e altri luoghi di detenzione amministrativa, siano diventati luoghi di detenzione anche per i bambini.  Questa pratica deve terminare quanto prima”.

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 Voci dall’inferno delle carcerigreche

Le testimonianze raccolte nel rapporto, riportano le esperienze dirette di chi ha vissuto sulla propria pelle periodi di detenzione lunghi e durissimi senza nessun motivo.

 Detenuto perché non riusciva a presentare domanda d’asilo

Abdul (nome di fantasia) è un giovane afghano che dopo aver trascorso 2 anni in Grecia e aver tentato per più di tre mesi di presentare domanda di asilo, è stato arrestato per le mille difficoltà incontrate che gli hanno impedito di terminare la procedura.  “Sono qui da solo. È la prima volta che vengo arrestato e ho molta paura. – racconta – Ho bisogno di uscire di qui, di un mio spazio vitale, desidero solo che mi venga riconosciuta la possibilità di restare qui in modo legale”.

In fuga dalla Siria e richiuso per 9 mesi in cella

Omar (nome di fantasia), cittadino siriano è stato messo in detenzione al momento di presentare la richiesta di asilo. “Siamo stati rinchiusi in cella per 22 ore al giorno, senza poter fare telefonate, ricevere visite costretti a mangiare un cibo disgustoso.  – racconta – Spesso dovevamo pregare le guardie anche solo per andare in bagno e a volte non era nemmeno possibile”. 

Un ragazzo intrappolato dalla pandemia

Mohammed (nome di fantasia) era un ragazzo quando è arrivato in Grecia ed ha fatto subito domanda per ricongiungersi con la propria famiglia in un altro paese europeo. Stava per partire, ma il suo volo fu cancellato a causa della pandemia. In attesa della revoca delle restrizioni per il Covid-19, ha compiuto diciotto anni e perso la protezione riservata ai minori. Dopo un incidente, temendo per la sua sicurezza, ha chiamato la polizia, che invece di aiutarlo lo ha trattenuto in detenzione. Ci è rimasto per mesi perché l’ufficio per il ricongiungimento familiare non riusciva ad avere sue notizie a causa delle inefficienze amministrative greche. Lo stato di salute mentale di Mohammed è particolarmente grave. Ha tentato il suicidio ed è stato ricoverato in ospedale, ma poi le autorità – nonostante fosse ancora debole e provato – lo hanno rispedito in cella. Dopo otto mesi di detenzione e molti interventi da parte del Grc, gli è stato consentito di raggiungere la famiglia.

 Negati farmaci salvavita a un richiedente asilo

 “Queste storie ci dicono quanto crudeli, scioccanti siano le condizioni di detenzione in Grecia. Le persone muoiono per malattie prevenibili, o si suicidano perché disperate. Tra i detenuti ci sono ragazzi e donne incinte. – conclude Pezzati – Tutti vivono un senso di abbandono e progressivamente perdono letteralmente la ragione. La detenzione non può essere la soluzione di default, la Grecia deve trovare alternative e smettere di punire migranti e richiedenti asilo che vogliono costruirsi una vita in Europa”.

Il rapporto è di un anno fa. Nel 2022 la situazione è ulteriormente peggiorata. 

La Grecia è firmataria della Convenzione europea sui rifugiati ed è quindi illegale rifiutarsi di accogliere una domanda d’asilo o rimpatriare dei richiedenti asilo in Paesi in cui corrono dei rischi. L’Italia di Giorgia Meloni e la Grecia. Ovvero, altra puntata del “dimmi con chi vai, ti dirò chi sei”. 

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