Ex Ilva, Calenda: "L'acciaieria chiuderà, assistiamo a un lento suicidio"
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Ex Ilva, Calenda: "L'acciaieria chiuderà, assistiamo a un lento suicidio"

Ex Ilva, Calenda: «Nessuno può gestire una fabbrica così. Siamo ancora qui a ricordare la storia, passaggio dopo passaggio, ma la questione è che l'Ilva chiuderà». 

Ex Ilva, Calenda: "L'acciaieria chiuderà, assistiamo a un lento suicidio"
Carlo Calenda
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12 Gennaio 2024 - 10.36


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La situazione dell’ex Ilva, tra gestione della produzione e impatto ambientale è drammatica. Il governo Meloni sta temporeggiando invece di procedere con l’intervento pubblico, mentre i lavoratori e la città di Taranto continuano a soffrire. Ne ha parlato Carlo Calenda, segretario di Azione, in un’intervista a Il Foglio.

«Nessuno può gestire una fabbrica così. Siamo ancora qui a ricordare la storia, passaggio dopo passaggio, ma la questione è che l’Ilva chiuderà. Come vuole risolvere la questione il ministro Urso? Non l’ha spiegato e per questo vanno conosciuti i patti parasociali che lasciano pochissimo spazio di manovra al socio pubblico. All’epoca dissi che far saltare l’accordo blindato con Mittal con pegno di 4,2 miliardi per farne un altro entrando in società in minoranza significava arrivare alla chiusura. è stato un lento suicidio, che si sta consumando sotto i nostri occhi». 

«Esistono accordi tra Mittal e Invitalia, come ha ricordato bene Urso, fatti in una condizione di assoluto svantaggio per lo Stato. Dopo aver tolto lo scudo penale cambiando il quadro normativo, Mittal si ritirò e Conte minacciò la `madre di tutte le cause´. Ma dopo la sparata si rese conto che avrebbe perso la causa. A quel punto o sei in grado di far rispettare l’accordo o rimetti l’Ilva in amministrazione straordinaria». 

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«La mia posizione istintiva è di metterla in amministrazione straordinaria e rifare una gara. Ma è una posizione teorica, perchè non so se c’è una penale o ad esempio il rimborso degli investimenti sostenuti. Mettere altri soldi con Mittal dentro, ma senza un contratto blindato com’era inizialmente, è una follia visto che è un socio che ora non ha più alcun interesse a far funzionare l’impianto. Ma per esprimere una posizione compiuta è necessario vedere i patti, senza i quali non conosciamo una fondamentale componente di costo». 

La domanda è se si vuole davvero produrre acciaio a Taranto, quegli 8 milioni di tonnellate del piano industriale: «La risposta a questa domanda fondamentale è che nessuno vuole assumersi la responsabilità di chiudere l’Ilva, ma si fanno azioni che porteranno alla sua chiusura. Così ci metteremo prima altri 3-4 miliardi e alla fine Taranto avrà nel centro della città un enorme buco da bonificare che costerà 10 miliardi. Il rischio più grande è che non ci sarà più né la produzione né l’ambientalizzazione».

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