Il Pd di Agrigento in rivolta: "Tutto deciso a tavolino a Roma, siamo stanchi"
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Il Pd di Agrigento in rivolta: "Tutto deciso a tavolino a Roma, siamo stanchi"

La rivolta di sindaci e amministratori locali parte dalla constatazione che a Roma si decide un congresso provinciale, e si decide anche sceneggiatura e soluzione finale.

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9 Febbraio 2021 - 16.01


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“Siamo Sindaci, amministratori locali, dirigenti Pd della provincia di Agrigento e siamo stanchi. Stanchi di assistere al teatrino di un congresso provinciale segnato, programmato a tavolino, con un finale già scritto da chi è lontano dal territorio”. Comincia così la denuncia che sindaci e amministratori locali di Agrigento e provincia hanno inviato ai vertici romani. Un atto d’accusa, da una provincia dove il Pd negli anni ha registrato una caduta verticale dei consensi, fino a scomparire in recenti competizioni elettorali. Nel passato, anche parecchi errori nella selezione del personale politico. Tra tutti, quello di aver sostenuto in un tempo non lontano la candidatura a sindaco di un esponente politico locale, non certo legato a tradizioni di centrosinistra, fino a farlo divenire poi presidente del Pd in Sicilia. Risultato? Alle ultime elezioni Marco Zambuto – questo il suo nome –  non eletto, ha finito col contribuire all’elezione del candidato che era sostenuto pure dalla Lega. Per questo è stato “premiato” da Musumeci con una poltrona di assessore. Questo nel conto degli errori del Pd in Sicilia e ad Agrigento.
Ora, la rivolta di sindaci e amministratori locali parte dalla constatazione che a Roma si decide un congresso provinciale, e si decide anche sceneggiatura e soluzione finale. Tutto deciso per assegnazione di posti secondo appartenenza correntizia. Per chi sottoscrive la denuncia, è una sorta di certificato di morte, lì dove si dovevano trovare strade nuove e nuovi percorsi per ricucire una tela strappata, forse irrimediabilmente.  Nella lettera a Roma e agli organismi regionali si legge:”Una investitura dall’alto, che non tiene conto di centinaia di militanti che in questi anni, tra mille difficoltà, hanno creduto, e continuano a credere, nel Partito Democratico. Militanti mortificati da un commissario le cui scelte sono state mirate a far “quadrare” i numeri, al fine di dare una veste democratica ad un congresso che in realtà non lo è. Un tesseramento che ha escluso la partecipazione delle democratiche e dei democratici della provincia, con regole modulate ad uso e consumo di una parte, annullando il ruolo dei dirigenti locali. Nulla a che fare con la natura stessa del partito che molti di noi hanno contribuito a far nascere”. Analisi spietata, denuncia durissima.
“Alle sollecitazioni di confronto sui contenuti e sulla politica – ricorda la lettera – sono arrivate risposte di mediazione inaccoglibili. Numeri freddi di percentuali, assegnazione di ruoli e “ricompense” varie pur di consegnare simbolo e storia del PD agrigentino a chi ne ha rivendicato la “proprietà”. 
Nel frattempo il fallimento alle ultime elezioni comunali sembra non interessare nessuno – ricordano i firmatari della lettera – Nei due centri più importanti, Agrigento e Ribera, abbiamo assistito a “operazioni” che di fatto hanno favorito il centrodestra, annullando la presenza del partito nelle istituzioni locali. Non sembra interessare a nessuno che in tutte le realtà gli stessi non hanno disdegnato di sostenere candidati Sindaci in contrapposizione a candidati espressione del partito, cosa che potrebbe accadere nel rinnovo delle amministrazioni comunali, con l’isolamento e l’esclusione dall’uso del simbolo di chi non è allineato, anche delle esperienze amministrative uscenti, che riteniamo debbano essere tutelate”. 
Che fare? IL documento indica una strada diversa e annuncia l’Aventino: “Senza una vera riflessione su questo e altri fatti non è possibile immaginare un rilancio dell’azione politica del Pd agrigentino. Per queste e altre ragioni non parteciperemo a un congresso segnato, che non si fondi sul confronto delle idee e sui temi aperti alle problematiche del territorio”.
Ed ancora:”Chiediamo il commissariamento con una figura terza, capace di ascoltare le ragioni di tutti, di ridare dignità e ruolo ai circoli e di avviare un confronto di rinnovamento vero, nel rispetto dei valori fondanti del partito democratico”. 
Per sindaci e amministratori che dicono No alle decisioni calate da Roma, “è davvero incomprensibile che in piena pandemia, nel mezzo della grave crisi politica e sociale che stiamo vivendo, nell’incertezza per il futuro di tante donne e uomini, che qualcuno, chiuso in una stanza, stabilisca date, orari e garanti dei congressi di circolo, senza nessuna comunicazione ufficiale e nessun coinvolgimento dei territori e con un tesseramento secretato ad uso e consumo di una sola parte”. Tra qualche mese in diversi comuni della provincia si tornerà a votare per le amministrative e si terranno le elezioni del Presidente e degli organi del Libero Consorzio di Comuni (ex provincia), appuntamenti importanti per il futuro di questo territorio. “Il rischio concreto – dice il documento –  è che senza un partito strutturato, capace di tornare ad essere interlocutore politico credibile, le sorti della provincia di Agrigento vengano consegnate ad una destra populista”.
Pronti a ricostruire insieme un percorso fatto di idee e contenuti – dicono – ma non intendiamo rinunciare ad offrire il nostro punto di vista e le nostre soluzioni ai tanti problemi di una provincia troppo spesso ai margini dell’Europa. “E’ il momento di far valere le ragioni di un territorio ricco di opportunità inespresse, di competenze poco valorizzate, di giovani che hanno il diritto di costruire il proprio futuro nella propria terra. Non possiamo e non vogliamo tirarci indietro. Questa crisi mondiale ci consegna una grande possibilità di sviluppo grazie al Recovery Fund, un fondo di rilancio delle economie che deve riguardare anche le nostre realtà. E’ fondamentale non perdere questa occasione, dobbiamo scongiurare il rischio che anche questa opportunità sfugga ad una provincia che necessita di grandi investimenti: dalle infrastrutture alle scuole, dai servizi sociali alla cultura. Apriamo un confronto sui temi importanti per la vita e il benessere delle persone – concludono i “ribelli” – Siamo pronti a dialogare con quanti hanno a cuore il futuro di questo territorio: partiti, movimenti, associazioni e forze sociali”.  Se qualcuno ha deciso di continuare il “gioco del congresso” occupando caselle vuote, faccia pure – mandano a dire – ma assumendosi la responsabilità di celebrare un congresso dimezzato, che ha escluso a priori una parte importante del partito. 

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