Chi governa eviti trionfalismi e attacchi ossessivi alle opposizioni
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Chi governa eviti trionfalismi e attacchi ossessivi alle opposizioni

Non so quanto oggi gli elettori siano soddisfatti del modo in cui la Presidente e i suoi alleati corrispondano e interpretino davvero lo stato d’animo e le difficoltà che gli stessi elettori si trovano ad affrontare

Chi governa eviti trionfalismi e attacchi ossessivi alle opposizioni
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Nuccio Fava Modifica articolo

20 Dicembre 2023 - 11.04


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Fin da ragazzo in famiglia il Natale era tempo di riflessione e di attesa. Di tradizione cattolica, nelle settimane di Avvento, la nonna spiegava a noi bambini la nascita del figlio di Maria, venuto per salvare ogni uomo. Erano tempi in cui imperversava la guerra in Europa e per le strade delle città italiane circolavano ragazzi in divisa con il fucile in spalla e con l’espressione stanca e senza motivazione segno evidente della fase conclusiva del II° conflitto mondiale. 

Nelle città c’erano i soldati tedeschi che osservavamo sfilare nelle piazza. La nonna ci spiegava di stare cauti perché si trattava di giovani ignari del dramma della guerra e precettati al servizio dei potenti del tempo. Mio padre ufficiale medico era in prigionia e insieme alle mie due sorelle lo attendevamo con ansia, io in particolar modo non avendolo ancora potuto incontrare di persona. 

Il generale contesto del paese era fatto di gente semplice, contadini legati al lavoro del bergamotto e delle vigne, preoccupati solo dei bombardamenti notturni e interessati a raggiungere notte tempo i ricoveri scavati dentro la collina ai piedi dell’Aspromonte. Il Natale era vissuto da tutti soprattutto attraverso i tempi scanditi dalle campane e dalla novena che frequentavamo accompagnando la nonna o la mamma. Nel complesso il clima del paese era tranquillo e la vita semplice e di povertà era accettata come inevitabile e naturale, con il prevalere di uno spirito di collaborazione e solidarietà.

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Gli adulti, in qualche modo, ci rassicuravano dicendoci che la guerra era ormai prossima alla conclusione perché i tedeschi del generale Rommel erano stati sconfitti dalle truppe Alleate che si apprestavano allo sbarco in Sicilia e cominciavano a risalire lungo la penisola. Abbiamo avvertito anche noi più piccoli il mutamento della situazione quando i mezzi blindati dei tedeschi cominciarono improvvisamente e freneticamente a lasciare le loro posizioni e ad avviarsi verso le montagne dell’Aspromonte. Scappavano, volendo evitare gli scontri con le truppe Alleate che dalla Sicilia erano sbarcate in Calabria. Nella realtà contadina di questi luoghi, finalmente gli abitanti si mostravano eccitati e festanti per la sconfitta degli Alleati. Realtà meridionale questa, che avremmo poi rivisitato leggendo Carlo Levi e lo stesso Cesare Pavese, anche lui piemontese, confinato in un paese della Locride. 

La tirannia di Hitler e dei fascisti finiva il suo tragico percorso di violenza, imposizione e autoritarismo feroce. Avrebbe però continuato fino all’ultimo a seminare terrore e morte mentre i soldati tentavano di risalire verso la Germania, seminando morte e ferocia contro i partigiani. La resistenza popolare ottenne vittoria con le quattro giornate di Napoli, la successiva resistenza di Porta san Paolo, seguita dalla liberazione di Roma dopo che Papa Pio XII si era recato nel quartiere di San Lorenzo, accora sotto i bombardamenti, per abbracciare e pregare con il popolo romano per la definitiva fine della guerra. 

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Sono tutti questi ricordi per me ancora vivi, specie nel tempo natalizio e grazie ai continui richiami di papa Francesco alla pace, alla trattativa e alla conclusione delle guerre, che portano solo distruzione e morte. La guerra e il connesso commercio delle armi comportano solo tragedie, e non costituiscono mai un risultato migliorativo neanche per gli stessi vincitori. 

Purtroppo, però, l’orrore dei conflitti è ancora oggi tragicamente presente in tante parti del mondo che mostrano, come le tessere di un puzzle, il manifestarsi di una nuova guerra mondiale a pezzi, con un effetto catastrofico e angosciante per tutti dal quale è difficile liberarsi. Lo si può costatare con i massacri della guerra in Medio Oriente e con la tragedia dell’Ucraina invasa militarmente dalla Russia di Putin. I costi umani e materiali sono altissimi, con sacrifici immani per il popolo ucraino ma vi sono anche conseguenze e tragedie per il popolo russo. Basti pensare a quanti innumerevoli giovani siano costretti a partecipare ad una guerra alla quale vorrebbero sfuggire. Le vicende interne sono complesse e oscure, a cominciare dall’azione criminale dei mercenari della Wagner e della morte del loro comandante Prigozin, già alleato di Putin e successivamente assassinato misteriosamente come del resto capita di frequente in Russia. 

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Ho osato allargare la mia riflessione, forse eccessivamente, con l’intento di sollecitare una considerazione più attenta e adeguata sui problemi ardui che ci stanno di fronte. 

Spetta certo ad ogni singolo cittadino fare un esame di coscienza ma la responsabilità maggiore ricade sempre sulle classi dirigenti e sui politici. Anche per la nostra presidente del Consiglio e per l’insieme delle forze di Governo che non possono ridursi alla tentazione del trionfalismo e della “dittatura della maggioranza”, con la stucchevole ripetizione degli impegni assunti in campagna elettorale. 

Non so quanto oggi gli elettori siano soddisfatti del modo in cui la Presidente e i suoi alleati corrispondano e interpretino davvero lo stato d’animo e le difficoltà che gli stessi elettori si trovano ad affrontare e che forse richiederebbero altre risposte e altre soluzioni. In ogni caso le maggioranze, specie con una partecipazione elettorale così modesta, dovrebbero essere, come primo impegno, preoccupati di questa crisi democratica che riguarda tutti e pone sicuramente problemi ancora più acuti a chi deve governare il Paese. Non servono dunque trionfalismi, ripetizioni acritiche e attacchi ossessivi alle opposizioni che pongono problemi che richiedono ascolto, dialogo e confronto. Proprio di questa Politica avrebbe più che mai bisogno l’Italia e l’Europa.      

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