#NonSonodAccordo: l'hashtag contro il "voto della vergogna" sulla Libia
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#NonSonodAccordo: l'hashtag contro il "voto della vergogna" sulla Libia

#NonSonodAccordo. E’ più di un hashtag. E’ un grido di battaglia. Che è fatto proprio dall’intero mondo solidale italiano, in rivolta contro il voto sul rifinanziamento della guardia costiera libica

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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

17 Luglio 2021 - 16.08


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Caritas Ambrosiana  @caritas_milano

Respingimenti, violazioni dei diritti umani e aumento delle morti in mare Solo nel 2021 677 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo jLa #Libia non è un porto sicuro Lo ribadiamo ancora una volta servono subito #CorridoiUmanitari uniche vie sicure e legali #NonSonodAccordo

Rivolta morale

#NonSonodAccordo. E’ più di un hashtag. E’ un grido di battaglia. 

Che è fatto proprio dall’intero mondo solidale italiano, in rivolta contro il “voto della Vergogna”.

 “Nonostante si continui a morire nel Mediterraneo, nonostante la violazione dei più basilari diritti umani nei lager libici, i cui crimini sono sotto gli occhi di tutti, il Parlamento ha oggi (ieri, ndr) votato per il rinnovo degli stanziamenti alla (cosiddetta) Guardia costiera della Libia – annota  Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam – Ma la cosa più grave è che l’approccio rimane sostanzialmente quello della stabilizzazione dell’area, contenimento dei flussi e esternalizzazione delle frontiere. A nessuna missione navale è stato affidato il compito di ricerca e soccorso in mare, rimanendo tale funzione affidata alla Guardia costiera libica. Non potremo non dirci complici di nuovi orrori e dei crimini compiuti nei centri di detenzione della Libia a cui assistiamo dal 2017. Un ringraziamento va invece a quei parlamentari che non si arrendono allo status quo e che lavorano affinché cambi la linea politica del nostro paese”.  “Non c’è stata nessuna attenzione per noi: tante organizzazioni, molto diverse tra loro ed espressione di mondi variegati, hanno chiesto di essere ascoltate dalla politica che invece va avanti per la sua strada – sottolinea Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione di Arci-. A parte un piccolo drappello di volenterosi, il Parlamento ha deciso di voltare le spalle alla società civile”. “C’è una parte significativa della società civile che non si rassegna a questa situazione e vuole essere ascoltata da chi la rappresenta –sottolinea a sua volta padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli -. Essa chiede un cambio di visione e di politiche che rimettano al centro dignità e diritti dei migranti che cercano di giungere in Europa. A chi si trova in questo momento a dover decidere chiediamo di ascoltare la voce dei sopravvissuti alla Libia che sono riusciti ad arrivare in Italia – l’invito -. Sono storie di violenze indicibili. Sono vite ferite dall’odio e segnate dalla mancanza della volontà politica di porre fine a questa pagina nera della nostra storia”. Una brutta storia che il voto del 15 luglio ha reiterato.

La farsa europea 

Annota il sempre puntuale e documentato Nello Scavo su Avvenire:La cooperazione dell’Italia con la Guardia costiera libica andrà ora trasferita gradualmente alla missione europea Irini», spiegano dalla maggioranza di governo per placare i molti mal di pancia nella base del Pd. Il problema è che la Libia di Irini non vuol saperne. A tal punto da non voler concedere il visto d’ingresso neanche al comandante dell’operazione navale europea, il contrammiraglio Fabio Agostini.

‘Sto cercando di andare in Libia da prima di Pasqua, ma le autorità libiche non mi hanno ancora concesso il visto, chissà per quale motivo’, ha detto poche ore dopo il voto nel corso di un incontro pubblico.

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Insieme ad altri funzionari di Irini, Agostini è stato costretto a rimandare una visita in Libia per la mancata concessione del permesso di entrata nel Paese. Non solo, come riportato da Avvenire, il comandante Agostini conferma che le forze europee non hanno più alcun controllo sul naviglio militare libico.

Fino a marzo 2020, ‘EuNavFor Med Sophia’ ha garantito l’addestramento di 500 militari della Marina e della Guardia costiera libica, incentrato sulla formazione anche dei principi di rispetto dei diritti umani, delle questioni di genere e con un’attenzione verso i minori», ha ricordato Agostini in una dichiarazione riportata dall’agenzia Nova. Nonostante questo le Nazioni Unite e la procura della Corte penale internazionale dell’Aja non hanno mai smesso di denunciare crimini contro i diritti umani. 

Tuttavia, da ‘un anno e mezzo’ le cose sono cambiate. In peggio. Irini non addestra più la Guardia costiera e la Marina libica, anche perché – ha spiegato il contrammiraglio – ‘l’operazione ha avuto immediatamente grosse difficoltà politiche sia sul piano internazionale, sia con la stessa Libia, tirata per la giacchetta dagli attori principali come Russia e Turchia. E allo stato attuale «non ci è stato possibile riprendere quel tipo di addestramento e possiamo dire che, forse, i risultati li abbiamo visti in mare’, ha proseguito alludendo anche alle ripetute aggressioni delle motovedette libiche…”.

L’Onu dice “no”

 L’ha fatto per bocca di Jan Kubis, segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite in Libia, il quale ha chiesto al Consiglio di sicurezza lo stop alla cooperazione nei respingimenti delle persone che lasciano Tripoli. “Questi Paesi dovrebbero rivedere le loro politiche – ha dichiarato il diplomatico slovacco –, tenendo a mente che i migranti e i rifugiati continuano ad affrontare un rischio molto reale di tortura e violenza sessuale, se rimpatriati sulle coste libiche”. Secondo Kubis, in Libia si è registrata una crescita drammatica del numero di migranti e rifugiati detenuti arbitrariamente in centri di detenzione ufficiali, senza controllo giudiziario, spesso tenuti in condizioni disumane. Addirittura, in base alle stime in possesso dell’Onu, da inizio 2021 sono state catturate in mare e riportate nei campi di prigionia 16.026 persone e 6.377 migranti e rifugiati sono detenuti arbitrariamente in centri di detenzione ufficiali in tutto il Paese, con un aumento del 550 per cento da gennaio 2021.

Digiuni di protesta

Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace, paladino dell’inclusione, ha iniziato ieri lo sciopero della fame, “un digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti”. 

Dalla pagina Fb spiega : “Dal villaggio globale, estrema periferia italiana, digiuno come atto di protesta contro le politiche migratorie del governo Draghi che blocca per futili motivi le navi delle Ong. Sono scelte disumane in linea con i governi precedenti, perché chi fugge dai lager libici ha diritto all’asilo politico. Il tempo della negazione dei diritti umani da parte di autorità governative è stato inaugurato con l’ex ministro Minniti che ha avuto un ruolo strategico nella criminalizzazione della solidarietà e nella delegittimazione del cosiddetto modello Riace, nato per una casualità a seguito di uno sbarco avvenuto sulla spiaggia di Riace tanti anni fa. La nostra idea si è concretizzata in una soluzione umana al dramma delle migrazioni, alle vittime innocenti di decisioni di guerra, di miserie e povertà imposte dalle logiche neoliberiste …un’onda rossa della rivolta dalle oppressioni contro l’onda nera del fascismo, del razzismo e della disumanità”.

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E il digiuno è anche la forma di protesta lanciata, e praticata, da padre Alex Zanotelli.  Prima del voto, il missionario comboniano si era così rivolto ai parlamentari “E’ una violazione della nostra Costituzione, delle leggi internazionali e della nostra umanità. Chiediamo ai deputati di avere il coraggio di votare contro il rifinanziamento della Guardia costiera libica. Ricordiamo a tutti che un voto a favore significa avere le mani sporche di sangue innocente”.

Ad ascoltarlo sono stati in trena. 

La mozione da rilanciare

“Le sistematiche violazioni dei diritti umani a cui sono sottoposti migranti e rifugiati in Libia sono state oggetto di diversi report delle Nazioni Unite, delle principali organizzazioni umanitarie e di molte inchieste giornalistiche – affermano i parlamentari -.Nei centri di detenzione gestiti dalle autorità libiche le persone subiscono violenze inaudite: vengono torturate, violentate, uccise o vendute come schiavi. Le collusioni, e spesso la sovrapposizione, tra la Guardia Costiera libica e le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di esseri umani sono state oggetto di diverse indagini anche della magistratura italiana. Continuare a sostenere direttamente e indirettamente la deportazione di uomini donne e bambini nei centri di detenzione in Libia facendo finta che questa realtà non esista configura nei fatti una violazione delle Convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani. Non è sufficiente spostare la catena di comando dall’Italia all’Europa: mantenere in vita questo sistema di respingimento resta una violazione del diritto internazionale che mina alle fondamenta la nostra civiltà giuridica. Riteniamo che una così grave crisi umanitaria richieda politiche che non mirino al contenimento di persone che fuggono da una condizione disperata, ma al contrario un intervento deciso che includa il ripristino del soccorso in mare con una missione europea sul modello di Mare Nostrum, un piano europeo di evacuazione dei centri di detenzione libici e l’apertura di corridoi umanitari stabili per permettere a chi si trova in Libia di fuggire da quell’inferno – conclude la nota congiunta -. Per questo oggi voteremo contro il rifinanziamento della missione bilaterale di supporto alla Guardia Costiera libica convinti che sia nostro dovere opporsi ad una così grave violazione dei diritti umani che avviene a poche miglia dalle nostre coste”.

E’ la risoluzione firmata da: Palazzotto – primo firmatario – Bersani, Boldrini, Bruno Bossio, Cecconi, Conte, De Lorenzo, Dori, Ehm, Fassina, Fioramonti, Fornaro, Fratoianni, Fusacchia, Lattanzio, Lombardo, Magi, Muroni, Orfini, Pastorino, Pini, Pollastrini, Raciti, Rizzo Nervo, Sarli, Stumpo, Suriano, Termini, Timbro, Trizzino.

Quella risoluzione non deve restare fine a se stessa ma può diventare una piattaforma di lotta per quanti non intendono alzare bandiera bianca di fronte allo scempio di legalità e di diritti umani che continua a consumarsi in Libia e nel Mediterraneo, con la complicità dell’Italia. 

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“La sensazione – si legge in una nota diffusa da Aoi, l’Associazione delle Ong Italiane – è che il Governo Italiano, qualsiasi sia la sua composizione, vada avanti perseguendo le solite direttrici strategiche, in alcuni casi anche aumentando il suo impegno e in altri casi senza tenere sufficientemente conto degli impatti che tali strategie hanno prodotto“. Non si affrontano le fere ragioni delle disuguaglianze. Le preoccupazioni maggiori – in sostanza –  si concentrano nel quadrante del Mediterraneo, allargato dove le missioni navali, quelle in Libia e quelle del Sahel, sembrano rispondere più ad obiettivi di contenimento dei flussi, controllo delle frontiere e stabilizzazione, che ad altro. “L’Italia – si legge ancora nel documento – punta a giocare un ruolo militare sempre maggiore in quell’area cruciale. Pur sapendo che l’equilibrio tra sicurezza e sviluppo sia complicato da trovare, c’è bisogno di un approccio nazionale ed europeo che abbia al centro la pace e la protezione capace di dare maggior risalto ai veri fattori di conflitto nella regione, come la gestione opaca della cosa pubblica, le disuguaglianze e la violazione dei diritti umani. Questo vale per i Paesi del Sahel, la cui missione (oltre quella bilaterale col Niger) di riferimento – Takuba- ha visto triplicare i fondi destinati dal 2020 (15,6) ai 49 di quest’anno, ma anche e soprattutto per la Libia”.

Nel Mar Mediterraneo quest’anno andiamo a spendere 150 milioni – prosegue la nota di Aoi – ma nessuna missione ha nei propri termini di riferimento il salvataggio e il soccorso delle persone in mare. Significativi aumenti, + 17 e + 15 milioni, ci sono stati anche nelle missioni navali nel mediterraneo Mare Sicuro e Irini. Sarebbe importante capire il motivo di questi aumenti e il Parlamento un ruolo su questo lo può giocare”.

Con il voto del 15 luglio, un ruolo lo ha effettivamente giocato: assolutamente negativo. 

“Intanto in Libia – ricorda in una nota Medici senza frontiere – migranti e rifugiati continuano ad essere sistematicamente esposti al rischio di detenzione arbitraria e ad altri gravi abusi dei loro diritti.  Nei centri di detenzione, in cui vengono trattenuti illegalmente e a tempo indeterminato immediatamente dopo l’intercettazione in mare e lo sbarco in Libia, le condizioni di vita continuano ad essere disumane. Il numero delle persone detenute è cresciuto significativamente negli ultimi mesi, mentre continuano a venire documentati casi di torture, violenze sessuali e sfruttamento… Sollecitiamo il Parlamento a revocare qualsiasi sostegno alla Guardia costiera libica e alla Amministrazione Generale per la Sicurezza Costiera, condizionando qualsiasi intesa all’adozione da parte libica di concrete misure a garanzia dei diritti di rifugiati e migranti, compreso l’impegno a sbarcare persone soccorse in mare in un porto sicuro, che non può essere in Libia”.

La rivolta continua. #NonSonodAccordo

 

 

 

 

 

 

 

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