Lo psichiatra avverte: “L’isolamento aumenta il rischio di suicidi, si intervenga per tempo”
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Lo psichiatra avverte: “L’isolamento aumenta il rischio di suicidi, si intervenga per tempo”

Parla Maurizio Pompili, medico psichiatra responsabile del Servizio per la prevenzione del suicidio presso l'ospedale Sant'Andrea di Roma

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20 Marzo 2020 - 16.14


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Maurizio Pompili, medico psichiatra responsabile del Servizio per la prevenzione del suicidio presso l’ospedale Sant’Andrea di Roma ha sottolineato un rischio, che lui reputa molto concreto, che l’isolamento forzato crei un aumento sensibili dei suicidi:  “Oggi si pensa alla salute, quella fisica prima di tutto. Ma non si trascuri la salute mentale, che subirà forti ripercussioni per via della crisi che stiamo attraversando. Non e’ troppo presto per incentivare le misure di prevenzione e sostegno”.

La quarantena avrà delle conseguenze nefaste in molti campi, in tutte quelle situazioni in cui sono presenti disagi familiari o domestici, come gli abusi in famiglia, le violenze, i divorzi, le azioni legali. Tra questi scenari sono compresi anche i disturbi psichici e la depressione, che si trascineranno ben oltre la quarantena dato che dovremo a quel punto affrontare le conseguenze di questo blocco mondiale. L’impatto della precarietà economica avrà un impatto enorme sulle vite di tutti noi.

Spiega Pompili a Redattore Sociale: “Oggi, abbiamo motivo di pensare che noi, operatori della psichiatria e della salute mentale, lavoreremo di più… Si sta registrando, in queste prime settimane di restrizioni dettate dall’emergenza sanitaria, un aumento delle richieste d’aiuto relative a tendenze suicide? La Regione ha fermato tutte le prestazioni ambulatoriali e day hospital: laddove noi funzionavamo come sportello interlocutorio, ora possiamo occuparci solo delle urgenze, che è anche difficile decodificare, anche perché in ospedale ci viene detto di stare poco. In questo momento il mio staff (medici, volontari, studenti, specializzandi) si è ridotto o azzerato: è quindi difficile accogliere le richieste laddove si è chiuso il canale attraverso cui le raccoglievamo. In parte si riesce a supplire telematicamente, ma questo avviene sopratutto nel privato. Nel pubblico non abbiamo ancora un canale di telemedicina validato. E questo deve insegnarci qualcosa sul futuro delle prestazioni sanitarie: il Servizio sanitario nazionale dovrà dotarsi di un ‘piano B’, mettendo a disposizione piattaforme dedicate e validate per la presa in carico. Fermo restando che non tutti i disturbi possono essere affrontati a distanza: se c’è una tendenza al suicidio, è molto difficile accoglierla e contenerla senza un contatto reale”.

“Penso alle famiglie rinchiuse nello stesso ambito” continua il medico, “in cui sia già presente una conflittualità o una fragilità. Penso a tutte le persone che abbiano già un disturbo mentale: la loro sofferenza certamente aumenta, per la mancanza di sostegno, la paura e l’isolamento, e questo potrebbe portarle a voler smettere di vivere. Penso a chi ha già un dolore o una malattia in casa. E penso a chi fino a ieri ha vissuto, magari bene, con un’attività autonoma, che improvvisamente si è fermata. Si manifesteranno nel prossimo futuro problematiche per le quali dovremmo giocare d’anticipo, offrendo sostegni adeguati”.

“Non è certo troppo presto per mettere in campo sostegni e risorse per la salute mentale. Parlare di questo può sembrare meno pregnante, quando si devono salvare le vite. Ma tutte le istituzioni internazionali si stanno mobilitando perché ci sia grande enfasi sulla salute mentale. Non è precoce né improprio andare ad agire d’anticipo. Che ruolo gioca la rete sociale nella prevenzione del suicidio? Spesso un ruolo fondamentale: laddove la tendenza al suicidio è sostenuta da una rete sociale, laddove il soggetto si sente parte di un tessuto collettivo, il rischio è minore. Ora, la paura e la segregazione fanno venir meno tutto questo. E poi c’è la noia, che è uno degli elementi non trascurabili associati al rischio di suicidio. In questo senso, le manifestazioni di solidarietà così come i concerti e gli striscioni sui balconi possono aiutare a sentirsi parte di una comunità che condivide in questo momento lo stesso problema. In questo momento non c’è Equitalia che bussa alla porta di alcuni, ma un virus che può colpire chiunque. Paradossalmente, questa consapevolezza può far bene a chi ha una fragilità. E l’informazione, che ruolo può svolgere nel contenere il rischio di suicidio? Un ruolo importante: siamo bombardati ogni giorno da notizie drammatiche, senza che ci venga detto se e come verremo fuori da tutto questo. Il governo inglese, per esempio, ha dichiarato che in tre settimane se ne uscirà: se un messaggio come questo fosse trasmesso a tutti, naturalmente con cognizione di causa, questo sarebbe un elemento di sostegno. Ma così non è. I mass media dovrebbero dare messaggi che controbilancino la drammaticità: elementi di positività, prospettiva, indicazioni pratiche su come chiedere aiuto. Questo sarebbe un deterrente fortissimo”.

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