Intervistato dal Corriere della Sera, il primario di Malattie Infettive del Policlinico di Milano Andrea Gori ha commentato la seconda ondata con toni allarmanti: “Milano è una metropoli di quasi un milione e mezzo di abitanti ed ha problemi diversi rispetto alla provincia. Non può diventare la Bergamo di marzo perché le moltiplicazioni dei fattori non consentirebbero di reggere”.
Poi continua: “Milano di fatto era riuscita a schermare gli effetti più duri della prima ondata chiudendosi in casa prima che l’onda arrivasse da Bergamo e Lodi. Si era fatto di tutto purché reggesse. La prima battaglia persa è stata arrendersi al tracciamento dei casi. Significa che non potendo stare dietro ai contatti stretti dei positivi di giornata, ora ci affidiamo alla responsabilità e alla coscienza di ogni individuo: quella sorta di lockdown volontario potrebbe però aiutarci molto in questa fase, a prescindere dalle regole imposte del coprifuoco. Che anche ad essere ottimisti, prima di 10 giorni non possono dare frutti”.
I numeri dei contagiati salgono e gli ospedali si stanno riempiendo.
L’intervento della macchina sanitaria è stata tempestiva, le rianimazioni hanno una curva ancora non esponenziale.
“Purtroppo è scritto nella pietra che i pazienti che peggiorano dopo il ricovero abbiano una fase di supporto respiratorio con i Cpap (i caschi) e poi una parte passa in rianimazione. Dobbiamo riuscire a gestire il ritmo di questa transizione. L’incremento dell’età media dei ricoverati non ci lascia fiduciosi”.
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