La Repubblica sarà perennemente grata a Giorgio Napolitano perché ha saputo confermate le due doti principali di uno statista: il senso dello Stato e lo spirito di servizio verso l’intera comunità nazionale. Una bussola tenuta ben ferma mentre una forte bufera politica e istituzionale si manifestava tra i grandi elettori, smarriti e divisi da contrasti e personalismi insanabili.
Il costo maggiore toccava al partito democratico incapace di comporre un qualche accettabile equilibrio interno ed esprimere una proposta condivisa. Il povero Bersani si è trovato in poche ore a rovesciare strategia – da Marini a Prodi – con risultato fallimentare. La scheda bianca diventava allora scelta generalizzata con il rischio di un blocco del procedimento costituzionale del Presidente.
I grillini facevano partita a sé evocando il rischio di inciucio e chiedendo al Pd di votare il professore Rodotaà prigioniero – più o meno inconsapevole – della strategia di Grillo del «tutti a casa, liberiamoci dalla casta, tutto il potere agli eletti di 5 stelle».
Si è rischiato davvero una profonda frattura, senza via d’uscita e ripresa di dialogo, mentre crescevano confusi e vivaci manifestanti fuori da Montecitorio. Il presidente Napolitano è apparso l’ancora di salvezza. L’invito pressante che tutti gli hanno rivolto, non poteva lasciare insensibile il Presidente uscente che difronte alla gravità della situazione ha accettato di essere eletto per la seconda volta.
Non era mai accaduto prima nella storia della Repubblica e questo già dice l’estrema difficoltà della situazione. Per percorrerla e attraversarla tutti hanno riconosciuto la insostituibilità di una scialuppa di salvataggio pilotata da Giorgio Napolitano. Che ha richiamato per sé limpidezza di comportamenti e responsabilità verso la Nazione, confidando in analoga assunzione collettiva di responsabilità.
