Nuovi decreti immigrazione, Mediterranea: "Passi avanti, ma non basta ancora"
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Nuovi decreti immigrazione, Mediterranea: "Passi avanti, ma non basta ancora"

Mediterranea: "È l'impianto politico culturale nel suo complesso che andrebbe radicalmente cambiato, a partire dallo sblocco delle navi della società civile"

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6 Ottobre 2020 - 19.22


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La modifica dei decreti sicurezza non soddisfa appieno Mediterranea Saving Humans, che in un post su Facebook ha argomentato lo scontento in questo modo: “La modifica dei decreti sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno e varata ieri dal Consiglio dei Ministri, è l’esatta fotografia degli equilibri politici, spesso equilibrismi, nei quali si dibatte il governo attuale”. 
Innanzitutto – spiega – si è optato per una modifica, e non per l’abolizione che avrebbe reso più giustizia sulla valutazione sull’obbrobrio culturale e giuridico, che erano quei decreti”.
“In alcune parti la modifica è sostanziosa: la reintroduzione della protezione umanitaria e il riavvio del dispositivo di accoglienza diffusa del sistema Sprar sono certamente buone notizie, soprattutto per le migliaia di donne, uomini e bambini migranti che forse riusciranno a stare un po’ meglio. Sul soccorso in mare nonostante la modifica delle multe, quasi scontata dopo le osservazioni del Presidente della Repubblica, si mantiene l’impianto secondo il quale chi salva una vita, deve stare attento alle procedure, perché altrimenti rischia fino a ‘due anni di carcere’. Ancora una volta siamo allo stigma per chi è colpevole di operare soccorso”, aggiunge la Ong.
“Vi è un ulteriore passaggio da chiarire: ‘è fatto obbligo, pena sanzioni, di farsi coordinare dal Mrcc competente, nelle operazioni di soccorso’. Chiediamo al Governo, anche da quello libico? Lo stesso che i governi europei non hanno mai smesso di considerare legittimo nonostante non lo sia? Lo stesso che opera catture e deportazioni verso campi di concentramento dove i diritti umani sono fatti a pezzi? In sintesi dunque, ci sono dei passi avanti, ma non basta. È l’impianto politico culturale nel suo complesso che andrebbe radicalmente cambiato, a partire dallo sblocco delle navi della società civile che rimangono in porto mentre la gente continua a morire in mare”, conclude Mediterranea.

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