A Sulmona è nata Hina: figlia di una profuga afghana e di un padre fucilato dai talebani
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A Sulmona è nata Hina: figlia di una profuga afghana e di un padre fucilato dai talebani

E' la prima bimba rifugiata a essere nata nel nostro Paese. La 32enne Bibi Arezu si è vista prima bruciare la casa e poi ha visto con i suoi occhi l'uccisione del marito

Hina, figlia di una profuga afghana nata in Italia
Hina, figlia di una profuga afghana nata in Italia
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26 Agosto 2021 - 10.22


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Avere a che fare con una vita che nasce pochi giorni dopo essere stati a contatto con una realtà in cui si muore. E’ nata la prima bambina da una donna rifugiata nel nostro Paese.

Si chiama Hina e pesa tre chilogrammi: è la bimba afghana data alla luce all’ospedale di Sulmona da una donna afghana di 32 anni.

La sua storia, come le tante altre dei suoi connazionali, è drammatica perché il marito sarebbe stato fucilato dai talebani prima della fuga da Kabul.

La madre, Bibi Arezu, che non parla italiano, è stata aiutata da un mediatore culturale presente in sala parto. Hina è la prima bimba profuga a essere nata in Italia. 

“E’ stato un parto non facile soprattutto perché dovevamo coordinarci con il mediatore culturale. Ma alla fine ci siamo tutti commossi”, raccontano medici e infermieri. 

Marito ucciso dai talebani – La 32enne ha vissuto in pieno l’inferno afghano delle ultime settimane. Prima di riuscire a essere imbarcata in Italia, ha visto la sua casa bruciata dai talebani. Al dramma dell’appartamento perso, si è aggiunto un altro orrore: il marito ucciso dagli estremisti proprio davanti a lei nell’aeroporto a Kabul. L’uomo è stato accusato di essere un collaboratore delle forze straniere. 

Dal volo della speranza alla sala parto di Sulmona – La madre, dopo la fuga dall’inferno di Kabul, aveva chiesto aiuto al personale sanitario della base logistica dell’esercito di Roccaraso dove era stata trasferita il 18 agosto, in uno dei tanti voli della speranza. E all’ospedale di Sulmona ha dato alla luce la sua piccola Hina, che in lingua araba significa “fragranza”.

Adesso è in attesa di terminare la sua quarantena ed entrare nel percorso di accoglienza dei profughi.

“La donna sta bene ma è spaventata – spiega Noor, il mediatore culturale che l’ha assistita durante il parto -. Non può parlare, perché deve prima chiedere il permesso ai genitori o ai suoceri, che si trovano ancora a Roccaraso”.  

 

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