Decreto anti Ong: cosa unisce il controammiraglio della Guardia costiera ai vescovi italiani
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Decreto anti Ong: cosa unisce il controammiraglio della Guardia costiera ai vescovi italiani

Il contrammiraglio della Guardia Costiera Giuseppe Aulicino ha spiegato alla Camera che le Ong sono attive sulla direttrice Tripolitania-Lampedusa e sono utili ai soccorsi

Decreto anti Ong: cosa unisce il controammiraglio della Guardia costiera ai vescovi italiani
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

18 Gennaio 2023 - 14.09


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Domanda: cosa unisce il controammiraglio della Guardia costiera italiana e i vescovi italiani? Risposta: un comune giudizio sull’inefficacia, con l’aggiunta di disumanità, del decreto legge sui migranti approvato dal Consiglio dei ministri ed ora in discussione in Parlamento, a cominciare dalle commissioni Trasporti e Affari costituzionali, chiamato a trasformare il ddl in legge dello Stato.

La denuncia della Cei

Per non apparire pregiudizialmente ostili alla stampa di destra, riportiamo un articolo de Il Tempo, giornale romano molto vicino alla destra che governa l’Italia.

“La Cei fa sentire la sua voce contro il decreto legge relativo alla gestione dei flussi migratori al momento presso le Commissioni parlamentari Affari costituzionali e trasporti e, attraverso un intervento di mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, dice che «il destino del decreto dovrebbe essere solo la sua abrogazione». «Vista la situazione della crescita di arrivi e di salvataggi via mare di migranti provenienti da almeno 60 Paesi del mondo, molti dei quali in situazione di guerra, di conflitti interni, di disastri ambientali, di miseria e rischio della propria vita, dal decreto legge del 2 gennaio 2023 – ha osservato Perego che presiede anche la Commissione Cei che si occupa di migranti – ci saremmo aspettati come Fondazione Migrantes della Cei nuovi impegni e nuove norme per la tutela e la protezione o il rimpatrio dei migranti salvati nel Mediterraneo, come anche norme più rigide sui respingimenti in mare, che il memorandum con la Libia nuovamente approvato ha aggravato, più che ribadire alcune regole d’ingaggio risapute e condivisibili, ulteriormente corrette e aggravate, in contraddizione con le Linee guida sul trattamento del soccorso in mare e alcune Convenzioni internazionali in almeno tre punti della modifica dell’art. 1 comma 2 del decreto legge del 21 ottobre 2020». 

 Mons. Perego va nel dettaglio e indica: «la richiesta al comandante di avviare la procedura di domanda di protezione internazionale; l’impossibilità di azioni diverse di salvataggio nel tragitto per raggiungere il porto più vicino e più sicuro; la difficoltà di sbarco, comunque, delle persone salvate in mare in una situazione emergenziale». «Se si volesse combattere il traffico degli esseri umani si doveva portare l’attenzione sul rinnovo del memorandum con la Libia piuttosto che sull’azione delle Ong come hanno documentato tutti i rapporti Unhcr degli ultimi anni. Come pure – dice Perego motivando la richiesta di abrogazione del decreto voluto dal governo di centrodestra e in particolare dal ministro Piantedosi – il decreto non fa riferimento ai veri problemi che richiamano gli arrivi dal Mediterraneo. Una attenzione all’accoglienza sull’isola di Lampedusa, con il rafforzamento delle forme di tutela sanitaria dei migranti sbarcati, l’identificazione e all’accesso al centro, il sovraffollamento del centro che genera insicurezza anzitutto dei migranti, le misure nuove per decongestionare il centro, gli arrivi autonomi dei barchini e la loro gestione, che corrispondono al 50% di tutti gli arrivi. Non una parola di nuovi accordi con i Paesi di partenza dei migranti. Non una parola sulla situazione di questi Paesi di partenza. Nessun riferimento all’Europa e, in particolare, ad accordi con i diversi paesi per l’accoglienza dei migranti richiedenti asilo e all’ampliamento di esperienze altre di ingressi regolari, come i corridoi umanitari, purché non siano limitativi e selettivi degli ingressi».  «Nessun riferimento, poi, il decreto – ha evidenziato ancora Perego – ha ai flussi via terra, che hanno gli stessi numeri e ai problemi connessi sulla tutela e la protezione dei migranti. Al fine di affrontare i problemi delle migrazioni dal Mediterraneo e della tutela dei richiedenti asilo il decreto non ha nessun valore aggiunto, anzi peggiora la situazione in ordine all’obbligo del salvataggio in mare dei migranti, alla loro tutela e protezione, generando insicurezza dei migranti in pericolo. Inoltre, il decreto indebolisce di fatto il principio costituzionale della sussidiarietà. L’articolo 118 applicato alla specifica situazione dell’azione delle navi della società civile dovrebbe vedere lo Stato favorire e non indebolire l’impegno a realizzare questo obbligo di salvataggio e di tutela dei migranti». Una gatta da pelare per il governo di Giorgia Meloni”.

Una “gatta” che mostra le unghie. 

Parla il controammiraglio

Da Today: “Le navi umanitarie “sono unità che possono prestare soccorso, pertanto sono utili, così come i mercantili e i supply vessel” e “sono unicamente attive sulla direttrice che unisce la Tripolitania con l’isola di Lampedusa: nel 2022 hanno soccorso oltre 11mila migranti, pari al 34% dei migranti giunti in Italia attraverso il flusso della Tripolitania”. A parlare è il contrammiraglio della Guardia Costiera Giuseppe Aulicino, in audizione alla Camera alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Trasporti. “Dalla Tripolitania – ha proseguito – il flusso è costante, vengono utilizzate barche in legno costruite in Libia o gommoni più o meno attrezzati, con un numero di persone che arriva a volte a sfiorare o superare le 100 persone a bordo. Su questo flusso operano le Ong”.

Quando si indaga sul presunto e mai provato pull factor delle Ong, bisogna però analizzare i dati delle partenze dalla Libia, e non quello delle persone salvate in mare. Sembra scontato, ma non lo è, e la mancanza di chiarezza su questo punto inquina spesso il dibattito. I numeri dicono in ogni caso che meno del 10 per cento delle persone salvate sulla rotta del Mediterraneo centrale da quando si è insediato il governo Meloni, a ottobre, sono state salvate da navi umanitarie. Vari studi inoltre hanno dimostrato che a Ong che arrivano di fronte alle coste libiche non corrispondono maggiori partenze. Prendendo in considerazione i dati del 2022 (1 gennaio – 31 dicembre) le navi umanitarie hanno salvato “solo” il 12% dei migranti approdati in Italia: tutti gli altri vengono soccorsi dall’instancabile lavoro delle motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza, che trasferiscono poi uomini, donne e bambini nei porti italiani.

“In merito al fenomeno dell’immigrazione irregolare via mare verso le coste italiane, il 2022 si è concluso con 105.290 arrivi, circa +56,4% rispetto al 2021, paragonabile alla somma degli arrivi del precedente triennio, 113mila circa”, ha anche detto il contrammiraglio Aulicino alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Trasporti.

“I flussi che hanno caratterizzato il 2022 – ha spiegato – si possono riassumere così: 1.401 migranti dall’Algeria, con una riduzione del 10% rispetto al 2021; quasi 32mila dalla Tunisia, con un aumento di oltre il 60%; 53.190 dalla Libia, con un aumento di oltre il 70%. Quando parliamo di Libia, è importante specificare che da questo territorio partono due diversi flussi: uno dalla Tripolitania, che ha visto arrivare in Italia oltre 33mila migranti, un numero invariato rispetto allo scorso anno; ma anche dalla Cirenaica, dove si è registrato un nuovo importantissimo flusso che ha visto far arrivare in Italia 20mila migranti. Dal Mediterraneo orientale abbiamo un ulteriore flusso che riguarda Turchia, Egitto, Libano e Siria, che ha portato in Italia 17mila migranti”, ha concluso Aulicino.

La stretta sulle Ong: cosa cambia secondo la Guardia costiera

“Disposizioni urgenti per la gestione dei flussi migratori”: è il nome del decreto con cui il governo conta di arginare le operazioni di soccorso della Ong nel Mediterraneo. Il provvedimento è stato pubblicato a inizio 2023 sulla Gazzetta ufficiale ed è quindi in vigore. “La nave che effettua in via sistematica attività di ricerca e soccorso in mare” si legge nel decreto, deve operare “in conformità ad autorizzazioni o abilitazioni rilasciate dalle competenti autorità dello Stato di bandiera” e deve essere “in possesso dei requisiti di idoneità tecnico-nautica alla sicurezza della navigazione”. Le norme prevedono anche che “avviate tempestivamente iniziative volte a informare le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, a raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità”. Inoltre va “richiesta, nell’immediatezza dell’evento, l’assegnazione del porto di sbarco”, che poi deve essere “raggiunto senza ritardo per il completamento dell’intervento di soccorso”. Le sanzioni sono state inasprite. Nelle ultime settimane tutte le navi che hanno soccorso i migranti sulla rotta centrale del Mediterraneo sono state inviate in Comuni lontani dalle coste sicule: Taranto, Salerno, Livorno, Ravenna, Gioia Tauro e addirittura Ancona.

“Abbiamo un corpus di normative internazionali ben definite, quindi dal nostro punto di vista” l’ultimo decreto del governo su migranti, con la stretta sulle Ong, “non cambia assolutamente nulla: le nostre attività sono improntate a quello che prevedono le norme e quello noi continueremo a fare”, ma “per quello che riguarda le unità che effettuano soccorsi, di qualsiasi genere, ci sono migliori possibilità e capacità per far fronte alle loro incombenze” dice Aulicino, in audizione alla Camera. “Il decreto – ha spiegato – introduce degli aspetti nuovi: soprattutto le unità facenti capo alle ong hanno sempre lamentato i tempi con cui l’amministrazione italiana, ancorchè non ne avesse l’obbligo, concedeva porto di sbarco o POS (il posto ritenuto sicuro per lo sbarco dei migranti, ndr), anche tempi superiori ai 10 giorni. Con questo decreto il POS viene assegnato subito, quindi questo va sicuramente a incidere sulla vita di bordo, perchè i migranti sanno con certezza che verranno portati in un porto nazionale e soprattutto in tempi brevi, in tempi inferiori rispetto a quello che succedeva prima. Questo significa anche per le stesse navi Ong avere meno problemi a bordo, di carattere sanitario e di sicurezza”. “Complessivamente riteniamo che il migrante rimarrà a bordo per tempi minori rispetto al passato”, ha rimarcato Aulicino.

“Noi, organizzazioni civili impegnate in attività di ricerca e soccorso (Sar) nel Mediterraneo centrale, esprimiamo la nostra più viva preoccupazione per l’ultimo tentativo di un governo europeo di ostacolare l’assistenza alle persone in difficoltà in mare”.

E’ quanto scrivono in un documento unitario del 5 gennaio, le Ong impegnate nell’attività di soccorso in mare aggiungendo che “il nuovo decreto legge, firmato dal Presidente italiano il 2 gennaio 2023, ridurrà le capacità di soccorso in mare e renderà ancora più pericoloso il Mediterraneo centrale, una delle rotte migratorie più letali al mondo”.

 Nel documento, sottoscritto tra gli altri da Emergency, Iuventa Crew, Msf, Mare Liberum, Open Arma e Sea-Whatch, si afferma che il “decreto è apparentemente rivolto alle Ong di soccorso civile, ma il vero prezzo sarà pagato dalle persone che fuggono attraverso il Mediterraneo centrale e si trovano in situazioni di pericolo”. Le organizzazioni non governative proseguono: “nel complesso, il decreto legge italiano contraddice il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo, e dovrebbe quindi suscitare una forte reazione da parte della Commissione europea, del Parlamento europeo, degli Stati membri e delle istituzioni europee. Esortiamo il governo italiano a ritirare immediatamente il decreto legge appena emanato.  Chiediamo inoltre a tutti i membri del Parlamento italiano di opporsi al decreto, impedendone così la conversione in legge”

“Non saranno le nuove regole per le Ong a frenare gli sbarchi in Italia, ma solo politiche strutturate e lungimiranti che possano intervenire sulle cause delle migrazioni e rimuovere il bisogno che spinge le persone ad abbandonare i loro Paesi di origine. La responsabilità del fenomeno migratorio non è certo delle Ong, che operano esclusivamente in base a un principio di umana solidarietà e rispettano il diritto internazionale e tramite le quali, peraltro, avviene solo il 10% degli arrivi sulle coste italiane. Si parla molto della politica dell’ “aiutiamoli a casa loro” in riferimento ai migranti, eppure l’Italia non rispetta l’impegno assunto di destinare lo 0,70% della ricchezza nazionale alla cooperazione allo sviluppo, che ha un ruolo strategico nel portare aiuti e creare opportunità nei territori da cui fuggono le persone”.  A dichiararlo è  Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore. 

“Crediamo che si debba tenere in grande considerazione quanto sottolineato in queste ore dalle reti di Ong che, avendo ormai una lunga esperienza di soccorso in mare, evidenziano il contrasto tra il Codice di condotta introdotto dal Governo e il diritto internazionale, e il conseguente rischio di creare una situazione di incertezza normativa. Ci auguriamo che il Parlamento risolva le contraddizioni nel testo” conclude Pallucchi.

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