Le Regioni chiedono al governo la fine delle zone a colori. Cosa deciderà il ministro Speranza?
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Le Regioni chiedono al governo la fine delle zone a colori. Cosa deciderà il ministro Speranza?

Da rivedere anche il conteggio dei casi non calcolando gli asintomatici. Valle d'Aosta a rischio zona rossa

Le Regioni chiedono al governo la fine delle zone a colori. Cosa deciderà il ministro Speranza?
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20 Gennaio 2022 - 09.11


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La variante Omicron ha creato una scossa molto potente ed ha fatto crollare quelle poche certezze che fino ad ora avevamo sulla pandemia. Oltre al cambiamento della sintomatologia e della capacità di infettare, Omicron ha fatto porre dei quesiti su come si sta gestendo la situazione, e se non sia il caso di rivedere parametri o modus operandi .

Superare il meccanismo delle zone a colori e rivedere il conteggio dei contagi covid non calcolando gli asintomatici. A chiederlo sono le Regioni, secondo le quali in caso bisognerebbe limitarsi a mantenere soltanto la zona rossa.

Una delle considerazioni dei presidenti è che con il nuovo scenario non ci siano sostanziali differenze tra zona bianca, gialla e arancione. Queste e altre questioni tecniche sono state discusse nel corso di un incontro con i tecnici del ministero della Salute, a cui hanno partecipato anche il direttore generale della Prevenzione Giovanni Rezza, il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli e il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro.

A quanto trapela sembra che un confronto sia in programma per la prossima settimana ma tra le Regioni c’è chi spinge per arrivare prima a un cambiamento, come il presidente della Valle D’Aosta il quale ha sottolineato come il passaggio alla zona rossa sarebbe inaccettabile e molto grave per la stagione sciistica. Un’istanza che, a quanto si apprende, sarebbe stata presentata dal governatore proprio al presidente della Conferenza Massimiliano Fedriga per tentare una mediazione con il governo ed evitare l’imminente passaggio in zona rossa. A quanto apprende l’Adnkronos Salute dalle parti c’è la disponibilità a un confronto e ci sarà un aggiornamento la prossima settimana con già un documento con le proposte definitive su cui poi lavorare.

A oggi esistono quattro fasce di rischio, legate a quattro colori: zona bianca, gialla, arancione e rossa. Per passare da una zona all’altra si calcolano tre parametri: l’incidenza dei nuovi contagi su 100mila abitanti, l’occupazione delle terapie intensive e l’occupazione in area medica. Secondo i parametri attuali si resta in zona bianca se si registrano meno di 50 contagi settimanali ogni 100mila abitanti. In caso di contagi settimanali tra 50 e 150 ogni 100mila abitanti per restare in zona bianca è necessario che il tasso di occupazione delle terapie intensive non superi il 10% o che il tasso di occupazione dei reparti ospedalieri non superi il 15%.

Se i due parametri sono entrambi al di sopra si passa in fascia gialla che scatta anche se i casi settimanali superano i 150 ogni 100mila abitanti ma il tasso di occupazione delle rianimazioni non supera il 20% oppure quello dei reparti ordinari non supera il 30%. Scatta l’arancione se entrambi i parametri sono superati. La zona rossa è attivata nei territori dove l’incidenza settimanale dei contagi è pari o superiore a 150 casi ogni 100mil e si verificano entrambe queste condizioni: il tasso di occupazione dei posti letto in area medica supera il 40% e quello in terapia intensiva supera il 30%.

Con le nuove misure imposte dal governo e valide fino al 31 gennaio 2022 tra zona bianca e gialla ci sono poche differenze. Una delle principali differenze tra queste due zone fino a ora era l’obbligo di indossare la mascherina anche all’aperto. Con l’ultimo decreto del governo è stato stabilito di estendere questa misura. L’uso della mascherina è stato ‘rinforzato’ in tutta Italia visto che per accedere a mezzi pubblici, treni, aerei, cinema, teatri è necessario indossare la Ffp2. E questo fino al termine dello stato di emergenza, che al momento è fissato al 31 marzo.

Fino alla cessazione dello stato di emergenza, il decreto Natale prevede inoltre l’estensione dell’obbligo di Green Pass rafforzato – per vaccinati o guariti – alla ristorazione per il consumo anche al banco in bar e ristoranti. Estensione dell’obbligo di Green Pass rafforzato al chiuso per piscine, palestre e sport di squadra, ma anche per musei e mostre. Super Green Pass al chiuso per i centri benessere, centri termali (salvo che per livelli essenziali di assistenza e attività riabilitative o terapeutiche), parchi tematici e di divertimento, per centri culturali, centri sociali e ricreativi (esclusi i centri educativi per l’infanzia) al chiuso e per sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò.

Da oggi inoltre scatta l’obbligatorietà del Green pass base anche per i clienti di estetisti e parrucchieri.

E’ stato stabilito che fino al 31 gennaio 2022 sono vietati gli eventi, le feste e i concerti, comunque denominati, che implichino assembramenti in spazi all’aperto; saranno chiuse le sale da ballo, discoteche e locali assimilati, dove si svolgono eventi, concerti o feste comunque denominati, aperti al pubblico.

Gli spostamenti con mezzi propri sono liberi in zona bianca così come nella gialla, le cose cambiano in zona arancione dove ci si può spostare sia in altri comuni della stessa regione che in altre regioni solo per lavoro, necessità, salute o per servizi non sospesi ma non disponibili nel proprio comune. Ok invece agli spostamenti da comuni di massimo 5.000 abitanti, verso altri comuni entro i 30 km, eccetto il capoluogo di provincia.

Anche per quanto riguarda gli impianti sciistici la situazione cambia: il Green pass rafforzato diventa necessario. Bar e ristoranti sono aperti solo per chi ha il Super green pass, non per chi ha il certificato base grazie a un tampone. Qui la tabella con le attività consentite zona per zona.

Valle d’Aosta in zona rossa?

La Valle d’Aosta rischia la zona rossa e il governatore Erik Lavevaz scrive al ministro della Salute, Roberto Speranza, per chiedere “un minimo margine di tolleranza” nella valutazione dei dati collegati al covid. Secondo i numeri diffusi dall’Agenas e aggiornati al 18 gennaio, in relazione ai ricoveri la Valle d’Aosta ha superato le soglie per il passaggio in zona rossa. Il tasso di occupazione delle terapie intensive è al 24%, quello dei reparti di area medica al 57%.

“Le scrivo per formalizzare la proposta della Regione autonoma Valle d’Aosta per inserire un minimo margine di tolleranza nei calcoli rispetto alla collocazione dei territori italiani nelle diverse fasce di rischio”, scrive Lavévaz nella lettera inviata a Speranza. “La situazione attuale, con la Valle d’Aosta unica ‘zona arancione’ sul territorio nazionale, è frutto di una distorsione legata ai piccoli numeri della nostra realtà – spiega il presidente – . Con i 33 posti disponibili in terapia intensiva, ciascun caso di ricovero porta a un incremento del 3% dell’occupazione totale: si tratta di un’evidente distorsione, che con le norme in vigore può avere conseguenze gravissime per tutto il sistema regionale”.

Attualmente – chiarisce Lavévaz -, “il sistema sanitario valdostano offre il più alto numero di posti in terapia intensiva rispetto alla popolazione” ma “nonostante questo, un incremento di 4 casi può portare la Valle d’Aosta dalla zona gialla (6 ricoveri, pari al 18%) alla zona rossa (10 ricoveri, pari al 30,1%). Anche eventi accidentali o puntuali porterebbero a ingiustificati cambiamenti di scenario, con gravi ripercussioni sul tessuto socio-economico”.

“Proponiamo quindi – afferma – che nelle regole di conteggio delle occupazione dei reparti venga inserito un margine di tolleranza pari a un piccolo numero di ricoveri, in modo da evitare che distorsioni statistiche abbiano conseguenze sostanziali nella valutazione. Chiediamo che venga consentito un margine di almeno 5 ricoveri per la terapia intensiva e di 20 per l’area medica che possano essere esclusi dai calcoli per l’occupazione”, rimarca il presidente spiegando che “la presente proposta viene avanzata in continuità con la richiesta della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di andare verso una sostanziale revisione del sistema dei “colori” per le regioni, evidenziando un’ulteriore necessità legata a ogni forma di parametrazione per contesti con numeri limitati”.

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