Il caso Bologna dimostra che il Pd è un partito dentro al quale ce ne stanno tre
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Il caso Bologna dimostra che il Pd è un partito dentro al quale ce ne stanno tre

Il Pd sembra puntare su Matteo Lepore, i renziani puntano su Isabella Conte sostenuti dagli ex renziani di Base Riformista restati nel Pd. E nel frattempo centristi e M5s...

Isabella Conti
Isabella Conti
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Claudio Visani Modifica articolo

25 Aprile 2021 - 17.13


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Se si volesse buttarla in battuta, o sull’ironia, si potrebbe dire che i veri nodi da sciogliere sono due. Il primo è il Pd, nel senso che andrebbe decisamente sciolto. Perché non s’è mai visto che in un partito, ne convivano almeno tre: comunisti, democristiani e renziani. Uno vuole andare di qua, l’altro di là, uno dice bianco l’altro dice nero, uno lo vuole radicato, l’altro liquido, il terzo gassoso.
Come fa a stare insieme un partito così? Il secondo nodo sono le primarie. E se le lasciassimo a chi le sa fare? I sequel dei film non sono mai gran che. Se poi sono film americani, il 25 aprile ce ne scampi. 

Dopo di che, le primarie di coalizione dovrebbero funzionare così. Chi pensa di stare in coalizione cerca di definire con gli altri alcune idee comuni e un accordo di fondo su come intende governare Bologna. Una volta fatto l’accordo propone, se ce l’ha, un proprio candidato sindaco. Poi i gazebo decidono qual è il migliore. E’ piuttosto scontato che la stragrande maggioranza degli elettori di un partito scelga il candidato del proprio partito.

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Essendo primarie aperte sostanzialmente a tutti (un’altra cavolata galattica), ci sarà poi una fetta di potenziali elettori che vota il candidato a prescindere dal partito di appartenenza. Tra questi, l’esperienza insegna che una parte soltanto finirà poi per votare il candidato vincente della coalizione alle elezioni vere, mentre un’altra parte parteciperà alle primarie per condizionarne l’esito salvo poi, alle elezioni vere, votare per chi gli pare, anche la coalizione o il partito avversario. 

Invece cosa sta accadendo a Bologna? Idee e programmi sulla Bologna post pandemia, zero virgola. La coalizione non si sa quale sia. Però si è già deciso di fare le primarie di coalizione. Chi c’è nel centrosinistra? E per fare cosa? Boh! E i candidati chi rappresentano? Boh! Si pensava che almeno nel Pd ci fosse un candidato condiviso. Ma siccome nel Pd ci sono tre partiti i candidati sono tre. Uno vuole stare di qua, l’altro andare di là, il terzo non si sa. In questo casino Lo Renz d’Arabia ha avuto buon gioco a calare il suo asso: la sindaca di San Lazzaro, che è ancora in carica per tre anni, esponente dell’Assemblea nazionale e della cabina di regia di Italia Viva, una delle bandiere del partitino di Renzi. E che succede? Prima ancora di sapere se Italia Viva è nella coalizione, mezzo Pd, a cominciare da due suoi assessori e da alcuni suoi esponenti di primo piano, si sta già schierando con Isabella Conti, che per l’occasione ha garantito che si spoglierà di simboli, bandiere e pigmaglioni, perché lei “è isabelliana, non renziana”. 

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Intanto i Cinquestelle hanno già fatto sapere che se vince la Conti loro non ci stanno. La sinistra-sinistra (Coalizione civica, Coraggiosa) sta pensando di andare da sola. Mentre il centro moderato (Tonelli, Galletti, forse Casini) va col centrosinistra se c’è la Conti e Italia Viva e col centrodestra se il Pd sta con grillini e sinistra. C’è più di qualcosa che non torna, mi pare.

 

 

 

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