Libia, la Triade europea contro lo Zar Putin e il Sultano Erdogan
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Libia, la Triade europea contro lo Zar Putin e il Sultano Erdogan

Ora serve riapertura della strada Sirte-Misurata, dal ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dal Paese e l'avvio della Missione di Monitoraggio e Verifica del cessate il fuoco sotto egida Onu.

Mercenari turchi in Libia
Mercenari turchi in Libia
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

26 Marzo 2021 - 13.55


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La “Triade”europea  contro lo Zar e il Sultano. Non è una serie su Netflix ma lo sviluppo degli eventi in Libia.

 “Sul versante militare, riteniamo prioritaria la completa attuazione dell’accordo sul cessate il fuoco, a partire dalla riapertura della strada costiera Sirte-Misurata, dal ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dal Paese e l’avvio della Missione di Monitoraggio e Verifica del cessate il fuoco sotto egida Onu”.
Così il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ieri a Tripoli con i colleghi francese e tedesco, Jean-Yves Le Drian e Heiko Maas.
 “La Libia ha oggi un Governo unificato, legittimato dal Parlamento e nel pieno delle proprie funzioni. Si tratta di un risultato che, fino a pochi mesi fa, sembrava irraggiungibile e che invece è divenuto realtà grazie alla volontà dei libici e agli incessanti sforzi delle Nazioni Unite, che l’Italia e l’Europa hanno sostenuto senza esitazioni, nella convinzione che non potesse esserci nessuna soluzione militare alla crisi libica. Ci auguriamo che il governo possa ora concentrarsi su alcuni obiettivi prioritari, a partire dall’organizzazione delle elezioni il 24 dicembre prossimo”, ha aggiunto il titolare della Farnesina. 
  “Riteniamo infatti fondamentale che il popolo libico possa esprimersi in una consultazione elettorale nei tempi stabiliti dalla Road Map di Tunisi. A tale riguardo, è indispensabile che trovi conferma un chiaro quadro costituzionale e legislativo per le elezioni parlamentari e presidenziali”, ha concluso Di Maio.

La lunga marcia

Annota in proposito Pierre Haski, direttore di France Inter in un articolo pubblicato da Internazionale: “La Libia ha fatto tanta strada. Due anni fa Tripoli era assediata dagli uomini del maresciallo Haftar, capo militare della zona orientale sostenuto dalla Russia, dall’Egitto e dagli Emirati Arabi Uniti, e che un tempo incontrava i favori anche della Francia (ufficialmente per la sua lotta al terrorismo). L’intervento turco ha salvato Tripoli, ma al prezzo di una presenza militare ingombrante.  L’insuccesso di Haftar ha dimostrato che una soluzione militare era impossibile, e a quel punto è stato necessario riannodare i fili di un processo politico zoppicante. Alla fine anche Haftar ha espresso il suo sostegno al nuovo esecutivo.  L’obiettivo del governo è complesso: rimette in moto uno stato in frantumi, garantire i servizi di base a una popolazione sfiancata da anni di caos, disarmare le milizie che hanno proliferato ovunque e, infine, compito tutt’altro che semplice, organizzare elezioni presidenziali e legislative credibili il prossimo 24 dicembre.  Il trio europeo ha espresso un sostegno politico entusiasta a questo piano, che di sicuro avrà bisogno di un appoggio internazionale per la parte più delicata del programma: la partenza dei combattenti stranieri, contenuta nell’accordo per un cessate il fuoco, ma non ancora scontata.  In Libia, infatti, operano mercenari siriani su entrambi i fronti, oltre ai paramilitari russi del gruppo Wagner a est e ai soldati turchi a ovest. Il governo chiede la partenza rapida dei mercenari siriani, delle compagnie militari private come la russa Wagner o la turca Sadat, e infine dei soldati di altri stati. La Turchia accetterà questa richiesta dopo aver investito tanto nella crisi libica? Le tensioni di certo non mancheranno. Nel frattempo il governo vuole mostrare ai libici che grazie agli introiti petroliferi (finora congelati) potrà assicurare una transizione ordinata, senza dimenticare nessuno. È il primo passo di una lunga marcia”.

Terra di mercenari 

Molto interessante, a tal proposito, è un documentato report dell’Agi: Mosca, che aveva già inviato al generale della Cirenaica mezzi ed equipaggiamenti almeno due anni fa, ha dispiegato un piccolo esercito di mercenari del Gruppo Wagner. Chiamata dai suoi membri semplicemente “Compagnia”, Wagner è una società di contractor riconducibile ad Evgheni Prigozhin, conosciuto anche come lo chef di Putin per il suo business nel catering e la sua vicinanza al presidente russo.  Alcune centinaia di mercenari reclutati tra le milizie fedeli a Damasco nelle province del sud della Siria sarebbero già in Cirenaica insieme ad armi ed equipaggiamento trasportati da aerei cargo russi e della compagnia siriana Cham Wings, a cui appartengono anche i due voli arrivati il 20 maggio a Bengasi. Uno di questi, proveniente da Teheran ma che ha fatto scalo a Damasco, ha aperto l’ipotesi che milizie scite filo-iraniane ed Hezbollah possano affiancare le forze dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) “Ogni recluta riceve uno stipendio mensile di 1.000 dollari per combattere dalla parte delle forze di Haftar contro il Governo di accordo nazionale sostenuto dalla Turchia, che anch’essa recluta mercenari in Siria”, spiegano fonti  dell’Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), 

.Sul campo sono impiegati anche mezzi ed equipaggiamenti militari, “inviati almeno due anni fa”: camion corazzati Ural (gli stessi in possesso della ‘Compagnia’ in Repubblica Centroafricana e Sudan); jet Sukhoi-22; artiglieria e armi leggere. Negli ultimi giorni, le forze di Tripoli hanno distrutto e sequestrati anche diverse batterie antiaeree Pantsir-S1. 

Mosca ha un accordo di cooperazione militare con l’Lna firmato nel gennaio 2017 dal generale Haftar a bordo della portaerei Admiral Kuznetsov in navigazione nel largo di Tobruk.

Il ruolo russo nella fornitura sembra del resto confermato non solo dal fatto che gli aerei provenissero dalla base siriana di mosca (fosse utilizzata come scalo intermedio per il trasferimento dei velivoli) ma dal fatto che Mig e Sukhoi 24 fossero scortati da due caccia Sukhoi Su-35 delle forze aeree russe. Gli stessi piloti e tecnici destinati a operare con questi velivoli potrebbero essere libici addestrati in Russia oppure contractors russi o ancora siriani, che impiegano da anni questi due tipi di velivoli. In ogni caso la deterrenza espressa dai velivoli russi potrebbe influire sugli sviluppi a breve termine della situazione.

Il dossier Onu

Secondo gli analisti della Nazioni Unite, contractor militari russi sono impegnati in Libia in operazioni “su vasta scala” — dal training al fronte — per sostenere le ambizioni politiche armate di Haftar.  Ci sarebbero tra gli 800 e i 1200 uomini del gruppo Wagner, che operano attivamente in Libia almeno dal 2018. Tra questi ci sono anche una quarantina di cecchini in prima linea sul fronte tripolino. Sono ex forze speciali che mesi fa hanno fatto la differenza pro-Haftar, e da quando hanno un po’ allentato le attività il capo miliziano dell’Est ha iniziato a indietreggiare.

Nel report ci sono le immagini di questi professionisti della guerra e prove tecniche circostanziali, come la presenza in Libia di granate Vog-25 da 40 mm, che sono state utilizzate dagli agenti Wagner nell’Ucraina orientale e in Siria.

Le analisi sono state effettuate dagli esperti dell’Onu che monitorano le sanzioni contro la Libia — sottoposta a embargo dal 2011, misura costantemente violata su entrambi i fronti, e ora oggetto del controllo della missione navale europea Irini  attivata da pochi giorni. Il report è la prima ampia analisi delle Nazioni Unite sui mercenari russi, ed è stato visto da Bloomberg in anteprima.

Un’entità collegata a Wagner si è impegnata in una “campagna altamente sofisticata ed estesa sui social media” per sostenere Haftar e le sue operazioni a terra, ha osservato il gruppo di analisti onusiani, aggiungendo che le “operazioni psicologiche” sono vietate sotto l’embargo sulle armi delle Nazioni Unite. Uno sforzo simile è stato intrapreso per sostenere Saif Al-Islam Gheddafi, il figlio del defunto dittatore, considerato il cavallo su cui Mosca ha puntato in Libia.

Per Mosca non ci sono in ballo solo gli uomini del gruppo Wagner” che sostengono il generale Khalifa Haftar, spiega al Foglio Maxim Suckov, professore al Moscow State Institute per le relazioni internazionali.

Per Suckov “il Cremlino ha gradualmente aumentato la sua influenza anche sul piano politico del conflitto”. Il riferimento è al piano segreto rivelato da Bloomberg e dal Daily Beast qualche settimana fa: nell’aprile dello scorso anno, Yevgeny Prigozhin, leader della Wagner e uomo molto vicino a Vladimir Putin, aveva avvicinato il figlio di Gheddafi, Saif al Islam, per verificare se ci fossero le possibilità di farne il leader politico della nuova Libia. I due consulenti inviati da Mosca, Maxim Shugaley e Samir Seifan, incontrarono Gheddafi almeno tre volte prima di essere arrestati a Tripoli. “Mentre gli Stati Uniti restano defilati dallo scenario libico, e probabilmente resteranno tali anche per quest’anno, i russi cercano di gestire la transizione con una strategia che potremmo definire del ‘leading from behind’”, dice Suckov.

Al servizio del “Sultano”

Quanto ad Erdogan, il presidente turco per la sua campagna libica fa leva sulla compagnia militare privata Sadat, etichettata da alcuni come “l’esercito ombra di Erdogan” in Libia, dove è attiva già dal 2012 (stesso anno in cui è stata fondata). Si tratta di gruppi di contractor formati da ex militari, con la benedizione dei servizi segreti turchi (Mit). Alla testa di Sadat è Adnan Tanriverdi, comandante in pensione dell’esercito, che ha specificato che la compagnia “fornisce sostegno e addestramento militare in 22 Paesi del mondo islamico e dell’Asia Centrale”.  Sadat è stata impegnata in operazioni spesso clandestine, come l’addestramento delle milizie siriane da opporre al regime di Bashar al-Assad. L’intervento di Sadat nei Paesi coinvolti nelle “primavere arabe” è servito a Erdogan per spingere nell’orbita turca realtà in profondo cambiamento, come appunto quella libica, molto spesso attraverso la raccolta di informazioni e interventi diretti circoscritti. La Turchia per avere la meglio sul campo in Libia si affida anche ai mercenari siriani. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani negli ultimi sei mesi Ankara ha portato sul fronte a Tripoli 9.600 mercenari e altri 3.300 li sta addestrando nei campi siriani, pronti a partire. Tra le reclute, segnala l’Osservatorio, vi sono circa 180 minori di età compresa tra 16 e 18 anni. 

Dal maggio 2019, in coincidenza non casuale con il coinvolgimento principalmente di Turchia e Russia nel conflitto, sono arrivati in Libia mercenari dal Ciad e alcuni ribelli del Darfur. Poi, non sono mancate le forze di supporto sudanesi, i combattenti libici Toubou e ciadiani nel sud per difendere campi e piste di atterraggio e combattenti russi per lavori più tecnici. In particolare, la Turchia aveva iniziato a rischierare i terroristi mercenari anti-Assad dalla Siria, come truppe di terra già nel 2019, subito dopo la firma degli accordi marittimi e militari intercorsi con il Gna.  La maggior parte di questi combattenti apparteneva all’esercito nazionale siriano “reclutato” da Erdogan per affrontare il governo di Assad sostenuto da Mosca. La maggioranza proveniva da due formazioni: la Brigata Sultan Murad (composta in parte da turkmeni dell’area di Aleppo e autoproclamata come un gruppo “islamista”) e la Brigata al-Sham (principalmente da Idlib e designata come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti). Molti altri provenivano dalla Brigata al-Mu’tasim (Aleppo) e da Jabhat al-Nusra (una branca di al-Qaeda). Per la maggior parte, questi gruppi sono ben addestrati ed esperti nella cooperazione con il supporto al combattimento con le forze armate turche

Secondo il Pentagono, la Turchia avrebbe pagato e offerto la cittadinanza a migliaia di mercenari siriani per combattere al fianco delle milizie libiche alleate del Gna

Una conferma sul ruolo svolto dai mercenari al servizio del “Sultano” di Ankara, viene da un recente report dell’organizzazione per i diritti umani “Syrians for Truth and Justice” (Stj) .

La Stj è riuscita a mettersi in contatto con un testimone che lavora al confine turco-siriano di Jarabulus e che ha testimoniato come il Ministero della Difesa turco abbia incaricato alcune compagnie di sicurezza privata, tra cui Sadat ed Abna al-Umma di reclutare volontari tramite l’ombrello dell’Esercito libero siriano. Le compagnie in questione si occuperebbero di esaminare i potenziali mercenari per poi preparare tutta la documentazione necessaria e trasferirli legalmente dalla Turchia alla Libia, con tanto di contratto che va dai 3 ai 6 mesi. Secondo testimonianze raccolte e pubblicate nel report, i volontari che passano i test di reclutamento vengono poi trasferiti con dei bus in territorio turco dove le compagnie di sicurezza si occupano di registrare i dati di ciascun volontario (impronte, dna, impronta ottica digitale). In seguito, a tutti viene consegnato un documento di identità da utilizzare in Libia e un Kimlik (documento che i turchi rilasciano ai rifugiati siriani). Un processo di circa 3 o 4 giorni, dopo di che i mercenari vengono inviati in Libia. L’Stj ha poi raccolto la testimonianza di un volontario registratosi con un ufficiale della Divisione “Sultan Murad” noto come Abu Stef ma che ha poi desistito dal partire. L’intervistato ha illustrato l’esperienza di un suo compagno che dopo i test veniva messo in un hotel per poi ricevere documenti turchi, in modo da uscire dalla Turchia senza essere individuato come cittadino siriano. I mercenari vengono trasferiti in Libia con navi ed aerei per poi essere mandati al fronte senza alcun tipo di supporto logistico o indicazioni di alcun tipo. Il volontario ha poi smentito il salario di $3 mila al mese, spiegando che si tratta di soli $1.200 e senza possibilità di poter rientrare in Siria.

La “Linea Maginot” del deserto

Nel suo ultimo briefing al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’inviata Onu uscente Stephanie Williams ha espresso preoccupazione “per le continue fortificazioni e posizioni difensive create dalle Forze armate arabe libiche (Laaf) all’interno della base aerea di Gardabiya a Sirte e lungo l’asse Sirte-Jufra nella Libia centrale”. Il riferimento è alla “Linea Maginot” del deserto scavata dai mercenari russi della Wagner, al soldo del generale Haftar, ben visibile dalle immagini satellitari open source elaborate dal network Maxar e rilanciate dall’emittente televisiva statunitense Cnn. Si tratta di almeno 30 posizioni difensive scavate nel deserto e sui pendii che si estendono per 70 chilometri circa: una vera e propria trincea progettata per impedire o fermare un attacco di terrestre contro la Cirenaica. 

Bene la Triade europea. Ma per fermare lo Zar e il Sultano, con la loro schiera di mercenari, non basta un viaggio a Tripoli.

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