La maggioranza vuole il lockdown totale ma Conte frena: "Aspettiamo 10 giorni"
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La maggioranza vuole il lockdown totale ma Conte frena: "Aspettiamo 10 giorni"

Il premier è preoccupato per lo scarso coordinamento fra i Paesi europei. Nelle prossime ore e nei prossimi giorni ci saranno iniziative ad hoc anche da parte di Bruxelles

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29 Ottobre 2020 - 08.10


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Il premier Conte, parlando con alcuni deputati dopo il question time a Montecitorio, ha spiegato che sarebbe necessario un maggior coordinamento a livello europeo. Lo spiega sull’Agi.it Giovanni Lamberti. Nelle prossime ore e nei prossimi giorni ci saranno iniziative ad hoc anche da parte di Bruxelles.

Domani il presidente del Consiglio parteciperà alla video conferenza informale dei membri del Consiglio europeo sul Covid e anche il ministro della Salute Speranza – che si confronta spesso con il suo omologo in Germania Spahn – si sta muovendo in questa direzione, anche se altri ministri sono più scettici su una soluzione coordinata perché ritengono che le situazioni siano differenti. È vero che i dati sono diversi da nazione a nazione ma allo stesso tempo è evidente che il virus non ha confini e che una battaglia relegata solo a livello nazionale rischia di essere perdente.

 

Il governo ora guarda con preoccupazione alla decisione di Macron di attuare il lockdown e soprattutto alle mosse che varerà Berlino. L’argomento lockdown è finito persino sul tavolo della capogruppo alla Camera. “Presto dovremmo farlo anche noi”, il ‘refrain’ dei parlamentari di ogni forza politica. “Per ora – la rassicurazione arrivata dal presidente del Consiglio – si valuteranno le misure del dpcm per i prossimi 15 giorni, poi vedremo”.

 

L’ala rigorista presto riaprirà la partita ma Conte anche ai sindacati ha smentito di volere ora una chiusura totale. Si guarderanno i prossimi dati. “Dobbiamo – il suo ragionamento – dare il tempo alle misure restrittive di dispiegare appieno i loro effetti. Il nostro obiettivo e’ ricondurre la curva sotto controllo”. Ma sotto traccia nell’esecutivo non si esclude affatto l’ulteriore stretta, se la curva non dovesse scendere. E si monitorano per il momento soprattutto alcune aree come quella di Milano e Napoli, con l’eventualità quindi di procedere, per il momento, ad interventi mirati.

 

Il fatto che si vada in Europa in ordine sparso comunque preoccupa l’Ue, anche perchè ci sono alcuni Paesi, soprattutto quelli dell’Est, che non hanno previsto norme stringenti. “Si dovrebbe – osserva per esempio Bersani – chiudere tutte le attività non essenziali per due mesi, lasciando le scuole aperte. Servirebbe una norma europea”.  

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Oggi il presidente della Commissione Von der Leyen ha spronato i Paesi membri. “La situazione del Covid-19 è molto grave”, ha spiegato, “gli Stati Ue preparino ora piani di vaccinazione nazionale”, serve “una piattaforma Ue comune per scambio dati e strategie”. E poi ha annunciato le ulteriori misure: dalla necessità di aumentare l’accesso a test rapidi e al rafforzamento del tracciamento dei contatti. E’ stato proprio il presidente della Commissione europea a sottolineare che l’allentamento delle norme è arrivato troppo presto.

 

Non potevamo fare di più, ci siamo mossi come potevamo, ha spiegato Conte ieri sera ai capigruppo della maggioranza che hanno apprezzato il metodo del confronto utilizzato dal presidente del Consiglio, chiedendo – e lo ha fatto anche oggi il segretario dem Zingaretti – un maggior coinvolgimento dell’opposizione.

 

“Sono sei mesi che chiediamo un incontro”, ha tuonato Salvini. Ma anche nel centrodestra il lavoro di coordinamento va rodato se è vero che nel vertice del centrodestra di ieri si è ipotizzato di uscire domani dall’Aula, durante l’informativa di Conte di domani, ma poi prima Forza Italia e poi Fratelli d’Italia hanno frenato (iniziativa presa ieri al Senato mentre il premier era in conferenza stampa), anche per cercare di battere la maggioranza sul numero legale (“Oggi sul ddl Zan si sono salvati per un solo voto”, dice un deputato di Fdi).     

 

FI con Berlusconi ha chiesto al governo di tendere la mano (oggi Brunetta e Polverini hanno visto Conte “ma da noi non arriveranno voti in soccorso”, garantisce la Gelmini), una mossa apprezzata dal premier che però – dicono dal centrodestra – teme l’appalesarsi di un esecutivo di salute pubblica. Del resto Giorgetti ai suoi interlocutori ripete che auspica questa prospettiva da marzo, il rischio è che sia troppo tardi. Insomma i leader della coalizione sono preoccupati, con Salvini e Meloni che si sono schierati al fianco dei ristoratori in piazza senza se e senza ma.     

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Un’operazione che è mal vista dal Movimento 5 stelle che considera coloro che manifestano una parte del proprio elettorato. “Abbiamo fatto tanto ma non abbastanza”, dice un ‘big’ pentastellato. Il dl ristori partirà dal Senato dove i numeri sono più ballerini. Non è un caso che ieri alla riunione dei capigruppo anche il Movimento abbia espresso il proprio malcontento sul Dpcm, perchè – a giudizio M5s – manca una ‘stretta’ sui trasporti. Perplessità sono arrivate pure dal Pd, soprattutto perchè il governo si è mosso tardi, senza alcuna azione preventiva in estate. “Conte – osserva un esponente di primo piano dem – non può dire che va tutto bene, anche i soldi sui trasporti sono arrivati tardi…”.    

 

In realtà il presidente del Consiglio alla Camera (domani a Montecitorio e a palazzo Madama illustrerà il Dpcm) non ha nascosto le proprie preoccupazioni. Sui trasporti “è evidente che ci sia un’oggettiva difficoltà di assicurare che le misure di sicurezza e distanziamento siano rispettate nel corso dell’intera giornata”, ha osservato il Capo dell’esecutivo. Conte farà di tutto per scongiurare un lockdown generalizzato che danneggerebbe ancor di più l’economia del Paese. Il bollettino di oggi registra l’ennesima impennata nei contagi (è attesa per il report dell’Iss nel fine settimana) e così il ministro Boccia ha fatto sapere subito che verranno impugnate le iniziative delle regioni e delle province autonome che svicolano. 

 

Oggi non c’è stato alcun incontro tra governo e governatori che continuano a muoversi in autonomia (il presidente della Puglia Emiliano ha chiuso tutte le scuole). Conte rispondendo al questiono time ha parlato di “scenario di tipo 3” che prevede “la possibilità di interruzione di alcune attività particolarmente a rischio, anche su base oraria, possibilità di lezioni scaglionate per la scuola, incremento dello smart working per decongestionare i trasporti”. L’intervento di domenica si è reso necessario, altrimenti “la curva epidemiologica è destinata a sfuggirci completamente di mano”. Ai capigruppo della maggioranza ha assicurato che dopo 15 giorni la situazione dovrebbe essere migliore ma è difficile prevedere un cambio di strategia.     

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Italia viva si dice soddisfatta, però, per aver ottenuto da Conte un anticipo della verifica di maggioranza, anche se al Pd non risulta un’accelerazione di una convocazione di un tavolo. E’ in quella occasione che porrà la questione del Mes, rilanciata tra l’altro dal presidente di Confindustria Bonomi (“Quei soldi ci servono”). Ed è in quella occasione che, questo l’auspicio dei renziani, si dovrebbe parlare pure di rimpasto.     

 

Ma i dem, pur bocciando l’idea di una commissione Covid, insisteranno sull’utilizzo del fondo Salva Stati. Tra l’altro ieri sera si sono visti gli esponenti che fanno parte dell’intergruppo del Mes sì, anche se anche in questo organismo si registrano divisioni: un esponente del Pd – riferiscono fonti parlamentari – ha proposto che si facciano delle audizioni, “ma così si allunga il brodo”, hanno ribattuto i renziani mentre gli azzurri tentano di ‘stanare’ Iv e costringerla a presentare una mozione. L’intergruppo resta comunque uno strumento di pressione per aprire un varco nel governo e arrivare al termine di un percorso ad un documento da votare in Parlamento. Ma in questa fase Renzi non vuol far cadere il governo.

 

“Magari si potrà parlare di un nuovo esecutivo dopo la legge di bilancio, con dentro FI”, ipotizza un fedelissimo dell’ex premier. “La situazione però – spiega un altro renziano – si fa sempre più difficile, ci potrebbero essere novità anche prima”. Ma Salvini e Meloni dicono no a qualsiasi prospettiva di un governo tecnico o di una collaborazione senza che ci sia la data del voto. Nel frattempo le fibrillazioni nel fronte rosso-giallo continuano. Ieri la tensione tra il capogruppo alla Camera di Italia viva Boschi e il premier c’è stata. La Boschi ha ribattuto alle critiche piovute dal presidente del Consiglio sul distinguo di Iv, “è da tempo che abbiamo detto no e lo ha fatto con tenacia anche il ministro Bellanova”. E poi ha chiesto i dati scientifici, senza però – dicono fonti parlamentari renziane – avere risposte sufficienti in merito. 

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