Il sindaco di Bergamo difende la storia del Duce
Top

Il sindaco di Bergamo difende la storia del Duce

Giorgio Gori, sindaco renziano di Bergamo, non si smentisce: nonostante una massiccia raccolta di firme per togliere a Mussolini la cittadinanza onoraria, lui dice no.

Il sindaco di Bergamo difende la storia del Duce
Preroll

redazione Modifica articolo

23 Febbraio 2016 - 18.51


ATF

Come politico il sindaco di Bergamo è uno dei renziani della prima ora. Una specie di consulente d’immagine per il premier rottamatore, ma a modo suo. Gori sindaco imprenditore è il fondatore della casa di produzione televisiva Magnolia ed ex direttore di Canale 5 e di Italia 1. Un passato berlusconiano professionalmente parlando che si è reinserito nell’alveo renziano. A fronte della consegna di 1500 firme raccolte per la revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini, il sindaco ha dispensato sull’Eco di Bergamo parole da vero storico renziano che non intende rottamare Benito Mussolini, a suo dire per rispetto della storia stessa.

Curiosa e chiara l’opposizione del primo cittadino del Pd a una richiesta che viene dagli studenti, dall’Anpi, dall’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, che ha scritto a caldo questo comunicato alla cittadinanza, nella speranza che una fede democratica sia rimasta accesa nel centrosinistra bergamasco.

Scrive l’Isrec:


a.
si chiede a Bergamo di agire sul proprio immaginario, ribadendo che il fascismo non ha diritto ad essere onorato nella nostra città;

b. non si chiede di cancellare la storia: del resto la revoca della cittadinanza non cancella il fatto storico del suo conferimento;

Leggi anche:  Abbandona due divani per strada, i Vigili glieli riconsegnano con 10mila euro di multa: "Ha smarrito qualcosa?"

c. si chiede di fare la storia: la revoca della cittadinanza aggiunge storia alla storia di Bergamo. La revoca, se ci sarà, sarà un atto storico che si aggiungerà a quello del conferimento, nella storia amministrativa della nostra città;

d. non si è mai inteso chiedere di incendiare archivi o di distruggere monumenti.

La questione della revoca della cittadinanza onoraria a Mussolini,

a. non è una questione di storia: la storia del fascismo va studiata ed è studiata a Bergamo come nelle altre città d’Italia. Qui si tratta di memoria e la memoria è la scelta del passato di cui prenderci cura mettendolo in valore pubblicamente: la memoria non è neutra, né onnicomprensiva, è una scelta con cui il presente, selezionando il proprio passato, dice chi è e verso dove vuole andare;

b. non dovrebbe forse nemmeno essere una questione: il fascismo è la rottura dell’avvio del processo democratico apertosi con l’unità d’Italia ed è la dittatura in Italia. La fine della guerra segna uno spartiacque che la Costituzione sancisce. Non è apologia continuare a considerare Mussolini un cittadino da onorare?

Leggi anche:  X Mas: non eroi, non patrioti ma criminali fascisti asserviti agli occupanti nazisti

La raccolta delle firme, ha reso evidente

a. quanto i giovani siano interessanti alla storia e attenti al passato e al modo con cui gli adulti lo trasmettano: dai giovani veniva la richiesta della revoca e molti giovani hanno firmato e si sono impegnati nella raccolta;

b. quanto l’immaginario fascista abbia ancora spazio dentro la nostra collettività: la questione della revoca è stata ritenuta sorpassata, vecchia, inutile, poca cosa, affermata in modo maleducato. Mentre si moltiplicano simboli e segni fascisti, perché non si può dire, senza tanti giri di parole, senza paura di offendere, che Mussolini e il fascismo non fanno parte delle cose da salvare?

Infine crediamo necessario evidenziare che chiedere oggi revoca della cittadinanza onoraria non significa non rispettare le scelte dei partigiani o dei primi amministratori antifascisti di Bergamo. Sappiamo bene che nei giorni della liberazione e nelle amministrazioni che seguirono, non si sentì l’esigenza di togliere la cittadinanza onoraria a Mussolini. Oggi sentiamo questa esigenza e non vediamo perché questo dovrebbe offendere, o essere ridicolizzato, da chi si batté per “liberare dalla parola patria l’aggettivo fascista” (N. Ginzburg)”.

LE FIRME. La raccolta ha visto impegnati gli enti promotori sia in prima persona sia attraverso associazioni o enti a loro legati: alcune Anpi locali (Albino, Dalmine, Lovere, Romano, Scanzorosciate, Valgandino), alcune Arci come Barrio e Maite, alcuni centri sociali Kascina e Pacì Paciana, alcuni partiti che siedono nel Comitato bergamasco antifascista come Rifondazione Comunista e Giovani comunisti, Sinistra Ecologia e libertà, alcuni circoli come il Circolino della Malpensata e Mutuo Soccorso. Alla raccolta hanno aderito i partigiani: quattro della Camozzi, due della 53° Garibaldi, uno della 56° Garibaldi, tre che hanno agito in città, e la Presidente dell’Associazione Partigiani Cristiani. Anche questa è una considerazione importante: la raccolta ha unito le sigle storiche dell’antifascismo, mettendole in relazione con la galassia dell’antifascismo delle nuove generazioni. La politica non è stata del tutto assente: non solo tra i promotori ci sono i Giovani democratici ma altri partiti hanno aiutato nella raccolta concreta; firmano inoltre donne e uomini impegnati nella politica attiva del nostro territorio: Sergio Gandi, Marzia Marchesi, Romina Russo, Emilia Magni, Marcello Zenoni, Alessandro Tiraboschi e Matteo Rossi.

Leggi anche:  X Mas: non eroi, non patrioti ma criminali fascisti asserviti agli occupanti nazisti

Leggi la lettera scritta da Elisabetta Ruffini e Angelo Bendotti 

Leggi il testo della raccolta firme

Native

Articoli correlati