Libia, la grande spartizione è tra lo Zar di Mosca Putin e il Sultano di Ankara Erdogan
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Libia, la grande spartizione è tra lo Zar di Mosca Putin e il Sultano di Ankara Erdogan

La Turchia ha occupato l'area della capitale, il Cremlino ha allestito un corridoio di basi che dalla costa punta al cuore dell'Africa”.

Putin e Erdogan
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

15 Febbraio 2021 - 17.00


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Globalist ne ha dato conto da mesi con articoli e interviste (verba volant, scripta manent): in Libia la partita è tra lo “Zar” e il “Sultano”, al secolo, rispettivamente, Vladimir Putin, presidente-autocrate della Fondazione Russa, e Recep Tayyp Erdogan, presidente-padrone della Turchia.

Ora siamo in ottima compagnia. Il vallo di Putin e le fortezze turche: la nuova Libia ha due soli padroni. E’ il titolo del documentato articolo di Gianluca Di Feo su Repubblica . Questo il sommario: “Mosca e Ankara costruiscono fortezze per colonizzare il Paese. Dalle immagini dei satelliti, ecco la mappa aggiornata degli schieramenti. La Turchia ha occupato l’area della capitale, il Cremlino ha allestito un corridoio di basi che dalla costa punta al cuore dell’Africa”.

Lo “Zar” del Mediterraneo

Particolari che arricchiscono il “puzzle” libico e che portano alla conclusione, condivisa da Di Feo, che Mosca e Ankara in Libia hanno intenzione di rimanerci. E molto a lungo.

Non è il Risiko del Mediterraneo. Non è un gioco da tavolo, ma una partita combattuta con armi vere. E la posta è altissima: il controllo delle risorse petrolifere, e delle rotte del gas, nel Mediterraneo. Geopolitica e affari. E in questa partita, uno dei players centrali siede al Cremlino. E’ il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. Dopo aver di conquistato il controllo della Siria, o di ciò che ne resta in piedi, sostenendo sul piano militare, come su quello diplomatico, il regime di Bashar al-Assad, “Zar Vladimir”, ha indirizzato ida tempo i suoi appetiti sulla Libia, supportando l’”Assad della Cirenaica”: il generale Khalifa Haftar.

Molto interessante, a tal proposito, è un documentato report dell’Agi: Mosca, che aveva già inviato al generale della Cirenaica mezzi ed equipaggiamenti almeno due anni fa, ha dispiegato un piccolo esercito di mercenari del Gruppo Wagner. Chiamata dai suoi membri semplicemente “Compagnia”, Wagner è una società di contractor riconducibile ad Evgheni Prigozhin, conosciuto anche come lo chef di Putin per il suo business nel catering e la sua vicinanza al presidente russo.  Alcune centinaia di mercenari reclutati tra le milizie fedeli a Damasco nelle province del sud della Siria sarebbero già in Cirenaica insieme ad armi ed equipaggiamento trasportati da aerei cargo russi e della compagnia siriana Cham Wings, a cui appartengono anche i due voli arrivati il 20 maggio a Bengasi. Uno di questi, proveniente da Teheran ma che ha fatto scalo a Damasco, ha aperto l’ipotesi che milizie scite filo-iraniane ed Hezbollah possano affiancare le forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) “Ogni recluta riceve uno stipendio mensile di 1.000 dollari per combattere dalla parte delle forze di Haftar contro il Governo di accordo nazionale sostenuto dalla Turchia, che anch’essa recluta mercenari in Siria”, spiegano fonti  dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus).

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Sul campo sono impiegati anche mezzi ed equipaggiamenti militari, “inviati almeno due anni fa”: camion corazzati Ural (gli stessi in possesso della ‘Compagnia’ in Repubblica Centroafricana e Sudan); jet Sukhoi-22; artiglieria e armi leggere. Negli ultimi giorni, le forze di Tripoli hanno distrutto e sequestrati anche diverse batterie antiaeree Pantsir-S1. 

Mosca ha un accordo di cooperazione militare con l’Lna firmato nel gennaio 2017 dal generale Haftar a bordo della portaerei Admiral Kuznetsov in navigazione nel largo di Tobruk.

Il ruolo russo nella fornitura sembra del resto confermato non solo dal fatto che gli aerei provenissero dalla base siriana di Mosca (fosse utilizzata come scalo intermedio per il trasferimento dei velivoli) ma dal fatto che Mig e Sukhoi 24 fossero scortati da due caccia Sukhoi Su-35 delle forze aeree russe. Gli stessi piloti e tecnici destinati a operare con questi velivoli potrebbero essere libici addestrati in Russia oppure contractors russi o ancora siriani, che impiegano da anni questi due tipi di velivoli. In ogni caso la deterrenza espressa dai velivoli russi potrebbe influire sugli sviluppi a breve termine della situazione.”. 

Il dossier Onu

Secondo gli analisti della Nazioni Unite, contractor militari russi sono impegnati in Libia in operazioni “su vasta scala” — dal training al fronte — per sostenere le ambizioni politiche armate di Haftar.  Ci sarebbero tra gli 800 e i 1200 uomini del gruppo Wagner, che operano attivamente in Libia almeno dal 2018. Tra questi ci sono anche una quarantina di cecchini in prima linea sul fronte tripolino. Sono ex forze speciali che mesi fa hanno fatto la differenza pro-Haftar, e da quando hanno un po’ allentato le attività il capo miliziano dell’Est ha iniziato a indietreggiare.

Nel report ci sono le immagini di questi professionisti della guerra e prove tecniche circostanziali, come la presenza in Libia di granate Vog-25 da 40 mm, che sono state utilizzate dagli agenti Wagner nell’Ucraina orientale e in Siria.

Le analisi sono state effettuate dagli esperti dell’Onu che monitorano le sanzioni contro la Libia — sottoposta a embargo dal 2011, misura costantemente violata su entrambi i fronti, e ora oggetto del controllo della missione navale europea Irini  attivata da pochi giorni. Il report è la prima ampia analisi delle Nazioni Unite sui mercenari russi, ed è stato visto da Bloomberg in anteprima.

Un’entità collegata a Wagner si è impegnata in una “campagna altamente sofisticata ed estesa sui social media” per sostenere Haftar e le sue operazioni a terra, ha osservato il gruppo di analisti onusiani, aggiungendo che le “operazioni psicologiche” sono vietate sotto l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite. Uno sforzo simile è stato intrapreso per sostenere Saif Al-Islam Gheddafi, il figlio del defunto dittatore, considerato il cavallo su cui Mosca ha puntato in Libia.

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Ora, non è certo un segreto che in Russia non si muova foglia che lo “Zar” non voglia: e la recente “scomparsa” dal campo di battaglia dei mercenari russi, era un messaggio molto chiaro che un adirato Putin ha indirizzato ad Haftar: se credi di potercela fare da solo, accomodati pure, ma scordati del sostegno russo, diretto o indiretto. Haftar ha capito e si è adeguato. Per il capo del Cremlino, l’ex ufficiale, neanche tra i più capaci, di Muammar Gheddafi, può al massimo aspirare ad essere, per Mosca, l’Assad libico, vale a dire lo strumento di una politica imperiale russa nel Mediterraneo.

I soldi che circolano in Est Libia sono stampati in Russia. Il danaro stampato a Tripoli può circolare soltanto in Tripolitania. Gli interessi sono evidenti.

Per Mosca non ci sono in ballo solo gli uomini del gruppo Wagner” che sostengono il generale Khalifa Haftar, spiega al Foglio Maxim Suckov, professore al Moscow State Institute per le relazioni internazionali.Per Suckov “il Cremlino ha gradualmente aumentato la sua influenza anche sul piano politico del conflitto”. Il riferimento è al piano segreto rivelato da Bloomberg e dal Daily Beast:: nell’aprile dello scorso anno, Yevgeny Prigozhin, leader della Wagner e uomo molto vicino a Vladimir Putin, aveva avvicinato il figlio di Gheddafi, Saif al Islam, per verificare se ci fossero le possibilità di farne il leader politico della nuova Libia. I due consulenti inviati da Mosca, Maxim Shugaley e Samir Seifan, incontrarono Gheddafi almeno tre volte prima di essere arrestati a Tripoli. “Mentre gli Stati Uniti restano defilati dallo scenario libico, i russi cercano di gestire la transizione con una strategia che potremmo definire del ‘leading from behind’”, dice Suckov.

La torta petrolifera

Ciò che sta davvero accadendo in Libia è la “Grande spartizione” tra il Sultano e lo Zar. Russi e turchi sono pronti a spartirsi la Libia e a esercitare la loro crescente influenza nel Mediterraneo Occidentale. E’ questo che dicono le manovre aeronavali turche a largo delle coste libiche e lo schieramento dei jet russi nella base di Jufra che, secondo alcuni, hanno parzialmente sostituito i mercenari della Wagner. Ankara vuole insediarsi in Tripolitania, Mosca punta a farlo in Cirenaica. Ma dopo mesi di una campagna militare impantanata, la Russia ha ritirato il suo supporto decidendo di negoziare con Ankara i futuri assetti del paese e le relative zone di influenza. Tutto è dunque deciso? Non ancora, si legge in una documentata analisi analisi dell’Ispi, perché ci sono temi su cui i due paesi, entrambi impegnati in Libia, si trovano su sponde decisamente opposte: la Russia vuole fermare l’avanzata delle forze di Tripoli prima che raggiungano Sirte e, soprattutto, vuole garantirsi un avamposto militare in Cirenaica. Ankara frena, e dalla sua posizione di forza cerca di assicurarsi la base di Al Watyah e il porto di Misurata, rispettivamente a ovest e a est di Tripoli. Dagli equilibri che si raggiungeranno dipende l’assetto della Libia di domani che, ancora una volta, non si deciderà né a Tripoli né a Bengasi, prosegue il documento. Da tempo infatti quella in Libia si è trasformata in una guerra per procura dove sono gli attori esterni, regionali, e globali, ha determinarne gli scenari e i possibili compromessi.

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Un progetto di spartizione della Libia che, secondo indiscrezioni, sarebbe partito allora e finalizzato in un vertice segreto tenutosi a Malta a fine ottobre 2020.  La posta in gioco non è solo il controllo degli idrocarburi gestiti dalla Noc (National Oil Corporation) con importanti contratti all’Eni, è in gioco, ma l’intero asse mediterraneo.

Siriani contro siriani

Fonti americane hanno rivelato a inizio maggio 2020 che Mosca stava contrattando con Damasco una fornitura di uomini e armi per Haftar in Libia. A maggio sarebbero stati reclutati circa 900 uomini e altri 650 sono in campi di addestramento siriani, pronti a essere inviati a combattere in Libia per 1.000-2.000 dollari al mese. Si tratterebbe, secondo Reuters, di ex membri dell’Esercito libero siriano che si sono arresi al regime di Bashar al-Assad e che combatteranno contro circa 4.500 ex compagni assoldati per la Libia da Erdogan.

Per Mosca,il caos in Libia è un’opportunità per riguadagnare influenza nell’area. La Russia è interessata a stabilire un “testa di ponte” nel Nord Africa per ottenere una quota del settore della ricostruzione e all’influenza sull’industria degli idrocarburi, in particolare il mercato del gas. Sebbene non vi siano interessi nazionali vitali americani in gioco in Libia, la sua instabilità costituisce una minaccia crescente per gli interessi statunitensi nella regione anche considerato l’atteso arrivo nell’area dei cinesi con interessi simili a quelli della Russia.

Quanto alla Turchia, con un successo politico-militare in Libia, acquisirebbe una posizione più importante sul mercato europeo del gas e sarebbe in grado di influenzare le consegne attraverso il gasdotto Green Stream (gestione Eni) che attraversa la Libia occidentale verso l’Italia. Inoltre, la Turchia sarebbe in grado di controllare anche i flussi migratori dal Mediterraneo orientale verso l’Europa. Ciò aumenterà in modo significativo la sua capacità di esercitare pressioni sull’Ue come già ha fatto nei mesi scorsi al confine con la Grecia e la Bulgaria. La Turchia potrebbe continuare a espandere la sua influenza politica ed economica verso la Tunisia, l’Algeria e gli Stati del Sahara meridionale. Erdogan è convinto di uscirne vincitore, e per questo sta profondendosi in sforzi militari ed economici.

E l’Italia? Non pervenuta. Ma ora con “super Mario”….

 

 

 

 

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