Come Eluana Englaro, 30enne in stato vegetativo chiede di poter staccare la spina: la vicenda in tribunale
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Come Eluana Englaro, 30enne in stato vegetativo chiede di poter staccare la spina: la vicenda in tribunale

Samantha D'Incà aveva affermato più volte di non voler subire accanimento terapeutico. La famiglia: "Diceva che a decidere doveva essere chi le stava vicino"

Samantha D'Incà
Samantha D'Incà
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26 Maggio 2021 - 09.39


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Ritornano alla mente i casi di Dj Fabo o di Piergiorgio Welby: una 30enne di Feltre (Belluno), Samantha D’Incà, è finita in coma a novembre dopo un’operazione a una gamba all’ospedale San Martino.

Ora è in stato vegetativo e la famiglia ha chiesto ai medici di poter staccare la spina. La giovane aveva affermato più volte, anche se solo oralmente, di non voler subire accanimento terapeutico.

Per questo, i parenti di Samantha hanno intrapreso il percorso per il fine vita.

Una decisione che però si scontra con quella del Comitato etico dell’Ulss bellunese. La vicenda, che fa pensare al caso Englaro, è finita in tribunale.

L’appello della famiglia – “Samantha amava la cucina e il mare, erano le sue grandi passioni. Ma con lei parlavamo spesso anche della morte e mentre io le dicevo di essere troppo giovane per pensarci lei era determinata. Diceva che se le fosse successo qualcosa di irreversibile non doveva esserci accanimento e che a decidere doveva essere chi le stava vicino”, spiega il fratello gemello di Samantha, Manuel,. “Chiedo solo giustizia per mia figlia, e che finalmente possa trovare la pace: staccate la spina” è invece il grido di dolore della madre della giovane. 

La differenza rispetto ai tempi del caso Englaro è che ora c’è una legge che disciplina il fine vita: la 219 del 22 dicembre 2017, norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, entrata in vigore il 31 gennaio 2018.

Sulla vicenda si è espresso proprio Beppino Englaro, padre di Eluana, che dice: “Senza disposizioni anticipati di trattamento, chiare e inequivocabili per una futura capacità di autodeterminarsi non se ne esce. Il caso ha voluto che mia figlia conoscesse solo il bianco o il nero per quanto riguarda la sua vita. Mi dispiace che questa ragazza in questo momento si trovi scoperta. Che non avesse voluto affrontare questo tema, con disposizioni scritte. Si tratta di decisioni che vanno affrontate fino in fondo e con le idee chiare o si incorre in queste situazioni. Senza si è spacciati. E questo succede sia a lei che ai suoi familiari che si trovano oggi in una situazione infernale. Ora si può, mi dispiace che Samantha non abbia fatto sua questa possibilità. Prima non c’era”.

E conclude: “Determinante è la conoscenza e la consapevolezza di quanto sia pericoloso chiamarsi fuori senza lasciare disposizioni anticipate di trattamento, in una situazione di incapacità di autodeterminarsi”.

 

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