La denuncia dei medici di famiglia: "Non abbiamo alcuna direttiva riguardo la campagna vaccinale"
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La denuncia dei medici di famiglia: "Non abbiamo alcuna direttiva riguardo la campagna vaccinale"

"Noi medici di famiglia e del territorio non abbiamo avuto alcuna direttiva, non sappiamo ancora come avverrà la fantomatica ‘chiamata’ dei cittadini, i criteri che verranno seguiti" denunciano

Medici di famiglia
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29 Dicembre 2020 - 15.21


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Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, ha raccontato in un’intervista il caos che regna intorno alla campagna di vaccinazione contro il Covid-19: “Il vaccino viene visto come ‘la luce alla fine del tunnel’. Ma come raggiungerla ancora non è chiaro. Noi medici di famiglia e del territorio non abbiamo avuto alcuna direttiva, non sappiamo ancora come avverrà la fantomatica ‘chiamata’ dei cittadini, i criteri che verranno seguiti”. 
“Circa 120 milioni di campanelli e di telefoni dovranno suonare in questi mesi, tra la prima e la seconda somministrazione, ma chi sarà ad occuparsi della chiamata dei cittadini? Se saremo noi medici di famiglia ad essere coinvolti, ben venga. Il problema è che non siamo stati ancora informati delle procedure che dovremo seguire” dice Cricelli. 
Lo conferma Silvestro Scotti, segretario nazionale di Fimmg, Federazione dei medici di famiglia: “Al momento non c’è alcun metodo. Abbiamo avuto un V-Day, il 27 dicembre, abbiamo assistito tutti alla somministrazione delle prime dosi dei vaccini. Ma quando sarà il turno della gente comune, chi verrà chiamato e secondo quale criterio? Si vaccinerà chi si prenota per primo, si andrà a sorteggio o si seguiranno criteri d’età o di fragilità? E, nel caso in cui si decida di dare la priorità alle fasce più deboli della popolazione, chi è che accerterà questi criteri di fragilità? Le Asl hanno i dati, ma devono elaborarli, hanno bisogno di piattaforme che operino delle stratificazioni ed isolino proprio quelle persone che potrebbero avere maggiormente bisogno del vaccino. E una volta individuate, banalmente, hanno bisogno dei loro indirizzi, dei loro numeri di telefono (spesso cellulari) funzionanti. Questi sono dati che solo i medici di famiglia hanno, essendo i primi referenti della popolazione in ambito sanitario!”. 
“Abbiamo un’esperienza trentennale nel somministrare dosi a fasce definite della popolazione (sopra i 70 anni, sopra gli 80 e così via) maturata con l’antinfluenzale – aggiunge Cricelli -. Conosciamo i pazienti, conosciamo le loro età, le loro patologie. Il sistema è collaudato: le persone sono ripartite per medico, ogni medico ha una lista degli aventi diritto e delle dosi, ad ogni persona è associato un lotto di vaccino perché bisogna essere rintracciabili in caso di effetti collaterali. Siamo convinti che anche nel caso del vaccino anti-Covid sia necessario incrociare gli archivi amministrativi della Asl e dell’anagrafe con le cartelle cliniche dei medici di famiglia, perché sono quelle più aggiornate e quelle che in questa fase possono essere più utili”.
Per il presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie, la fase della vaccinazione che rischia di essere più critica è quella intermedia: “Nella prima si vaccineranno gli operatori sanitari o comunque una fascia molto ristretta della popolazione – continua Cricelli – nella terza, invece, si procederà un po’ come per l’antinfluenzale, con una vaccinazione di massa in cui, credo, verranno coinvolti i medici di famiglia. Nella seconda fase, invece, dovranno vaccinarsi persone fragili, spesso non autosufficienti. Ma chi le conosce? Chi conosce il loro stato? Chi sa se un anziano che vive da solo è allettato oppure no? E chi conosce i loro numeri di telefono? Nel caso in cui a portare avanti la vaccinazione siano operatori sanitari terzi potrebbe crearsi del caos e alcune persone potrebbero rimanere indietro”. 
Per Silvestro Scotti, non coinvolgere fin da subito i medici di famiglia è svilente per la categoria: “Abbiamo visto tutti che poi alla fine, nelle situazioni d’emergenza, come nel caso dei tamponi, siamo sempre quelli che ‘risolvono i problemi’ – spiega -. E poi i pazienti si fidano di noi. Io ne ho moltissimi che hanno già chiesto la mia opinione sul vaccino. Siamo noi quelli che a contatto con la realtà”.

“Questo – incalza Cricelli – non è il momento dei virologi, degli immunologi e dei loro messaggi su tv e giornali. Noi medici sappiamo come funziona la somministrazione del vaccino e soprattutto saremo noi ad osservarne gli effetti, e non soltanto per i quindici minuti successivi alla somministrazione. Saremo noi a valutare, a sei mesi di distanza, se tutto sta procedendo come dovrebbe. Va potenziata la rete locale, di controllo. Abbiamo 46mila medici di famiglia pronti a ricevere informazioni, i loro software con le cartelle cliniche sono pronti. Attendiamo direttive, se mai ci saranno”.

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